bollino ceralaccato

Peggiorerà la qualità del credito, frenerà lo sviluppo

Le banche attueranno una stretta creditizia che avrà come obiettivo quello di ridurre il rischio di credito. Il risultato che si otterrà sarà, però, opposto a quello desiderato: attuando questa stretta si peggiorerà la qualità del credito. Perché questo apparente “masochismo creditizio”?

 

L’articolo di fondo del Sole24ore di oggi (29 gennaio 2008) riporta un articolo di Edoardo De Biasi dal titolo “La morsa del credito minaccia le imprese”. Egli propone una analisi certamente interessante del perché vi sarà una stretta creditizia e su quali saranno le sue conseguenze. Ma io ritengo che occorra spingersi più avanti nel tempo e più in profondo nelle tecnicalità.

Inizio con una previsione negativa. Poi indico le ragioni che me la fanno fare e descrivo come si potrebbe evitare che accada. E, da ultimo, sostengo che è molto probabile che non si farà nulla fino a che la situazione non sarà peggiorata.

La previsione negativa. Le banche attueranno una stretta creditizia che avrà come obiettivo quello di ridurre il rischio di credito. O, come si dice con una espressione complementare, quello di aumentare la qualità del credito. Il risultato che si otterrà sarà, però, opposto a quello desiderato: attuando questa stretta si peggiorerà la qualità del credito. Non solo, ma si otterrà l’effetto indesiderato sia di frenare lo sviluppo delle imprese più innovative che la nascita di nuove imprese.

Perché questo apparente “masochismo creditizio”? Esso deriva dai sistemi di valutazione del rischio a livello della singola impresa. Subito una precisazione: non sto dicendo che le banche non usano sistemi avanzati di valutazione del rischio. Sostengo che sono proprio i sistemi giudicati più avanzati  che generano questo “masochismo creditizio”.

Vado ad illustrare questa affermazione. Le metodologie di valutazione del credito più avanzate sono dl tipo “Balanced scorecard”. Sono metodologie che valutano la “forza” attuale di una impresa. E considerano questa “forza” misura del merito di credito. Io credo che falliscano anche in questa valutazione della forza attuale, ma per ora non infierisco.

Supponiamo che riescano davvero a valutare la forza attuale di una impresa. Sostengo che in un ambiente in sviluppo la forza attuale di una impresa dice poco. Quello che è interessante è come sarà la sua forza futura. Sulla forza futura queste metodologie non permettono previsioni. Le previsioni vengono fatte, ma in base alla esperienza dei valutatori. Ora giudicare, prevedere il futuro in base alla esperienza del passato è auto contraddittorio. Infatti, in un ambiente in profonda evoluzione, forse il futuro è imprevedibile, ma è certo che sarà diverso dal passato.

Non solo, ma considerando la forza attuale come misura della forza futura, si spinge sostanzialmente alla conservazione. Ora, sempre in un ambiente in veloce e profondo cambiamento, la conservazione è davvero la strategia più rischiosa. Ma supponiamo che si riesca, con un colpo di fortuna, a prevedere la forza futura di una impresa. Ancora non abbiamo le informazioni che servono per misurare il merito del credito. Per farlo è necessario prevedere i flussi di cassa futuri. E di questi le metodologie di bilanced scorecard non dicono assolutamente nulla. Se poi pensiamo alle imprese nascenti (start-up), quelle che diverranno le imprese solide del futuro, allora il discorso è drammatico. Innanzitutto è evidente la politica di occuparsene il meno possibile, almeno nella sostanza. Forse un po’ di più nelle dichiarazioni.

E, poi, il modo in cui le si affronta è iper auto contraddittorio. Infatti, le si fanno valutare da chi ha esperienza nel settore in cui dovranno operare. Persone non giovanissime, dotate di nessun metodo che hanno come unico asset la loro esperienza. Le si fanno valutare, insomma, da persone che possono giocare solo sulla loro esperienza e la devono difendere come unico asset valido. Il lettore avrà intuito perché la redemption degli investimenti in start-up è così basso (intorno ad una impresa su 5). L’esperienza è di per sè una pessima guida al futuro in un ambiente in profondo cambiamento. La difesa insistita della esperienza diventa esiziale per lo sviluppo.

