La grande serenità è quella che deve avere la Corte Costituzionale nel decidere la ammissibilità o meno del referendum prossimo venturo. E va be’, bella scoperta, dirà qualcuno. Certo che la Suprema Corte dovrebbe essere serena, ma come si fa ad essere sereni in questo clima e con una decisione così rilevante che rischia di essere contestata, qualunque essa sia, perché, si dirà, è stata generata da pressioni, pressionuncole, pressioncelle?
Ecco io vorrei dare un contributo all’affermarsi di un clima di serenità. Forse un contributo un po’ fuori dalle righe, ma, credo, decisivo. Il mio contributo è molto semplice: la serenità diventa naturale, la voglia di interferire svanisce se si riflette che il referendum è assolutamente insignificante. Intendo dire che qualunque sia la decisione della Corte (farlo o non farlo), di più, qualunque sarà il suo esito (nel caso in cui si farà), non cambierà di una virgola il problema della governabilità. Cioè rimarrà irrisolto ed aggravantesi.
Le ragioni di questa mia affermazione così iconoclasta sono le seguenti. La caratteristica fondamentale della nostra società è l’aumentare della sua complessità, il suo disgregarsi in mille attori con mille issues diverse. Io credo che questo trend sia positivo perché aumentano le risorse di idee e di partecipazione disponibili per costruire un futuro migliore. Ma, anche se si pensa che questo aumento di complessità sia negativo, occorre tenerselo perché è un trend inevitabile.
Allora il problema è come gestirlo. Tutte le riforme istituzionali cercano in qualche modo di esorcizzarlo cercando di semplificare il sistema dei partiti e di aumentare la forza dell’esecutivo. Ma sono tentativi destinati al fallimento. Certamente si possono progettare istituzioni (il Governo ed il Parlamento) che riescano a decidere in fretta. Ma, poi, accade che queste decisioni non possono venire realizzate perché nascono in ogni dove resistenze che hanno tutta la forza del consenso degli attori che le promuovono.
Io credo, invece, sia necessario un nuovo modo di fare politica che sostituisca al decisionismo la progettualità sociale. Ne ho già diffusamente parlato in questo nostro spazio, anche indicando un metodo che abbiamo definito “Sorgente aperta” per poter gestire concretamente questa progettualità sociale. E qui non ripeto.
Se si usa questo metodo di fare politica tutto il dibattito sul sistema elettorale diventa superato perché diventa superato il modello di democrazia che si fonda su di un decisionismo che permette come unico livello di partecipazione quello di decidere chi deve decidere.
Se si vuole invece preservare una classe politica che fa della sua presunta superiore capacità di decidere la fonte di privilegi inaccettabili, allora il referendum si rivela per quello che è: l’ennesima occasione per rigiocare quella eterna lotta per il potere che poi produce disastri perché ha come obiettivo il potere appunto e non il bene comune.