bollino ceralaccato

Unicredit e Capitalia il giorno dopo: convenienza o responsabilità verso lo sviluppo?

L'articolo di Marco Panara su “Affari & Finanza” uscito oggi (21 maggio 2007) dal titolo: “Dietro le quinte di Unicredit e Capitalia”. E’ un articolo che inizia nella prima pagina. E, poi, si continua nella seconda, cambiando titolo “Fra Unicredit e Capitalia soltanto nozze di convenienza”, spiegando che dietro le quinte, cioè al di là del dichiarato, vi è solo “convenienza”. Convenienza di chi?

 

Prendo ad ispirazione l’articolo di Marco Panara su “Affari & Finanza” uscito oggi (21 maggio 2007) dal titolo: “Dietro le quinte di Unicredit e Capitalia”. E’ un articolo che inizia nella prima pagina. E, poi, si continua nella seconda, cambiando titolo “Fra Unicredit e Capitalia soltanto nozze di convenienza”, spiegando che dietro le quinte, cioè al di là del dichiarato, vi è solo “convenienza”. Convenienza di chi? L’articolo lo dice chiaramente: dei due protagonisti Geronzi e Profumo.

Cito alcune frasi per dare il “sapore” di questa convenienza.

“A Roma era esploso uno scontro interno a Capitalia”

“ …AbnAmro (principale azionista di Capitalia) rischiava di essere acquisita da Barclay …. che probabilmente non si sarebbe schierato dalla sua parte”

“Unicredit era l’unico che poteva assicurare a lui (Geronzi) un ruolo importante alla guida di Mediobanca”

“… la Banca d’Italia voleva chiudere la partita assicurando che Capitalia rimanesse in mani italiane”.

“restava il problema del potere che Profumo ha risolto nel modo a lui più congeniale, che poi era anche quello più confacente anche a Geronzi”.

Ora io non ho accesso al “dietro le quinte” e, quindi, non ho informazioni dirette per giudicare se in questa operazione sia prevalsa la convenienza o il disegno industriale. Anche perché a confondermi le idee vi sono due elementi che vanno in due direzioni opposte. Il primo che dà ragione a Panara è che, dati i tempi di realizzazione, credo che un disegno industriale non di facciata, un progetto strategico che spiegasse il futuro della nuova banca, non poteva realizzarsi.

Il secondo è rappresentato da una intervista a Profumo su Corriere della Sera, sempre di oggi, che sembra essere una contestazione puntuale alle tesi di Panara.

Ma supponiamo che la interpretazione di Panara sia corretta. Se così è, allora non si può che gridare allo scandalo!

Per così tante ragioni che in questa sede ne posso elencare solo alcune, ma già queste dovrebbero essere più sufficienti per scatenare un putiferio. Ah, per inciso, Panara non si dichiara esplicitamente scandalizzato (implicitamente sì) e non propone come queste operazioni avrebbero dovuto essere diverse. Cioè come potrebbe essere una diversa via allo sviluppo del sistema bancario.

Io proverò ad illustrare alcune ragioni del perché ci si dovrebbe scandalizzare, ma proverò ad andare oltre lo scandalo. E proverò ad immaginare come dovrebbe invece essere uno scenario di sviluppo alternativo a quello della convenienza per il sistema bancario.

Lo scandalizzarsi.

Cominciamo a chiederci: ma cosa sono i cento miliardi (la banca da 100 miliardi di tutti i titoli) di cui si parla? Sono le risorse che il nuovo gruppo ha disponibili? No! Sono la capitalizzazione di borsa che è sostanzialmente una misura del consenso sociale (qualche volta carpito) che il gruppo raccoglie!

Poi chiediamoci: ma chi è l’azionista di maggioranza di Unicredit e Capitalia? Se si guarda il sito della Consob, non si fa fatica a riconoscere che sono i piccoli azionisti.

Da ultimo, per non appesantire: di chi sono le risorse di cui il gruppo dispone?

Le risorse che il gruppo utilizza sono in piccola parte fatte di risorse di capitale (che, ricordiamolo, sono anch’esse di proprietà del sociale) ed in grandissima parte dei risparmiatori.

In sintesi, il valore che tanto si sbandiera è un valore sociale. La proprietà è del sociale (i piccoli azionisti). Le risorse che il sistema usa sono sociali.

Da tutto quello che abbiamo detto il motivo di scandalo è che questa operazione sia stata guidata in solitudine solo da due persone. Non importa quanto competenti ed eticamente irreprensibili, ma sempre e solo due persone che si sono arrogate il diritto di sostituire il sociale senza averne delega. E’ la regola del capitalismo? No! Il capitalismo chiede che a decidere sia il padrone. E qui, se è vero il dietro le quinte proposto da Panara, è proprio il vero padrone, cioè il sociale, che non è stato in alcun modo coinvolto.

Ma con lo scandalizzarsi non si conclude nulla. Si rischia di fare “prediche” che come tutte le prediche hanno una pura funzione retorica.

E chiediamoci: da dove viene questa pazza voglia di potere? Ecco io credo Io credo che queste operazioni di potere siano il risultato di aver scelto una via di sviluppo del sistema bancario per crescita dimensionale che è sostanzialmente una via di conservazione. Ed è una via, evidentemente che deve essere guidata dalla logica del potere.

Quale è la via naturale di sviluppo di una impresa? Sviluppare un sistema d’offerta che va incontro ad esigenze rilevanti e non soddisfatte prima dai concorrenti. Quando si cerca di diventare più forti non ci si riesce.

Esiste la possibilità di progettare e proporre questo nuovo sistema d’offerta?

Sì perché esiste una nuova esigenza complessiva: il sistema delle PMI (fermiamoci solo a quello) necessità di una riprogettazione radicale. E’ una progettazione che non solo le imprese non riescono a fare da sole, ma che non può essere fornita da alcuno perché non esistono gli strumenti concettuali e metodologici per farla.

Allora è necessario che le banche (solo loro possono farlo) attivino un importante progetto di ricerca … Sì un progetto di ricerca! Qualcuno ha mai visto lo sviluppo di un settore economico senza ricerca? Il sistema bancario è l’unico che pretenderebbe di farlo. Un grande progetto di ricerca per sviluppare quelle che mi sembra giusto chiamare “metodologie di valutazione e di progettualità imprenditoriale”. La loro funzione? Quello di far scoprire alle imprese quanto è urgente che si rivoluzionino e come posso fare. Poi gli forniranno i soldi per farlo.

Se le banche si mettessero da questo punto di vista, le loro strategie non sarebbero più strategie di crescita dimensionale, ma di ricerca, attenzione alle persone ed al territorio. E con una strategia di questo tipo in mente, il coinvolgimento del sociale sarebbe considerato, invece che una stranezza, una risorsa.

Una conclusione. Verrebbe davvero da scandalizzarsi. Ma non è utile. Riflettiamo sull’origine dei comportamenti che ci fanno scandalizzare: dietro vi è una visione dello sviluppo del sistema bancario che è di conservazione. E che non serve né agli azionisti, né al sociale.

E cerchiamo una nuova via, imprenditoriale e di conservazione che può nascere solo dal e con il sociale.

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Francesco Zanotti

Francesco Zanotti

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