bollino ceralaccato

Recessione e “scienze della complessità”: sintesi del dibattito pubblicato

La sintesi finale e conclusiva del dibattito scaturito dal nostro articolo "Recessione e progetto complessità" e dai seguenti commenti di Ostellino e Cipolletta.

 

La nostra ispirazione di fondo

Il nostro Paese è, evidentemente, di fronte a crescenti difficoltà. Da difficoltà “complessive” come la recessione prossima ventura. Alle difficoltà più concrete come il lavoro e la sicurezza. Fino a crescenti difficoltà esistenziali che non risparmiano neppure la classe dirigente più “dorata” che sta sperimentando, anche se non lo ammette, crescenti insicurezze. Di fronte a questo crescere di disagi e insicurezze si cercano, però, sempre e solo cause esterne. Noi crediamo, invece, che le cause siano da cercare all’interno: l’inadeguatezza delle nostre “idee”. Infatti, la classe dirigente economica, sociale e politica utilizza ancora la visione del mondo delle “sensate esperienze e certe dimostrazioni” di Galileo. E dimentica, trascura totalmente quella nuova visione del mondo che è nata nell’ambito del pensiero scientifico (ma non solo) e che si sintetizza con l’espressione “metafora della complessità”. Mentre noi crediamo che, se si usasse, per guardare al mondo, la metafora della complessità e, per modificarlo, il metodo di governo che essa suggerisce, scopriremmo che tutte le attuali impossibilità si scioglierebbero come neve al sole. Solo per fare alcuni esempi, la recessione si trasformerebbe immediatamente in sviluppo. Il lavoro dell’uomo diverrebbe non solo strumento di sostentamento, ma anche momento di autorealizzazione. Il problema della sicurezza sul lavoro sarebbe immediatamente risolto. Forti di questa proposta, impegnati a realizzarla, cerchiamo di avviare riflessioni e dibattiti per dare concretezza e visibilità alla proposta stessa.

 

L’occasione per un dibattito

L’articolo di Innocenzo Cipolletta sul Sole 24ore del 20 febbraio 2008, dal titolo: “Italia, la recessione si può evitare”, era un’occasione interessante per dimostrare la potenzialità della complessità nel fare vedere il mondo con occhi diversi e nell’indicare diverse politiche e strategie di sviluppo. Per valorizzare questa opportunità, ho scritto un “pezzo” dal titolo "Recessione e progetto complessità" di commento sul nostro portale con l’obiettivo di avviare un dibattito.  Non riporto in questa sintesi il mio contributo integrale, ma il suo “cuore”: le righe dove ho attribuito ad Innocenzo Cipolletta il ruolo di “galileiano” e ho contrapposto alle sue tesi sulla recessione, galileiane, appunto, altre tesi ispirate al pensiero complesso. Ecco le tre” contrapposizioni”.

Innocenzo Cipolletta scrive “Ancora non possiamo dire se siamo in recessione”. Questa frase è galileiana perché manifesta la convinzione che quello che sta fuori di noi (il macro ambiente economico, in questo caso) ha una sua identità e sue dinamiche di evoluzione autonome, indipendenti dal nostro agire. Il pensiero complesso suggerisce l’opposto: le macrodinamiche economiche sono, in termini generali, il frutto di processi emergenti. Che sono il risultato unico ed esclusivo dei nostri comportamenti. In concreto: la recessione ci sarà se faremo in modo (anche evocandola) che ci sia.

Innocenzo Cipoletta ancora scrive “La recessione è la normale conseguenza di una fase di espansione … nella consueta sequenza dei cicli economici: espansione, recessione, espansione”.

Ora il pensiero complesso ha rivelato che la dinamica di evoluzione dei sistemi umani è, come abbiamo detto, sostanzialmente un processo emergente che si struttura in due macro-fasi: sviluppo autopoietico e chiusura autoreferenziale. Allora la recessione non è fatalmente inevitabile, ma è il frutto di convinzioni e comportamenti autoreferenziali e può tranquillamente essere evitata, partendo da opportune strategie di “sblocco” dell’auto referenzialità. Che, naturalmente, in questa sede non posso illustrare, ma per le quali rimando ai nostri documenti su “Sorgente Aperta” che sono documenti di profonda ispirazione “complessa”.

Da ultimo, “ L’attuale recessione (ma non aveva detto che non possiamo ancora dire?) è il prodotto del disordine nei mercati finanziari … “. Come ho detto, il pensiero complesso rivela che l’attuale recessione (che noi stiamo costruendo giorno per giorno) è frutto della chiusura autoreferenziale (che, ripeto, può essere evitata) degli attuali attori economici.

