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Illuminazioni da Normann, Johansson, Scharmer, Deming - Incontro n. 3
Pensiamoci: qual è stato uno dei miti del management fino agli anni ’80 del secolo scorso?
Indubbiamente sono diversi. Ma in questo incontro ci focalizzeremo su uno in particolare: la prevedibilità.
Lo stesso W. E. Deming (uno dei massimi esponenti del TQM e padre della Teoria della Conoscenza Profonda) amava ripetere ai manager: “l’essenza del vostro lavoro è la prevedibilità”.
Indubbiamente ciò è ancor oggi vero, soprattutto se si concentra l’attenzione sui processi e sulle attività di un’Organizzazione. In questo senso, la prevedibilità si persegue attraverso la riduzione della variabilità nei processi: minore infatti è la variabilità, maggiore sarà la stabilità e maggiore, di conseguenza, la prevedibilità.
Ma sempre più oggi questo approccio non esaurisce il vero ruolo di un leader. Qual è dunque l’essenza del lavoro di un leader?
In un certo senso, potremmo dire che essa risiede nel far emergere le possibilità dal futuro (si vedano le considerazione del precedente incontro).
Il passaggio decisivo è quello da “prevedibilità” a “possibilità”. Non si tratta di una questione meramente terminologica. E’ molto di più!
Parlare di possibilità invece di prevedibilità vuol dire:
1. Passare dalla logica dei sistemi ordinati a quella dei sistemi complessi
2. Poggiare sulla forza delle intersezioni
3. Coinvolgere il pensiero creativo
4. Coinvolgere il modo di vedere, sentire, relazionarsi, vivere ed essere del leader. Presencing
Vediamo uno per uno questi quattro punti. Ci soffermeremo ancora una volta sui soli “perché di fondo” senza scendere nei dettagli del “come”: ciò in linea con lo spirito di questa serie di articoli, che vogliono essere più degli stimoli, delle intuizioni, ma che comunque al contempo forniscono anche le necessarie indicazioni e i riferimenti per approfondire i “cosa” e i “come”.
1. Complessità come dimensione delle possibilità
Quando si passa dai sistemi “statici” a quelli complessi, si abbandona la logica della mera prevedibilità per passare alla dimensione delle possibilità.
La soglia del caos (condizione quasi “magica” di un sistema complesso, in bilico tra ordine e caos) è essenzialmente questo. Ecco come Alberto F. De Toni e Luca Comello in Prede o ragni (Utet 2005) presentano questo concetto: “Parola d'ordine della complessità non è predicibile o non predicibile, ma possibile. Ci sono moltissimi eventi che sono possibili – non tutti, comunque, perché la complessità ha sempre a che fare con un mix di determinismo e caso. Solo alcuni di essi si realizzano. Non possiamo dire a priori quali. La complessità, all'orlo del caos, è lo spazio delle possibilità”.
E poi, dal mio volume Management by Magic (Florence Art Edizioni, 2011): “ … Parlando invece di 'complessità' e di 'soglia del caos' siamo su un altro livello, siamo su un livello di frattura, di 'squarcio': la soglia del caos è un punto critico, è IL punto critico, dal quale può generarsi innovazione e evoluzione, così come fallimento e regressione. Ma non si può fare altrimenti, è un rischio che non può essere evitato: occorre rischiare per incamminarsi verso un altro ciclo di innovazione/evoluzione; questo, a sua volta, ci porterà su un altro livello di 'soglia del caos' dal quale ripartire, e così via”.
Così:
- l’imprevedibilità è tipica dei sistemi caotici,
- la prevedibilità attiene ai sistemi ‘statici’,
- la possibilità caratterizza i sistemi complessi.
Il primo passo, dunque, è essere consapevoli della complessità, sapere cosa vuol dire vivere sulla soglia del caos, vista come unica “dimensione” in cui può generarsi e emergere sviluppo, evoluzione, crescita.
