Per carità, non voglio demonizzare la produttività aziendale: certamente se le nostre imprese riescono a produrre a costi inferiori è tanto di guadagnato. Ma oramai l’incremento di produttività è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Anzi, se perseguita in esclusiva, come obiettivo centrale dell’azione dell’impresa, tende ad essere un fattore di conservazione perché costringe a pensare ossessivamente all’oggi, impedendo la “trasgressività” necessaria ad immaginare una impresa diversa da quella che si cerca di far funzionare meglio. Detto diversamente, oggi non abbiamo tanto bisogno di fare meglio dei nostri concorrenti le cose di sempre, ma di fare cose radicalmente nuove. Abbiamo bisogno di innovare profondamente tutti i sistemi d’offerta.
Se tutto questo è vero, allora occorre cambiare l’obiettivo al raggiungimento del quale legare la parte variabile delle retribuzioni di tutta l’impresa.
Non guardiamo all’aumento di produttività, ma al margine operativo dei nuovi prodotti o servizi, dedotti da esso i costi finanziari necessari per generarlo. Margine difficile da determinare? Non credo perché ogni azienda dovrebbe avere un sistema di controllo di tipo “activity based” strutturato sulle unità di business. Se non avesse questo tipo di controllo, la mia proposta sarebbe ancora più significativa: costringerebbe le imprese a dotarsene perché esso è oggi assolutamente indispensabile.
Mi rendo conto che la mia proposta andrebbe illustrata più in dettaglio nelle sue motivazioni e nella sua applicazione. Ma non voglio farlo in questo contributo. Chiedo aiuto al lettore perché aggiunga tutte le osservazioni o le domande che possano portare ad un approfondimento di una proposta che, almeno, è assolutamente inedita nel dibattito politico sindacale.