Consideriamo un altro caso che è ancora più significativo a testimoniare il rischio di una diminuzione della qualità del credito generata proprio dalle azioni che si mettono in campo per aumentarla, cioè per ridurne il rischio (del credito). Mi riferisco alle operazioni di ristrutturazione del debito. La ristrutturazione del debito è sempre e solo un gioco finanziario e non strategico. Anche un po’ di tipo “scaricabarile”. Una operazione di ristrutturazione del debito dovrebbe essere fondata su strategie profondamente innovative perché quelle passate sono quelle che hanno generato il debito. Ma come diventa possibile questo quando il mondo professionale che se ne occupa non ha mai sviluppato competenze e sensibilità di analisi e cambiamento strategico, neanche con le metodologie esistenti? Vediamo allora cosa serve per, contemporaneamente, aumentare la qualità del credito e generare sviluppo.

Serve una metodologia capace, innanzitutto, di valutare, dato un sistema di strategie di una impresa, quale sarà la capacità di produrre cassa nel futuro dell’impresa che le attua. Una metodologia capace di prevedere quali saranno i flussi di cassa futuri in assenza di cambiamento strategici. Il cambiamento non è una ideologia. E’ necessario saper valutare quanto ne serve e quando.

Poi, serve una metodologia capace di valutare l’impatto, sempre sui flussi di cassa, di un cambiamento di strategie e di furore una guida per scegliere le strategie migliori.

Da ultimo una metodologia capace di stimolare l’innovazione imprenditoriale.

In sostanza, una metodologia capace di una valutazione molto più affidabile, ma che diventa anche una guida progettuale. Una metodologia, contemporaneamente, di valutazione e di progetto.

Noi abbiamo sviluppato una tale metodologia. Ma sono convinto che, per ora, almeno fino a che la situazione non sarà peggiorata, non potrà essere adottata diffusamente. Lo ostacolano la valorizzazione dell’esperienza e della competenza, la non abitudine alla ricerca ed una certa innegabile anglofilia.

Dell’esperienza abbiamo già detto. Qui ho aggiunto competenza cosicché posso parlare di “profezia”. Mi spiego. Negli ultimi anni le banche hanno, responsabilmente, sentito l’esigenza di innovare il rapporto con le imprese. Ma come lo hanno fatto? Non certo seguendo la via della ricerca. Cioè andando a cercare i metodi di valutazione più efficaci e considerandoli un’arma (forse la più rilevante) arma competitiva. Ma cercando “profeti”. Cioè persone che la opinione comune considerava “bravi”. E se li sono strappate l’un l’altra. Soprattutto è accaduto che le banche minori hanno considerato automaticamente profeti tutti coloro che provenivano da banche più grandi.

Il risultato è che i profeti si sono davvero considerati profeti. I profeti non sono interessati alla ricerca. Non sono interessati alla formazione, a conoscenze che vengono dall’esterno. I profeti sono legati alle loro profezie. I profeti possono accettare solo metodologie (nuove conoscenza) che vengono da molto lontano (come la balanced scorecard) che promettono di essere stampelle indolori ad una capacità profetica che localmente, nel loro mercato del lavoro di riferimento, rimane indiscussa. Anzi forse davvero supportata.

Come possono i profeti rinunciare al loro status per obiettivi così banali come lo sviluppo della banca e dei territori che la banca deve servire? Non lo possono fare neanche se lavorano per banche di natura solidale e cooperativa perché questi aggettivi stanno certamente bene nei bilanci sociali, ma non devo influenzare in nessun modo il concreto profetare dei profeti.

Dopo aver praticato il pessimismo della ragione voglio chiudere con l’ottimismo della volontà. Il  mio è stato un articolo duro, ma l’ho scritto così perché penso che in molti sia siano adagiati nel presente solo perché nessuno aveva mai parlato loro di un possibile diverso futuro. Sono così folle da credere nella parola? Sì! Credo che parlando con insistenza si troverà l’ascolto di quei pochi (forse sono anche molti) che si sono oramai convinti che sono conoscenze e metodologie inadatte che stanno guastando il rapporto tra banche ed imprese. E desiderano una ventata di aria nuova. Essa può venire solo da strutture come la nostra che accetta di investire in ricerca. E propone le sue metodologie e i suoi servizi come frutto di progetti di ricerca e di sperimentazione e non con un autoreferenziale richiamo all’esperienza.

Faremo in modo di diffondere questo articolo. Cercheremo di raccogliere l’opinione di autorevoli esponenti del mondo delle imprese e del sistema bancario. Racconteremo i risultati.

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Francesco Zanotti

Francesco Zanotti

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