Su suggerimento di Chiara Somajni su “Domenica” del Sole 24 ore, “Imprese fate la cosa giusta”, sono andato a visitare il sito www.dotherightting.com citato nel titolo. E’ certamente un segno dei tempi: sta diventando sempre più evidente che il fare impresa non ha più solo una dimensione economica, deve farsi carico, in qualche modo forse non ancora del tutto chiaro, del sociale. Il sito è anche modernamente impostato: è un sito di comunità, invece che un sito vetrina. Un sito che è fondato sulla partecipazione e mette a disposizione strumenti di partecipazione.
Mi sembra, però, che parta da una visione della CSR, molto tradizionale, tipica anglosassone. In breve, per impresa si intende sempre e solo l’impresa che produce o distribuisce beni di largo consumo: non solo “fisici”, ma anche intangibili. E si intende la CSR come lo strumento per limitare la cupidigia dell’impresa in modo che non faccia solo business, ma anche, forse obtorto collo, la “cosa giusta”. Se ci prova a non farlo, ci pensa il controllo sociale a far sì che essa torni sulla giusta strada.
Come ho detto più volte, è necessaria una nuova concezione di CSR. Non basta che le imprese non facciano le “cattive”. Esse si devono impegnare, in modo sinergico con il sociale, in un cambiamento profondo che sia contemporaneamente economico e sociale.
Questa urgenza nasce, soprattutto, se si pensa alle imprese che hanno un ruolo sistemico. Alle banche che devono decidere quale è il loro ruolo a favore del cambiamento profondo del nostro sistema economico. Alle compagnie di assicurazione che devono decidere se rimanere attori passivi nel processo di sviluppo dei nuovi sistemi di welfare oppure avere un ruolo progettuale. Ed a molte altre imprese: dalla grande distribuzione alle imprese di rete, alle utilities. Tutte queste imprese devono riprogettare il loro ruolo sociale del economico.
La loro responsabilità sociale, allora, si misura soprattutto sul fatto che esse accettino o meno questa sfida di progettazione del futuro. E’ socialmente responsabile chi accetta, è socialmente “irresponsabile” chi si trincera dietro qualche paravento conservatore, anche se considerato “nobile” come la ricerca della competitività. Per favorire il consolidarsi di questa nuova visione di CRS e l’avviarsi di una prassi di CSR che dovrà essere necessariamente altro rispetto alla pur apprezzabile charity o al non danneggiare l’ambiente naturale e sociale, abbiamo deciso di fare qualcosa di simile a quello che sta facendo questo sito americano. Ma con una visione molto più ampia. Avvieremo un dibattito sul ruolo sociale che hanno e che dovranno avere (in un mondo in cambiamento, il ruolo sociale di oggi non potrà essere quello del futuro per definizione) le banche, le assicurazioni, le imprese della grande distribuzione, le imprese reti, le utilities e via dicendo.
In questo modo immaginiamo di sostituire al controllo sociale sull’attività di impresa, la partecipazione sociale nel progettare il futuro dell’impresa. Perché, per progettare il futuro in una società complessa serve il contributo di tutti gli stakeholders.