2. Intersezioni
Sempre più spesso oggi, quando qualcosa di nuovo irrompe, questo è il frutto dell’intersezione di campi e discipline diverse. La forza delle intersezioni (contaminazioni) è uno dei veri drivers dell’innovazione e dell’emersione delle possibilità.
Il problema è che spesso questo fattore non è adeguatamente considerato, con la conseguenza di una sottoottimizzazione delle sue potenzialità.
Uno dei massimi studiosi delle intersezioni è Frans Johansson. Val la pena riportare solo un breve passo dal suo formidabile studio presente in “The Medici Effect” (Frans Johansson, 2004):
“Per la maggior parte di noi, l'occasione migliore per creare qualcosa di innovativo si trova nell'intersezione. Là non solo abbiamo maggiori possibilità di scoprire combinazioni inedite di idee, ma anche di farcene venire molte di più. In senso più specifico, saltare nell'Intersezione non significa semplicemente mettere insieme due concetti differenti per dar vita a un'idea nuova. Questo genere di combinazioni appartiene sia all'innovazione di tipo direzionale sia a quella di tipo intersezionale. Piuttosto, l'Intersezione è un luogo che aumenta in modo drastico le possibilità che si verifichino combinazioni insolite. … Se solo riusciremo a raggiungere un'intersezione di discipline o culture differenti, avremo grandi chance di innovare, per il semplice fatto che ci saranno tantissime idee originali da cogliere”.
L’impatto delle intersezioni sulle possibilità raggiunge poi il massimo picco se le contaminazioni avvengono a livello delle soglie del caos di campi diversi (non dunque sulle parti “statiche” dei sistemi né, ovviamente, sulle parti caotiche).
Così, unendo il precedente punto (complessità e soglia del caos) a questo (intersezioni), si ottiene quello che ho definito (cfr. Management by Magic) “Magic Point”: intersezione di soglie del caos di campi diversi.
3. Pensiero creativo
Questo, al pari dei due precedenti punti, è in realtà un tema ampissimo.
Tutti i fattori in grado di agire sul processo creativo non fanno altro che incidere positivamente sulla dimensione delle Possibilità (in Management by Magic raccolgo questi fattori in 13 macro-categorie, denominate “le tredici carte del Grande Slam della Creatività”).
Sul ruolo del pensiero creativo interessanti parallelismi possono essere fatti tra vari autori. In questo breve spazio possiamo ad esempio muovere da Otto Scharmer, quando sottolinea l’importanza di “facilitare il processo di apertura” per arrivare a Richard Normann: anch’egli parla di “apertura”; più precisamente Normann parla di un ‘processo di apertura-chiusura’ costituito da tre momenti in sequenza:
1- cosa siamo
2- cosa potremmo essere
3- cosa dovremmo essere.
La “fase centrale” (cosa potremmo essere) è un momento di apertura, in cui è necessario ampliare al massimo le opportunità per cogliere tutte le possibilità. Tanto più siamo in grado di “aprire” questa fase, tanto maggiore sarà la nostra capacità di cogliere tutte le possibilità.
Ci troviamo cioè in una fase di problem setting, in cui tutti gli elementi considerati in questo articolo forniscono il loro contributo (complessità, intersezioni, “essere” leader, oltre naturalmente gli specifici aspetti considerati dallo stesso Normann nel suo Modello).
A questa fase centrale deve poi seguire un momento di “chiusura” verso una delle possibilità emerse nello step precedente: è il terzo passo, dal cosa potremmo essere al cosa dovremmo essere. Anche qui si hanno specifici strumenti e approcci, non considerabili però in questo articolo.
4. Essere Leader - Presencing
Per accedere in modo pieno alla dimensione delle Possibilità occorre però considerare un altro, decisivo “fattore”, un fattore magistralmente sviluppato da Otto Scharmer nella sua Theory U: “La leadership di successo dipende dalla qualità di attenzione e di intenzione che il leader porta ad ogni situazione”. Da qui discende il concetto di “Presencing”, “neologismo formato dalle parole inglese ‘presence’ (presenza) e ‘sensing’ (sentire, percepire)”.
