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Orientamento professionale: spunti di riflessione dal career counseling

Ritrovare e sviluppare benessere e motivazione professionale: Laura Torretta, esperta di career counseling a Milano, ci guida in questo percorso

Happiness for Business

 

INDICE DEGLI ARGOMENTI

 

ORIENTAMENTO PROFESSIONALE: EMPLOYABILITY E RE-EMPLOYABILITY, IL VALORE DELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE


Negli ultimi anni, con le crisi dei mercati sempre più incalzanti e il passaggio a organismi aziendali sempre più liquidi, si è iniziato a chiamare le risorse  umane ‘collaboratori’, li si è visti non più dall’alto ma da pari, si è chiesto che prendessero responsabilità e divenissero ‘entrepreneur’ del loro lavoro. Questo passaggio meramente formale, però, deve fare i conti oggi con automatismi ed abitudini comportamentali che hanno “controllato” e talvolta “inibito” la proattività. 

Orientamento professionaleLe Direzioni HR hanno un ruolo fondamentale nel rilancio strategico del sistema organizzativo, possono cavalcare le nuove opportunità di sviluppo delle competenze richieste dalla digital disruption, dalla sales trasformation, dallo smart working,  dalla social leadership;  possono dare l’esempio al CEO e al leadership team e a tutta l’organizzazione, rendendosi visibili e protagonisti dell’innovazione ritornando al centro a guidare lo sviluppo del sistema. Non si può chiedere agli altri di fare o essere quello che non si fa o si è! 

Lavorare significa oggi reinventarsi. L’azienda è chiamata a offrire spazi, a presentare in modo chiaro e trasparente aree, opportunità, vincoli ma sta a ogni donna e a ogni uomo farsi carico del proprio percorso. E’ responsabilità di chi si occupa di sviluppo del personale offrire sostegno, ma anche aiutare le persone ad apprendere come sostenersi da sole, garantire uno spazio costruttivo di libertà e fiducia in cui le persone mostrano di saper fare quello che non hanno mai fatto e che non sapevano di saper fare. 

Apprezzo alcuni passi in aziende che si distinguono per il people development ma c’è ancora molto da fare in molti settori e territori a partire dalle PMI, tessuto sociale del nostro paese,  verso l’adozione di nuovi percorsi tras-formativi per migliorare le performance attuali (employability) e per agevolare un futuro ri-orientamento professionale  e ri-collocazione (re-employability). 

 

L’AUTOBIOGRAFIA PROFESSIONALE: LA NARRAZIONE DEL CURRICULUM VITAE

Il lavoro come ben sappiamo sta cambiando rapidamente, da tutte le parti arrivano ricerche e verifiche sulle competenze che non sono mai abbastanza,  ogni giorno ci troviamo ad affrontare nuove sfide. Questo da un lato per alcuni è stimolante, fa sentire vivi e importanti,  dall'altro a volte  fa  sentire  confusi,  inadeguati, spesso affaticati dalla necessità di rimettere sempre tutto in gioco. In questo contesto la scrittura del CV, il passaporto di chi un lavoro ce l’ha ma vorrebbe cambiarlo e di chi non ce l’ha e ne è in cerca, diventa spesso una sfida difficile da affrontare. 

Narrazione del curriculum vitaeÈ bene leggere le due parole insieme perché il solo termine ‘curriculum’ rischia di chiuderci in uno spazio razionale e scrivere un elenco riepilogativo dove il principale problema è il formato e il font da usare! 

Invito tutti ad attivare inizialmente tutte le più profonde emozioni, lo dice la parola composta “curriculum vitae” ma spesso, troppo spesso, il curriculum giace “morto” e “abbandonato” in qualche cassetto o archivio elettronico. Lo ri-esumiamo, se mai lo abbiamo fatto,  solo quando è tardi, spesso troppo tardi e non siamo pronti a cogliere il cambiamento. La fretta e la re-azione non aiutano, ci spaventano e disorientano, allora corriamo ma la mente non ci aiuta a recuperare tutte le nostre esperienze e diventa una trappola,  fa affiorare solo ostacoli e limiti. 

La scrittura è un eccezionale strumento di cambiamento, la potenza della narrazione del curriculum vitae fa rivivere i ricordi che spesso la memoria offusca. Per esprimere tutta la sua potenzialità è importante vivere questi momenti in apertura, sospendendo il giudizio: è un allenamento che ci permette di riflettere e apprendere, ci serve per chiudere i cicli per radicarci e ristrutturare il passato.  Possiamo osservare le crisi associate alle soluzioni trovate, dà un senso dinamico  al percorso, ci aiuta a collegare punti apparentemente isolati,  riformula la nostra trama professionale alla luce di nuovi elementi per riprogettare le direzioni future. 

