bollino ceralaccato

Ricominciando: i nostri progetti e gli obiettivi.

Ci eravamo lasciati con una promessa: che alla ripresa avremmo proposto un rilevante rilancio della nostra azione. L’abbiamo progettato e lo stiamo realizzandolo. Ecco i nostri obiettivi: la pubblicazione di un libro; un nuovo portale per la consulenza direzionale; un Evento epocale.

 

Ci eravamo lasciati con una promessa: che alla ripresa avremmo proposto un rilevante rilancio della nostra azione. L’abbiamo progettato e lo stiamo realizzandolo. Ecco i nostri obiettivi.

 

La pubblicazione di un libro

La prima fatica sarà la pubblicazione di un libro. In esso abbiamo raccolto i risultato dei primi sei mesi dell’anno della nostra attività. Esso propone una nuova visione della CSR. Essa è necessaria perché la nostra è una società che ha iniziato un cammino di profondo cambiamento che non viene gestito, ma, anzi, si cerca di contrastarlo. E le attuali visioni della CSR sono finalizzate, inconsapevolmente, alla conservazione. Le citiamo brevemente, cosicché questa nostra affermazione possa essere condivisa.

La prima, che abbiamo definito “Visione Zero”, supportata anche dal Premio Nobel Milton Friedman, propone la tesi che la CSR è una prospettiva sostanzialmente inutile. Se l’impresa fa profitti, automaticamente realizza la sua responsabilità sociale. Il profitto è il suo contributo sociale.

La seconda, che abbiamo definito “Visione Solidaristica” propone un utilizzo sociale delle risorse prodotte dall’impresa.

La terza, che abbiamo definito “Visione Limitante” propone l’esigenza che la libertà d’impresa non può essere assoluta ed indirizzata solo alla realizzazione del profitto, ma deve avere una serie di vincoli a protezione della società. E’ questa prospettiva che spinge verso il discorso della certificazione.

La quarta, che abbiamo definito “Visione Competitiva” propone il fatto che la CSR è un valore aggiunto che migliora il posizionamento competitivo dell’impresa.

Come si vede tutte queste visioni danno per scontato che le imprese, così come oggi sono, producano profitto. E discutano su come e quanto questo profitto debba diventare obiettivo assoluto, come debba essere distribuito.

In una società in cambiamento è proprio l’ipotesi che le imprese producano profitto che viene posta in discussione. Le imprese produrranno profitto nel futuro se cambieranno profondamente la propria identità attuale.

Anche il paradigma della competizione è un paradigma sottilmente, ma sostanzialmente conservatore. Se non ci si lascia andare a considerare la parola competitività come una “parola valigia” che contiene tutto il buono ed il bello, facendole perdere qualunque intensità semantica, e si accetta il suo significato tecnico, allora competere significa fare meglio dei concorrenti. Significa una migliore qualità ed un minor costo con l’innovazione considerata come progressivo miglioramento delle prestazioni del prodotto e dei processi. Con questi obiettivi in testa si riesce a far funzionare meglio le imprese che esistono. Ma così facendo si accelera la perdita di senso del loro sistema d’offerta in una società che manifesta esigenze radicalmente diverse.

Propongo un solo esempio per indicare la differenza tra competitività e imprenditorialità: il sistema bancario. Per il sistema bancario le attuali strategie sono competitive e quasi muscolari: cercano di far diventare la banca più grande per farla diventare più forte per sopravvivere alla competizione. Con in testa un “mercato” dove vi saranno soltanto pochi players e con l’obiettivo di essere uno di quelli. E l’innovazione è una innovazione sempre più tecnica che si tuffa nelle giungla della “derivazione”. Insomma una competizione da sopportare e gestire perché poi i player rimasti torneranno ad essere istituzioni senza alcuna ansia per l’innovazione.

Una strategia imprenditoriale sarebbe quella di inventare un nuovo modo di fare banca. Ecco, immagino che il lettore possa pensare che l’espressione “un nuovo modo di fare banca” sia puramente retorica. Non riesco in questo documento, dedicato ad altri scopi, a provare a delineare un nuovo (tra i probabilmente infiniti possibili) modo di fare banca. Posso dare solo alcune suggestioni rimandando ad altri nostri lavori l’approfondimento. Intendo una banca che alla funzione di intermediazione di finanza aggiunga l’intermediazione di conoscenza. Che diventi protagonista dello sviluppo imprenditoriale. Che abbandoni la cultura del rischio che è sostanzialmente una resa di fronte al futuro. E via dicendo. Per provare a dare un pizzico di concretezza, mi limito a dire che lo scontro tra visione competitiva e visione imprenditoriale si vede, in embrione, nella differenza tra le strategie di IntesaSanpaolo, più orientata a trasformare il modo di fare banca, e quelle di UnicreditCapitalia, che camminano nel solco della più tradizionale concezione anglosassone del fare banca.

In questo quadro la visione che proponiamo di CSR è la seguente: si tratta di una assunzione di responsabilità verso il cambiamento del sistema economico e del modello sociale che lo contiene e che gli dà senso. Usando la contrapposizione precedentemente proposta tra competitività e imprenditorialità, responsabilità sociale può tradursi solo in una decisa scelta imprenditoriale abbandonando o relativizzano le strategie competitive.

Il nostro libro propone questa nuova visione non solo in teoria, ma fornisce testimonianze della sua fecondità e strumenti per renderla operativa.

 

Un nuovo portale per la consulenza direzionale

Lo scoprire questo nuovo significato dell’impegno sociale cambia radicalmente il modo di fare impresa. Questo significa che è necessaria una nuova cultura che descriva questo nuovo modo di fare impresa e un nuovo sistema di servizi per poterlo attuare. Più in dettaglio, serve un nuovo modo per progettare ed implementare la strategie, un nuovo modo per sviluppare l’organizzazione e il mercato, un nuovo modo per formare le persone. Altrimenti la responsabilità verso il cambiamento e lo sviluppo diventa retorica. Il nostro portale di CSR deve allora essere “generalizzato”. Abbiamo progettato un nuovo portale che ha come obiettivo quello di creare una comunità di pensiero e di azione per costruire e sperimentare una nuova cultura d’impresa. Questa nuova cultura d’impresa non potrà essere “egoista”, dovrà allargarsi fino a diventare una cultura di gestione dei sistemi umani. Cioè dovrà fornire visioni e strumenti per coloro che devono guidare lo sviluppo di tutti gli altri sistemi umani: dal no profit, agli attori sociali, alle istituzioni.

 

Un Evento epocale

Il portale servirà come strumento di organizzazione di un Evento che abbia come obiettivo il raccogliere tutti coloro che hanno contributi “profetici” da offrire sulla nuova cultura; non diciamo più “cultura d’impresa”. Parliamo di una nuova cultura per gestire i sistemi umani. I contributi riguarderanno tutti quei modelli e quelle metafore che oggi si richiamano, esplicitamente o meno, al paradigma della complessità.

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Francesco Zanotti

Francesco Zanotti

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