Da questo articolo mi riprometto di dare avvio ad una serie di articoli/approfondimenti sulle relazioni e punti di contatto tra le principali teorie manageriali, esaminate avendo come sfondo comune la Complessità.
I principali temi del management, della leadership e del pensiero creativo verranno così analizzati approfondendo le contaminazioni tra i diversi Modelli, per arrivare ad un marcato accrescimento di Conoscenza.
Incontro 1:
Introduzione. Non c’è niente di peggio che fare bene le cose sbagliate!
In un precedente articolo (http://www.complexlab.it/Members/rpanetti/articoli/l2019esperienza-e-conoscenza-e-la-teoria-bagliori-e-provocazioni-tra-deming-khun-goethe-leonardo-...-joy-in-learning201d ) abbiamo scoperto l’importanza delle Teorie Manageriali per prendere decisioni e guidare le Organizzazioni.
Poggiare su una Teoria di riferimento vuol dire disporre di una chiave per interpretare la realtà e degli strumenti metodologici a supporto del processo decisionale.
I tre Stadi di conoscenza all’interno del campo del management
In effetti, possiamo individuare tre “Livelli” di “conoscenza” richiesti ad un uomo d’azienda (limitandoci alla conoscenza “all’interno del campo”):
1° Stadio: prodotto/servizio
2° Stadio: settore
3° Stadio: teorie manageriali
Tipicamente, i nostri piccoli e medi imprenditori (così come molti manager) possiedono una spiccata conoscenza nell’ambito dei primi due Stadi, mentre in molti casi sembrano ignorare il terzo Stadio.
Non c’è niente di peggio che fare bene … le cose sbagliate!
La forza della teoria manageriale risiede “nella capacità di fornire un contributo sia per sapere cosa è giusto fare, sia per sapere come fare bene le cose” (estratto dal Volume “Management by Magic”).
Possiamo così individuare una netta distinzione tra quei Modelli manageriali che chiamo “rassegna di best practices” rispetto ai “Modelli - Teorie Manageriali”.
Al primo gruppo appartengono modelli come le famigerate Iso 9001, che insegnano come fare bene le cose (ad esempio, come pianificare gli obiettivi: misurabili e articolati in fasi, responsabili, risorse, tempi, ecc.) ma che non forniscono alcun contributo sul come definire i giusti obiettivi!
Ancora da Management by Magic:
“Siamo in sostanza su due dimensioni diverse che, se incrociate, danno luogo alle combinazioni sintetizzate nel diagramma seguente:
FARE LE COSE GIUSTE | (3) Modelli “Teorie Manageriali” (applicati però non correttamente) |
(4) Modelli “Teorie Manageriali” |
---|---|---|
FARE LE COSE BENE |
(2) Modelli “Rassegna di best practices” |
|
|
FARE LE COSE MALE | FARE LE COSE BENE |
Non trascuriamo poi il seguente aspetto:
il Terzo Stadio di conoscenza profonda al’interno di un campo (“teorie manageriali”) è in grado di influenzare e migliorare – a volte in modo determinante – anche le scelte operate sui primi due stadi di conoscenza (“prodotto/servizio” e “settore”). Ad esempio, consideriamo il Modello noto come “Strategia Oceano Blu”: si tratta di una Teoria Manageriale (3° Stadio) che porta inevitabilmente a stravolgere i concetti di prodotto/servizio fornito dall'azienda (1° Stadio) e di settore nel quale essa opera (2° Stadio).
Teorie manageriali in intersezione nella complessità : obiettivi dello studio
Dalla nascita dell’era industriale si è posto il problema di come gestire/guidare al meglio le Organizzazioni, domanda alla quale cercano di rispondere le teorie manageriali.
Le Teorie Manageriali si sono così via via evolute per cercare di adattarsi e rispondere sempre meglio alle mutevoli condizioni in cui le Organizzazioni operano e arrivando a considerare tutti i fattori (interni e esterni) in grado di influenzarne il funzionamento. Pensiamo, ad esempio, alle differenze tra il taylorismo di inizio ‘900 rispetto alle più moderne teorie manageriali basate sulla complessità, alla Teoria U di Otto Scharmer, e via dicendo.
Oggi convivono teorie manageriali diverse, spesso con focus differenti e talvolta in contrasto (più o meno accentuato) tra loro.
Pensiamo ad esempio alle attività produttive (o di erogazione dei servizi) di un’Organizzazione: possiamo trovarvi teorie manageriali come Lean Thinking, Six Sigma, Teoria dei Vincoli, ecc. (se pur la maggior parte di esse abbiano in effetti “visuali” e un “respiro” ben più ampi rispetto alla mera produzione).
Un aspetto centrale, che costituirà un punto di riferimento chiave nel nostro percorso di analisi, è che in ogni caso le teorie manageriali più interessanti trovano oggi un fattore comune nei temi connessi alla complessità.
E’ possibile pertanto approfondire queste Teorie e Modelli in un modo particolare e estremamente utile: studiarli in intersezione sulle rispettive soglie del caos: è quello che nel Modello Management by Magic è noto come “Magic Point”, ossia intersezione di soglie del caos di campi diversi.
Nello specifico caso, l’intersezione che studieremo è tra le più interessanti Teorie Manageriali.
L’obiettivo è derivarne un accrescimento decisivo nella Conoscenza.
Vedremo così come mettere a fattor comune i contributi al management, alla leadership e al pensiero creativo forniti da autentici guru quali Richard Normann, Frans Johansson, Peter Senge, Otto Schamer, Deming, Goldratt, Hamel, Chan Kim Renée Mauborgne, De Bono, Hubert Jaoui, Drucker, James P. Womack e Daniel T. Jones e tanti altri.
Dal prossimo incontro toccheremo pertanto singoli temi per analizzarli in modo integrato sulla base della logica sopra descritta.
Buon viaggio!
Rino Panetti