Una società di consulenza, convinta dell’importanza della RSI (responsabilità sociale d’impresa) decide di collaborare con un’associazione ONLUS che chiameremo ABC.
All’associazione ABC vengono elargiti dei soldi, sotto forma di bigliettini di Natale, di acquisto di prodotti-gadget. Si chiama azione di filantropia: una società profit, dopo il suo profitto, decide di dare qualcosa a chi, non profit per scelta, si occupa delle sfortune altrui.
L’attività dell’associazione è positiva, nobile negli scopi, utile nelle azioni, eppure la società di consulenza, l’anno dopo, sente di voler fare qualcosa di diverso; avverte il bisogno di cambiare perché è come se non le fosse rimasto niente oltre il gesto. Si potrebbero cambiare i destinatari, ma il problema non sta nei destinatari. Analizzando a posteriori, la società di consulenza sente il dovere di cambiare sistema.
L’occasione di questo cambio di sistema è data da un incontro casuale, non cercato, tra il responsabile della società e il responsabile di un’altra associazione ONLUS che chiameremo XYZ. Nasce una collaborazione che si rafforza nel tempo. La collaborazione è impegnativa, impiega risorse, ma cresce perché se ne sente l’esigenza, perché è efficace.
Ecco le differenze tra le due ONLUS:
Caratteristiche dell’associazione ABC:
- L’associazione è nobile negli scopi e non si giudica il suo valore. E’ organizzata tuttavia intorno al concetto di servizio-prodotto. Come un’azienda, produce dei servizi lodevoli per bambini e per farlo si finanzia con i gadget, i bigliettini di Natale etc. Il valore di ciò che fa si comprende in ciò che produce.
- E’ una grande associazione con un’organizzazione piramidale e fortemente strutturata: si regge sul fund raising, è molto competitiva, si afferma sul mercato cercando di entrare in tutti i luoghi in cui c’è bisogno(reale o indotto?) di lei.
- La testa è separata dalla base: è un’associazione verticistica in cui i capi guidano e i volontari prestano la loro opera con buona capacità di auto-organizzazione, ciascuno ha il suo ruolo. C’è separazione tra chi fa e chi pensa, chi realizza e chi gestisce i fondi.
- Autoreferenzialità: l’associazione promuove se stessa, investe per parlare di sé affinché poi si possa aiutare i destinatari (non lo fa di certo per lucro); tuttavia ha la forza per operare di per sé, perché si auto-legittima grazie alla nobiltà delle sue azioni.
Le sue modalità di azione riproducono le stesse logiche di mercato che ben conoscono le aziende profit. Ciò che la società di consulenza e la associazione di volontariato ABC si sono scambiati si è risolto in un rapporto economico, in una sorta di baratto ineguale. Scambiando soldi per biglietti di Natale entrambi hanno raggiunto i propri interessi, ma non si è creato alcun legame. Ciò porta insoddisfazione per chi voleva fare “qualcosa di diverso”:
- L’aiuto si risolve in un contributo economico, non c’è spazio per uno scambio, per una reciprocità, per qualcosa che vada oltre un rapporto unidirezionale.
- L’aiuto che viene offerto è assai mediato: non raggiunge direttamente i destinatari ultimi (o perlomeno non si sa) perché entra negli ingranaggi dell’organizzazione.
- Non c’è trasparenza tra l’atto di aiuto e le conseguenze: ciò che ho fatto cosa produce, quale collegamento c’è tra il bisogno, il gesto e il suo significato?
Caratteristiche dell’associazione XYZ:
- Piccola associazione abbastanza sconosciuta che però fa della sua piccolezza una scelta voluta, un punto di forza. Stabilisce a monte dei criteri che la guidano a valutare se i suoi finanziatori sono ispirati da valori più o meno coerenti con la sua visione etica.
- Vertici e base hanno un rapporto ravvicinato: la “filiera è volutamente molto corta”, chi pensa e dà la strategia è vicino all’operatività, chi dà aiuto dall’esterno esterno riesce quasi sempre ad essere coinvolto nel rapporto con il destinatario ultimo. Il benefattore si interessa di quello che accade nella comunità, si fa prossimo non solo all’associazione e ai suoi scopi ma anche alle persone che la abitano. I soggetti di solidarietà sono persone con cui entrare in relazione, non tanto soggetti meno fortunati.
- L’associazione risponde direttamente e visibilmente di ciò che fa a chi la finanzia. I gesti acquisiscono significato nel contesto del dono e del rapporto reciproco tra le parti.
Figura 1. Due realtà organizzate si trovano sulla riva dello stesso lago. L’esigenza di scambiare calore, di condividere il fuoco le avvicina: è dall’incontro, dallo scambio che si produce valore. Quale è il profitto, il vantaggio? La reciproca conoscenza consente di scambiare non in modo equivalente, ma in modo proporzionale: due entità differenti per scopi e risorse entrano in relazione scambiando ciò che possono senza preordinarlo come fosse un progetto (stato iniziale-stato finale). Eppure prende forma un movimento circolare tra beni economici e riflessione sulla cultura, sui valori che spingono all’azione; in questo scambio si è costruito un legame sociale. “Regalare qualcosa a qualcuno equivale a regalare qualcosa di se stessi; accettare qualcosa da qualcuno equivale ad accettare qualcosa della sua essenza spirituale, della sua anima; esiste una mescolanza di legami spirituali tra le cose, gli individui, i gruppi” (Mauss, 1920, Saggio sul dono).