La diversità tra pensiero galileiano e pensiero complesso è soprattutto nei rimedi. Se si è galileiani, si propone la soluzione di Cipolletta, cioè: si cercano di stabilizzare i mercati finanziari. Se si è “complessi”, si avvia una azione di riprogettazione sociale del nostro sistema economico che inizia con una fase di sblocco ideologico e si sviluppa come Sorgente Aperta propone.

Per avviare il dibattito ho chiesto al Prof. Cipolletta una replica che, cortesemente mi ha inviato:

 

Contributo di Innocenzo Cipolletta

Non sapevo di aver ragionato "a la Galileo". Ho fatto una previsione di quelle che possono essere le tendenze dell'economia. So bene che se gli attori economici si muovono possono generare risultati diversi da quelli attesi e questo è anche uno scopo di articoli come il mio: fare analisi che servano a prendere decisioni. Poi queste decisioni possono indurre a confermare le previsioni o a renderle non realizzabili: nel qual caso la previsione non si avvera, ma non per questo era sbagliata. Essa è servita proprio a far prendere le decisioni necessarie per cambiare il corso delle cose.

Ho chiesto, poi, di partecipare al nostro dibattito anche ad un editorialista di chiara fama: Piero Ostellino. Egli mi ha inviato, e lo ringrazio, il seguente contributo.

 

Contributo di Piero Ostellino

Quello che lei chiama metodo galileiano (di Cipolletta) è l'applicazione del metodo della ricerca nelle scienze naturali alle scienze sociali. E' la presunzione razionalistica in cui è incorso l'Occidente dal secolo dei lumi in poi fino a Marx e ai totalitarismi del secolo scorso. La presunzione di poter controllare la conoscenza e di poterla comporre in un sistema razionale e gestibile. Invece, l'individualismo metodologico (e liberale) parla di conoscenze disperse fra gli uomini e non componibili in un solo sistema razionale. Gli uomini nella libera ricerca  dei propri fini producono inconsapevolmente effetti pubblici non totalmente prevedibili, ma spesso utili a tutti. A mio avviso, il problema non è di imbrigliare gli uomini in un sistema razionale e gestibile di previsione e di azione, ma di facilitare il loro libero perseguimento dei propri fini. Sì, sono liberale. Ma nessuno è perfetto.

La pubblicazione sul nostro portale del mio pezzo e dei contributi del prof. Cipoletta e del dott. Ostellino ha “scatenato” un dibattito del quale propongo una sintesi, scusandomi con i Contributori se non sono riuscito a cogliere a fondo il loro pensiero. Ad ogni modo gli interventi integrali sono sempre disponibili sul nostro portale.

 

Giuseppe Florio

Sostiene che il nostro legame con il pensiero riduzionistico-galileiano è quasi genetico, profondo tanto da pervadere completamente il nostro modo di pensare. In particolare sta a fondamento della nostra visione dell’economia (l’utilitarismo) e delle nostre strategie economiche.

Questo pensiero, però, non è certo l’unico “pensiero pensabile”. Il pensiero orientale è, non solo, molto diverso, ma è, anche, molto più adatto a comprendere totalità, flussi e divenire. La stessa scienza regina del riduzionismo, la fisica, ha generato al suo interno la meccanica quantistica che è molto più vicina al pensiero orientale che al riduzionismo. A livello economico stanno avendo successo attori economici (commercio equo e solidale e finanza etica, ad esempio) che operano in base a logiche che non sono certo utilitaristiche.

La sua conclusione, allora, è che  questa nuova visione del mondo può diventare lo “strumento” per costruire una nuova economia ed una nuova socialità. Superando così ogni rischio (o tentazione) di recessione.

Perché questa ipotesi (potenzialità) si realizzi è necessario che tutti coloro che stanno esplorando nuovi pensieri e nuove prassi si ritrovino in un grande movimento di progettazione operativa di una nuova società. Che operi con un nuovo metodo di lavoro: Sorgente Aperta.

 

Gianni Rizzi

Accetta la osservazione che parlare di una cosa (la recessione, ad esempio) ne fortifica l’esistenza, ma afferma che è delittuoso nascondere la conoscenza, qualunque essa sia, come è stato delittuoso nascondere Freud nella Russia sovietica. Indica, invece, la necessità di aumentare la nostra conoscenza sui “sistemi umani” fino a cercarne il senso ultimo. Ammette che per fare questo sono necessari nuovi apparati concettuali, senza cancellare il passato, ma integrandolo in una nuova sintesi.

