Un pò tardivo, ma avrei qualche commento sulla serata del 5 dicembre scorso alla SIAM di Milano. Si presentava il libro di Emanuele Scotti e Rosario Sica dal titolo "Community management" con un convegno sul tema "L’organizzazione informale è più efficiente di quella gerarchica? Enterprise 2.0 /social networking /Folksonomy /Social media /Web 2.0".
Primo, il commento l’avrei anche fatto quella sera, ma un pò non ce ne è stato il tempo (impossibile far parlare tutti), un pò è stata data la parola solo a chi, nella platea, si era probabilmente già prenotato a priori conoscendo gli autori o avendo contribuito al loro lavoro.
Secondo, mi sembra di essere in presenza di qualcosa di già visto. E di pericoloso. Il dibattito dell’altra sera accresce questo mio dubbio. Mi spiego. Ancora una volta siamo in presenza di un pezzo di tecnologia che si cerca di assolutizzare e di vendere come panacea salvifica di tutti i mali. Orsù, signori e aziende, realizzate la vostra community e il vostro blog che improvvisamente le persone parleranno di più tra loro e si risolveranno magicamente i problemi che attanagliano lo sviluppo dell’organizzazione. Il problema, quello vero, è che nessuno spiega quale sia la funzione d’uso di questi benedetti strumenti di community. Che cosa farsene veramente! Uno compra o realizza un blog o una community e poi? Dicevo un film già visto perchè questa stessa situazione l’ho già vissuta sulla mia pelle con altre tecnologie come e-learning e knowledge management, che sono rimasti un bel pezzo di software senz’anima. Specie in Italia dove ci si è ostinati a “venderli” come tali con grave danno per chi vendeva e per chi comprava (specialmente). Una tecnologia fine a sè stessa alla disperata ricerca di una funzione d’uso, di un senso. Tra poco sarò tra gli artefici della pubblicazione di un libro nel quale si cerca, finalmente, di dare un senso anche a questi strumenti, di fornire un metodo, un linguaggio. Frutto di studio, ricerca di base e applicata. E a partire dal quale cerchiamo collaborazione per evitare nuovi naufragi. Tutti insieme. Terrò informati, se ci fosse qualcuno interessato.
Terzo, la platea. Mi sembra che vi fossero moltissimi consulenti, giornalisti, tanti studenti, molti curiosi, ma pochissime aziende, pochissimi manager, pochissimi amministratori delegati o direttori generali. Non dovrebbe essere il contrario? Istituirei una regola: un consulente può partecipare solo se porta in aula almeno due managers interessati.
Quarto e ultimo, ho rivisto molti volti noti del “mondo” della formazione/e-learning/knowledge management: non è che si sta ricreando lo stesso gruppo, un pò autoriferito, di convegnisti e relatori (sempre gli stessi, a turno) con la scusa di pubblicizzare questa nuova tecnologia?