bollino ceralaccato

Marchionne, la responsabilità sociale e oltre.

“Oltre” significa che l’articolo di Marchionne (sul Corriere di ieri, domenica 23 settembre) ci ha fatto consapevolizzare una urgenza che richiede una risposta. Per costruire questa risposta abbiamo progettato un’iniziativa alla quale chiediamo la collaborazione di tutti coloro che seguono il nostro impegno. “Oltre” per significare che le parole, pur autorevoli, devono essere rese significative dai comportamenti.

 

“Oltre” significa che l’articolo di Marchionne ci ha fatto consapevolizzare una urgenza che richiede una risposta. Per costruire questa risposta abbiamo progettato un’iniziativa alla quale chiediamo la collaborazione di tutti coloro che seguono il nostro impegno. “Oltre” per significare che le parole, pur autorevoli, devono essere rese significative dai comportamenti.

Sul Corriere di ieri (domenica 23 settembre 2007) Sergio Marchionne ha proposto un suo intervento dal titolo : La Società Liberale e i Soggetti Deboli. Il trafiletto di presentazione in prima pagina tentava una sintesi del suo pensiero. Riporto integralmente:

“Se una società libera vuole durare deve sostenere chi è colpito dal cambiamento. Non, esiste, però, un unico modello di capitalismo ed è la responsabilità sociale che differenzia l’Europa dagli USA.”

E’ una sintesi che non rappresenta il massimo della chiarezza. Ma, se poi si va a leggere l’articolo, diventa evidente che le due fasi, che sono state giustapposte con un “però” che c’entra come i cavoli a merenda, riassumono due dei concetti chiave espressi da Marchionne.

Mi viene in mente un altro grande opinionista, Jeremy Rifkin, che, in un suo libro del 2004 dal titolo “Il sogno europeo” sostiene che è proprio l’Europa che racchiude in sè le risorse culturali e personali per costruire un sogno europeo che sostituisca l’oramai superato, perché molto infantile, sogno americano. E mi sentirei di dire che questa responsabilità verso il sociale è certamente una importante componente di questo sogno europeo.

All’articolo di Marchionne ha costruito, nello stesso giorno, un contesto di autorevolezza il Papa, ammonendo contro l’assolutizzazione del profitto (che oggi si chiama valore per gli azionisti) e la devastazione dell’ambiente che, mi permetto di ricordare, va molto al di là di un effetto serra che sta assumendo una irragionevole valenza ideologica, quasi nuovo terreno di scontro tra capitalisti ed anticapitalisti.

Avendo noi scelto il concetto di responsabilità sociale come nuovo paradigma di riferimento per cercare e costruire lo sviluppo prossimo venturo, non possiamo che essere felici quando, sia pur con altri termini, si riconosce la responsabilità sociale come un valore guida per il modo di fare impresa di tutto il nostro Continente.

Ma, fino a qui siamo alle parole, anche se autorevoli (Marchionne e Rifkin) ed autorevolissime (il Papa). E le opere? Cioè i fatti? In che opere/fatti si sostanzia la CSR? Il divario tra le parole e i fatti è clamoroso. Le attuali pratiche di CSR tendono a staccarla dal suo naturale riferimento strategico ed a farne un’isola di adempimenti burocrati. Propongo qualche esempio.

La CSR diventa il fare il bilancio sociale, ma oramai molte imprese stanno scoprendo la inutilità di un bilancio sociale che non sia espressione di una precisa “strategia sociale”. Oppure diventa il produrre codici etici di cui tutti oramai riconoscono l’ipocrisia intrinseca perché questi codici non riescono a evitare comportamenti negativi e a stimolare comportamenti positivi. O, ancora, diventa una attività di stakeholder engagement che, invece di manifestarsi in coinvolgimento strategico degli stessi stakeholders nel progettare il futuro dell’impresa, si riduce in una comunicazione che ha obiettivi meramente difensivi. E che si rivela controproducente perché non soddisfa l’esigenze fondamentale di tutti gli stakeholders che è quella di affermare la loro identità.

Esiste almeno un’altra attività che ha già completato un percorso simile di deriva: la formazione. Cosicché sappiamo esattamente quali sono le conseguenze di questa deriva: che la formazione viene considerata solo un valore retorico. Infatti, nessuno ha il coraggio di smettere di fare formazione, anzi tutti ne esaltano il ruolo “strategico”. Ma nella pratica il fare formazione sembra come il pagare un obolo a qualche dio minore che non si sa bene se esista e sia influente, ma nella incertezza si fa meno formazione possibile, si cerca che sia la più “pratica” possibile, si rifiuta ogni innovazione di contenuto e di metodo. Non è possibile neanche proporre innovazione perché chi, qualche volta, ascolta non può decidere. E chi decide non ha nessuna voglia di ascoltare.

Così la formazione vivacchia sempre peggio e, certamente, non è in alcun modo strategica. La ragione è che i formatori non riescono a  dare un significato operativo all’aggettivo strategico. Questo fa si che di essa il top management non se ne curi. E questa delega completa perché disinteressata, provoca la deriva involutiva della formazione.

Perché la CSR riesca a non precipitare in questa deriva retorica occorre avviare un grande sforzo di riflessione e progettualità sociale per immaginare come il valore della responsabilità sociale possa essere trasformato in comportamenti.

Noi abbiamo deciso di farci carico di iniziare questo sforzo di attivazione di un nuovo dibattito con una nuova metodologia di ricerca sociale che consideriamo una evoluzione del metodo Delphi. La novità consiste nel fatto che noi non cerchiamo di sintetizzare le opinioni esistenti. Ma vogliamo costruire una nuova opinione. Più nello specifico: una nuova visione della CSR che ne precisi i fondamenti e ne ipotizzi nuove modalità (nuove prassi) per metterli in pratica.

Per raggiungere questo risultato abbiamo progettato uno nuovo strumento di “provocazione progettuale” che consiste in domande che non rimangono sterili in cerca di risposte. Ma a queste domande abbiamo cercato di fornire ipotesi di risposte. Il nostro successo dipenderà dalla capacità di provocare nuovi pensieri e nuovi entusiasmi delle domande e delle ipotesi di risposte che proporremo.

Sottoporremo questo strumento di provocazione non agli esperti ed ai professionisti della CSR, ma al top management delle imprese. Sono i massimi responsabili aziendali che devono rispondere alla provocazione di Marchionne sul come trasformare la CSR in una nuova via per costruire sviluppo.

Costruiremo un documento di sintesi che poi sottoporremo ad un dibattito più ampio più ampio sia in Italia che in Europa. Nei prossimi giorni pubblicheremo su questo portale comunitario il nostro documento di “provocazione progettuale” ed inizieremo a contattare i Top managers delle imprese chiave del nostro paese.

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Francesco Zanotti

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