Vorrei  stimolare in ciascun lettore un’analisi di coscienza su questo tema e di assunzione di responsabilità per il proprio destino professionale.  È  giusto darci il permesso di dare vita e creatività al nostro copione lavorativo al trascorrere del tempo, usiamo questa occasione per celebrare, senza giudizio, ogni singola esperienza hic et nunc. Il nostro  CV è  un organismo  di cui avere cura costante,  nasce e si sviluppa con noi, è unico perché  fotografa la nostra evoluzione e  rappresenta i nostri sogni, la nostra storia professionale e i  progetti che ancora vogliamo realizzare. 

Il CV cambia perché noi cambiamo. Con questa scrittura possiamo vedere le nostre qualità in ogni nuova esperienza,  possiamo  raccontare con creatività le nostre risorse, oggi sicuramente maggiori di ieri. 

Con questa autobiografia ci mettiamo al centro della scena, aggiorniamo motivazione e  identità professionale, ci scopriamo più attenti a  perseguire i nostri obiettivi e arricchiti di nuova forza ed energia vitale. Narrare il proprio curriculum vitae permette di darsi merito senza aspettarlo da altri, ci fa acquisire maggiore consapevolezza sul nostro valore professionale, ci fa essere sempre pronti ad attivare scelte autonome con  chiarezza su cosa vogliamo fare e su come vogliamo essere. Lo scrivere il Currriculum Vitae può diventare un formidabile procedimento di auto-osservazione per sviluppare consapevolezza e tras-formazione personale. 

 

BENESSERE PROFESSIONALE: TROVARE LA MOTIVAZIONE AL LAVORO E AMARSI DI PIÙ. SPUNTI DI RIFLESSIONE DAL CAREER COUNSELOR

Il benessere professionale spesso viene dato per scontato o ci si aspetta che se ne pre-occupi l’azienda che fornirà strumenti pre-confezionati. Perché non prendersene cura direttamente e attivamente per migliorare la qualità di vita globale? Cosa si può fare?

È importante mantenere alta la motivazione professionale al trascorrere del tempo e mantenersi aperti a cogliere le nuove prospettive che il contesto può offrire.

Da dove partire? E come fare? 

Partiamo da una domanda apparentemente semplice ma in realtà per niente scontata: so veramente cosa mi motiva e mi fa stare bene al lavoro e nel lavoro?

Avere un chiaro progetto professionale che mantenga alta e vitale la motivazione e soddisfazione nel lavoro non è così ricorrente, ma non è mai troppo tardi per riprendersi in mano la propria motivazione. 

Certo è che se non chiariamo a noi stessi questo spazio staremo fermi immobili spesso arrabbiati o impauriti, sicuramente infelici, non riusciremo a vedere nessuna nuova direzione professionale, sopravvivremo passivamente senza alimentare nuovi stimoli di crescita e apprendimento, non coglieremo nuove possibili prospettive che il contesto dove siamo o nuovi contesti possono offrirci.  

Sono molte le aree che spingono le persone a sviluppare la propria motivazione al lavoro, vi propongo quelle per me più ricorrenti, sperimentate nella mia attività di career counselor e ritrovate in autorevole bibliografia: sentire di appartenere ad una azienda o ad un gruppo, ricevere rispetto e stima, essere apprezzati e avere riconoscimenti, insegnare agli altri trasferendo conoscenze, sentirsi competente e esperto in materia, realizzare se stessi e assumere sfide in base alle proprie potenzialità, esprimere appieno la propria autonomia e creatività, proporre le proprie idee utili all’azienda, risolvere  problemi  trovando la giusta soluzione, collaborare in gruppo e aiutare gli altri, assumere rischi accettando la riuscita ma anche il fallimento.

Career counselor Milano

Solo noi con grande cura e attenzione per il nostro destino lavorativo possiamo radicare la nostra più profonda motivazione professionale e far accadere con passione ed entusiasmo le cose. 