Questo stato di elevata e profonda consapevolezza si raggiunge percorrendo i cinque passi previsti dalla Theory U (co-iniziare, co-costruire, co-presencing-co-creare, co-evolvere). Alla loro base, come detto poco sopra, c’è il modo con cui noi prestiamo attenzione ad una situazione, sia individualmente che collettivamente. In particolare ciò può essere fatto a quattro, distinti livelli di ascolto:
- Ascolto 1 - “riprendere”:
è il vedere la situazione con gli occhi di sempre. “Io in me”. Si riconferma semplicemente solo ciò che già si sapeva.
- Ascolto 2 - “fattivo”:
ci si focalizza su ciò che è diverso rispetto a quello che già si conosce. “Io in ciò”. Si scopre quello che è nuovo. Mente aperta
- Ascolto 3 - “empatico”:
Si entra in sintonia profonda con l’altro e si sente profondamente cosa prova l’altro. Si vede con gli occhi dell’altro; conseguente reindirizzamento della prospettiva. “Io in te”. Ciò si realizza con il cuore aperto.
- Ascolto 4 - “generativo”:
Questo ascolto riesce a collegarci ad “un regno emergente ancora più profondo”, ed è quello che Scharmer chiama “ascoltare dallo spazio emergente delle future possibilità”: esattamente quello che cercavamo!: il quarto fattore! Volontà aperta. Ascoltiamo ancora Scharmer: “… la nostra capacità di connetterci alle più elevate possibilità future che possono emergere. Non cerchiamo più qualcosa fuori (ascolto 2. NdR). Non entriamo più in empatia con qualcuno di fronte a noi (ascolto 3. NdR). Siamo in uno stato alterato. ‘Comunione’ o ‘grazia’ è forse la parola che viene più vicina alla natura di questa esperienza. … Vi rendete conto che entro la fine della conversazione non siete più la stessa persona che eravate quando cominciò. Avete vissuto un cambiamento sottile ma profondo, che vi ha collegato ad una fonte più profonda di conoscenza, tra cui la conoscenza delle vostre migliori possibilità, e del vostro migliore se, nel futuro”.
E tutto ciò può avvenire non solo a livello Individuale (pensiero), ma anche di Gruppo (conversazione), Istituzioni (strutturazione-organizzazione), Sistemi Globali (coordinamento).
Ma come arrivare a questo quarto Livello? Si, perché in realtà tutto ciò per Otto Scharmer costituisce solo la premessa. La sua Theory U indica il percorso da compiere per perseguirlo: cinque movimenti chiaramente codificati e approfonditi … ma che non si possono ripercorrere in questo articolo.
Riassumendo …
La fusione di questi quattro drivers costituisce la miscela ideale per suscitare le possibilità dal futuro.
Come è comprensibile e intuibile, si tratta di quattro fattori estremamente interconnessi. Alcune di queste interdipendenze sono state accennate in questo articolo (ad esempio, il magic point), ma i legami e le reciproche retroazioni positive sono pressoché infinite. Lo stesso Scharmer sottolinea come “il processo U risulta familiare alle persone che usano la creatività nel loro lavoro professionale”.
Nel prossimo incontro approfondiremo il tema “Essere Leader”, introdotto già in questo articolo grazie a Otto Scharmer. Ho il sospetto che resterete affascinati dal flusso di pensieri in cui ci inoltreremo.
Rino Panetti
Bibliografia essenziale:
“The Medici Effect”, Frans Johansson, Harvard Business School Press, 2004
“Theory U: Leading from the Future as It Emerges”, Otto Scharmer, 2007
“Prede o ragni”, Alberto F. De Toni e Luca Comello, Utet 2005
“Reframing Business. When the Map Changes the Landscape”, Richard Normann, John Wiley & Sons, 2001
“Management by Magic”, Rino Panetti, Florence Art Edizioni, 2011
“The Deming Dimension”, Henry R. Neave, SPC Press, 1990