Entro questo circolo, il dono impegna già a monte chi lo fa, in quanto il donatore rivolge una proposta di legame, di impegno. Non c’è debito e non c’è credito in quanto il dono diventa un simbolo, lega. Come quando un uomo regala un anello ad una donna: non importa il valore economico del regalo, il dono significa perché stabilisce o chiede o esprime un rapporto.
Rimanendo sul piano dell’esplicito, i movimenti possono essere gli stessi di qualunque atto di responsabilità sociale d’impresa: quando ad esempio, l’associazione ha bisogno di un nuovo pulmino per trasportare gli utenti, la società di consulenza incomincia una campagna di ricerca di sponsorship per finanziarlo. Sul piano dell’implicito, invece, si attivano delle circolarità che diventano contagiose anche all’esterno. Se lo scambio non si risolve nel puro movimento di beni economici sui conti correnti ma si approfondisce la conoscenza, si inizia a dare e ricevere qualcosa di intangibile, eppure di centrale per il mondo profit e il mondo no profit: conoscenza, visione del mondo, motivazioni all’agire. Si attiva uno scambio che diventa un circuito di doni, un circolo tra dare, ricevere e ricambiare.
Per tornare al concreto, ciò che effettivamente scambiano la società di consulenza e la piccola associazione sono:
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Risorse materiali (tempo di lavoro, quindi risorse economiche)
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Conoscenza (nel senso di knowledge)
Dalla relazione emergono le similitudini legate all’attività delle due organizzazioni: si tratta di due sistemi che producono servizi intangibili, in cui si gestiscono risorse umane, in cui si strutturano processi organizzativi, si elaborano progetti. Le due società sono differenti, non sono in competizione diretta, non hanno nulla da perdere nel raccontarsi reciprocamente; questo consente di aprire le proprie prospettive, di rivedere gli stessi eventi da angolazioni differenti, di produrre nuovi punti di vista. Ciò diventa la base della creatività tanto sognata in azienda. La fiducia reciproca consente di approfondire anche gli aspetti più organizzativi e di scambiarsi competenze.
Accade così che dal finanziamento di un pulmino, si passa ad un’analisi di clima, alla ridefinizione di ruoli organizzativi, alla co-gestione della selezione del personale, a progetti di comunicazione; in cambio si ottiene riflessione ad alto livello sui temi della responsabilità sociale di impresa, idee e spunti in merito alla gestione delle Risorse Umane, estensione della rete sociale non solo con associazioni non profit, ma anche con il mondo profit.
L’acquisto di un pulmino ha prodotto cambiamenti in quasi tutti gli sponsor, è diventato l’occasione di partenza per ulteriori riflessioni e azioni. Alcuni manager hanno avvertito l’insostenibilità dell’incoerenza tra le azioni esterne e le azioni interne al proprio contesto lavorativo, hanno iniziato a interrogarsi riguardo alla necessità di tenere comportamenti coerenti. Entro un’altra azienda si è generata l’idea di un’area di ricerca sulla disabilità: da un lato risponde all’esigenza di espansione di un business, dall’altro è sorta la consapevolezza che il trasporto e il movimento di un disabile ha complicazioni che non si sarebbero mai sospettate senza vederle coi propri occhi. Per altre aziende il legame si è consolidando andando oltre il manager “illuminato” delle prime sponsorizzazioni; all’interno delle stesse società si è diffusa una sensibilità che ha permesso continuità nell’impegno anche dopo l’uscita dei primi interlocutori. Ciò significa che il legame stretto tra l’associazione e lo sponsor ha innescato una dinamica che ha una sua forza, non si rinchiude soltanto entro al conoscenza reciproca di due responsabili.
Chi entra in contatto con l’associazione XYZ, riceve una ricompensa immediata in termini di accoglienza, di affetto, di calore e il rapporto è subito molto gratificante. Ma riceve anche una provocazione: la situazione di svantaggio, di diversità, di “sfortuna” confonde, mette in discussione, invita a fare bilanci esistenziali che poco hanno a che fare con i bilanci economici. Curando il legame sociale, l’associazione riesce a dare molto di più di qualche sorriso affettuoso e lo sponsor riesce a dare molto di più di qualche centinaio di euro. Si riesce ad andare oltre il rinforzo affettivo (gratitudine, riconoscenza, immagine sociale) ed economico (contributo di beni) per innescare un rapporto fondato sul ricambiare, non sulla mera cessione: il dono combina perciò l’interesse e la gratuità, l’utilità e l’obbligo di ricambiare.
Ciò che davvero è interessante è che lo scambio, nella reciproca responsabilità, è contagioso, contaminante: le realtà che attivano lo scambio aumentano e in qualche modo rimangono esse stesse contagiate anche al loro interno.
Questa storia, non esemplare, semplicemente accaduta, ci insegna che i concetti grandi vanno affrontati partendo dalle cose semplici e molto concrete, che il cambiamento parte prima da sé e dalle proprie specificità e se queste non parlano mai l’innovazione è un puro esercizio di stile.
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Riferimenti:
M. Mauss, «Essai sur le don. Forme et raison de l'échange dans les sociétés archaiques» (1923-24), in Id. Sociologie et anthropologie, PUF, Paris, nuova ed. 1985, pp. 145-279 (trad. it. «Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche», in C. Lévi-Strauss (a cura), Teoria generale della magia e altri saggi, ed. Einaudi, Torino, 1965).
Per approfondire si invita alla lettura di testi o articoli del professor Zamagni.