Certamente dopo che abbiamo compreso cosa ci motiva oggi in ambito lavorativo è importante agire un nuovo comportamento per ri-trovare benessere. Si tratta quasi sempre di riconfigurare e migliorare “senza giudicare”, in modo  curioso e creativo  le relazioni e la comunicazione al lavoro, con noi stessi e con la nostra identità professionale, con l’azienda, con i capi, con i colleghi, con i collaboratori. E’ altrettanto importante comprendere cosa ci ha limitato finora e rimuovere gli ostacoli, vedere e ri-mettere in gioco il nostro potenziale. Farsi avanti e ingaggiarsi, darsi merito, adottare un atteggiamento flessibile e innovativo verso nuove esperienze di apprendimento vitale. Il passo successivo riguarda la valorizzazione della propria impiegabilità, confermando e aggiornando le proprie competenze, cosa sappiamo e cosa sappiamo fare, come siamo e come vogliamo diventare. 

In questi passaggi ri-generativi occorre: chiudere emotivamente i cicli aperti, accettare le perdite che questa fine comporta, capitalizzare gli aspetti del passato da conservare, operare scelte con autonomia e responsabilità, modificare il presente e riprogettare le possibilità future. 

Credo che per trovare il coraggio di “stare bene” ed esplorare nuove strade, per goderci la gioia del presente apprezzando anche singoli attimi di  felicità quotidiana  dovremmo  recuperare  la spontaneità e genuinità del puer degli antichi latini e sviluppare maggiore amore per se stessi al fine di ritrovare e preservare il nostro benessere professionale.


SOCIAL LEADERSHIP: QUALI SONO I VALORI 2.0? COSA SIGNIFICA ESSERE LEADER. LE POTENZIALITÀ DI DONNE E MILLENNIALS

I sistemi aziendali sono per la maggior parte in una condizione di crisi, che è frutto anche della produzione di  leader ‘tradizionali’ che hanno diretto senza ascoltare e vedere chi avevano intorno, solamente azionando comando e controllo, accentrando il potere dell’informazione, pensando di rappresentare un’elite pre-destinata. 

Social leadershipDa qualche anno siamo entrati in quella che si può definire era della digital trans-formation, ecco allora fiorire una serie di nuovi paradigmi sugli stili di leadership più consoni alle organizzazioni liquide e virtualmente connesse. Abbiamo la leadership 2.0, quella umanistica, quella open e social, ovvero la social leadership

Sicuramente una capacità che ha delle caratteristiche ricorrenti, come ci dice ad esempio Charlene Li nel suo libro ‘How social technology can transform how you lead!’.  L’autrice  prospetta: lo sviluppo di  relazioni autentiche e trasparenti, la decisione della strategia sulla base di una visione comune, l’uso delle reti per diffondere la vision,  la fiducia che il potenziale sia in ognuno, l’ingaggio di ogni livello di influencer e decision maker dentro e fuori l’azienda, la diffusione dello scambio dell’informazione,  la codifica di regole scritte  da rispettare e far rispettare. 

Azzardo una riflessione, trovo questi aspetti intimamente collegati ai valori che da molto tempo vedo attribuiti al genere femminile. Le donne sanno cambiare prospettiva e raccogliere differenti punti di vista, non usano la forza e l’arroganza, non devono arrivare per forza prime e superare qualcuno,  usano la meritocrazia per premiare il valore,  sono empatiche e hanno una intelligenza emotiva molto sviluppata, sono per natura inclusive, investono tempo a spiegare e aiutare gli altri, tendono a lavorare in team e a favorire le relazioni,  la miglior decisione non è la loro ma quella che è libera espressione del gruppo, ricercano una partecipazione più democratica, aspirano a creare e diffondere benessere. Allo stesso tempo osservo i giovani e trovo questi aspetti  “embedded” nei geni dei nuovi millennials; una generazione globale che mantiene la passione per quello che è locale, hanno una chiara necessità di esprimere con trasparenza i loro bisogni, sono curiosi vogliono imparare in real time cose nuove, esprimono immediatezza e desiderio di co-generare con gli altri, mettono la collettività prima del singolo, riscoprono i valori tradizionali. 

Allora rifletto sul fatto che le categorie oggi più emarginate per genere e per età anagrafica avrebbero le potenzialità per far ripartire il nuovo mondo economico ma sono spesso emarginate dal sistema. Potrebbero riattivare entusiasmo e passione, connettere  le energie disperse, accogliere con originalità la diversità come portatore di ricchezza. Allora mi auguro che ci sia la volontà e lo spazio per tutti  per ritrovare  dentro di sé la social leadership, contaminarci virtuosamente per lo sviluppo della “social organization”, un sistema che valorizza le risorse nascoste, un luogo dove si crea e si diffonde la conoscenza e la serendipity attraverso le reti informali, un ecosistema al servizio dell’efficacia dei processi e dell’empowerment delle persone. Diamo l’esempio tutti insieme affinché produttività e benessere possano finalmente co-evolvere! 

 

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