 

Gianni Soavi

Egli concorda sul fatto che occorra cambiare profondamente il nostro pensare ed il nostro agire in un mondo imprevedibile e sempre più interconnesso.

Indica come segno di profonda speranza il fatto che si comincino ad accettare come importanti anche pensieri eterodossi, quasi trasgressivi, come i pensieri di chi si occupa per professione di trascendentale.

E’ propone un cambiamento “complessivo”: smetterla di pensare che l’uomo si debba adattare all’ambiente, e iniziare a fare accadere l’esatto contrario. Propone, come esempio, il paradigma della “Human Technology” che nel mondo dell’informatica è già diventata realtà. E il paradigma della integrazione tra imprese oggi troppo “isolate” come strategia per uscire dalla recessione.

Propone anche il valore della maturità in un mondo che si sta nascondendo dietro l’illusione di un eterno giovanilismo.

 

Luciano Martinoli

Ipotizza che la ricerca di nuovo modo di guardare al mondo, del quale esistono mille segnali anticipatori, sia proprio il modo migliore per liberare e valorizzare le energie dei singoli. E cerca di dare un contributo allo sviluppo di questa nuova visione del mondo.

Il primo contributo è l’indicazione  della metafora che sta a fondamento del pensare galileiano: la metafora della macchina. Infatti oggi consideriamo il mondo e la società, in tutte le loro forme, come "meccanismo" fatto di parti discrete con un funzionamento assegnato o da comprendere. Questa convinzione che il mondo e la società siano sostanzialmente grandi e complicati orologi è alla base del pensiero di tutti noi, comunisti e liberisti, destra e sinistra, progressisti e conservatori.

Il secondo contributo è una proposta per staccarci dalla metafora della macchina: esplorare le conquiste della scienza del ‘900 che non fanno parte in alcun modo del patrimonio di conoscenze della classe dirigente. E’ questa nuova scienza che ha evidenziato limiti ed alternative al riduzionismo. La matematica ha definito i suoi limiti nel modo che sa fare: dimostrandoseli. La fisica ha realizzato la limitatezza del confronto sensoriale con la natura come fonte di conoscenza oggettiva. La stessa genetica si è arresa all'ipotesi che non siamo semplici risultati di un'addizione di mattoncini alla "Lego".

 

Nicola Antonucci

Egli afferma che la teoria della complessità propone la necessità di partire dal singolo individuo per comprendere le relazioni dialogiche tra lei/lui e gli altri. E propone, conseguentemente, la necessità di una nuova qualità del dialogo tra gli uomini che sia  argomentato, falsificabile, contestualizzato, ad rem (e mai ad personam come invece amano i politici e gli ignoranti).

 

Alfredo Mancini

Si propone come attore attento e partecipe in questo processo di ricerca di un nuovo pensiero per una nuova società. L’esatto opposto dell’ “armiamoci e partite”. E ricorda che questo cambiamento non è solo una necessità estetica, ma è anche una precisa richiesta dei corpi vivi della società. Come ad esempio gli imprenditori che "non hanno bisogno" sono stufi come i cittadini di questo status quo oscillante tra bipolarismo, voltagabbana e ripicche personali e di partito.

 

Conclusione: un impegno

Credo che la migliore sintesi di questo dibattito sia la dichiarazione di un impegno. Anche se la nostra classe dirigente accettasse il nostro appello a guardare alla metafora della complessità per attingere nuove idee e nuove speranze, sarebbe quasi impossibile farlo.

Non esiste ad oggi un “luogo” (libro, rivista, sito internet etc.) dove sia possibile trovare una sintesi di tutti i principali modelli e metafore che attengono alla complessità e indicazioni sulle loro possibili applicazioni. Non esistono “eventi” (seminari, corsi etc.) nei quali si possa discutere ad ampio spettro di complessità e governo dei sistemi umani. Allora inizieremo il nostro impegno su due fronti. Il primo sarà quello di pubblicare una Newsletter che abbiamo intitolato “Stille di complessità” dove proporremo una rassegna di informazione, aggiornamento sulla complessità ed i suoi utilizzi. Il secondo sarà quello di organizzare una serie di seminari dove sia possibile non solo la descrizione, ma anche il dibattito ed il confronto. Il nostro obiettivo finale è quello di fornire alla classe dirigente una  nuova cultura e nuovi strumenti per costruire sviluppo.

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Francesco Zanotti

Francesco Zanotti

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