Facility management e finanza immobiliare
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Un affare nel quale si guadagna solo danaro non è un affare
Henry Ford.
Cosa ha sempre contraddistinto nel più profondo la cultura finanziaria da quella immobiliare? Semplice: la volatilità, ossia il rischio.
La volatilità è l’anima della finanza, e senza la volatilità la finanza non esiste. La finanza si occupa essenzialmente di valutare la volatilità, ossia il rischio connesso a un investimento, al fine di scientemente comprare e vendere rischio – soltanto rischio, null’altro che rischio.
La volatilità è, invece, il veleno del mondo immobiliare, e contro la volatilità l’immobiliare prospera proprio per arginarla e per stigmatizzarla.. L’immobiliare è il rifugio per eccellenza per chi rifugge dal rischio.
Vari tentativi di “finanziarizzare” l’immobiliare sono stati dei flop (vedi i fondi immobiliari), delle delusioni (vedi le recenti italiche SIIQ o americane REITs) o persino dei disastri (vedi i CDO – Collateralized Debt Obligations, ossia quelle tossiche cartolarizzazioni di decine di migliaia di mutui americani “teoricamente sostenute” dalla fallace “Correlazione d’Insolvenza” di David Li….!).
Una misura del prossimo disastro (metà 2010 – inizio 2011), innescato dalla precedente incompetente e criminale finanziarizzazione dell’immobiliare, si evince dal grafico che segue (successive ondate di rinegoziazione di diversi mutui americani con volumi impressionanti a partire dalla ondata di mutui subprime del 2007-2008):
N.B.: i mutui “Alt-A” e “Option AR” hanno una affidabilità (scarsa…) quanto gli ormai estinti mutui “Subprime”, con la micidiale differenza di essere in rinegoziazione oggigiorno con prezzi immobiliari americani inferiori del 40-60% rispetto al periodo della rinegoziazione dei Subprime…!
Sono dell’idea che la causa di questi insuccessi sia l’aver cercato una “matrimonio” tra due culture molto diverse tra loro (quella finanziaria e quella immobiliare) che hanno trovato una illusoria intesa nella riduzione della volatilità mediante il semplicistico stratagemma della diversificazione (mediando i valori e i rischi tra numerosi beni).
Ma… come ben sa chi ha imparato qualcosa sulla teoria della complessità applicata alla finanza (magari… grazie al mio corso online su: http://www.pfacademy.it/corso.php?idCo=82 …?!), le medie non sono affidabili e i casi eccezionali (i famosi “cigni neri”) sono molto meno eccezionali di quanto si è stati educati a pensare.
Nessuno ha finora osato effettuare il vero salto di qualità, reso arduo da un “giurassico” impianto giuridico-fiscale italiano, che consiste nel:
- focalizzare l’investimento su uno specifico business case immobile e non su un “fondo” di immobili…
- permettere l’acquisto di una “quota verticale” di un business case immobiliare anziché semplicemente di una “quota orizzontale”, ossia l’acquisto di un diritto a una determinata percentuale degli utili anziché di un semplice alloggio o ufficio;
- facilitare la negoziabilità di tale diritto sugli utili, con la creazione, diffusione e intermediazione di innovativi strumenti finanziari per l’immobiliare: i Brick Shares ™ (le Azioni “del Mattone”).
Bene, ma cosa c’entrano il Facility Management e il Property Management con questo possibile nuovo strumento finanziario ?
Semplice: riassumendo le caratteristiche dei Brick Shares ™ , vediamo gli atteggiamenti di un tipico investitore finanziario (amico della volatilità) e di un tipico investitore immobiliare (avverso alla volatilità).
I Brick Shares sono basati su ottimi business cases immobiliari, sfruttando i primi decisi segnali di ribasso del mercato (e confidando di avere ancora migliori occasioni nei prossimi mesi!).
La loro struttura relazionale è l’innovativo One-to-Many ‘verticale’, laddove per
- One-to-One, si intende un rapporto definito da un singolo imprenditore e un singolo investitore;
- One-to-Many ‘orizzontale’, si intende un rapporto definito da un imprenditore e molti investitori, che acquisiscono ‘fette orizzontali’ del progetto immobiliare, quindi appartamenti, box, o altro rigidamente definito;
- One-to-Many ‘verticale’, quando invece le ‘fette’ sono appunto ‘verticali’, ossia quote flessibili del progetto e dei suoi utili. Questa è la tipica struttura delle Società per Azioni nei più maturi mercati finanziari mobiliari.
In pratica, i Brick Shares funzionano così:
- Ad ogni progetto/idea imprenditoriale immobiliare, l'imprenditore presenta i dettagli del progetto, delle sue prospettive, delle proprie esperienze e realizzazioni, del Business Plan, e chiede ‘al mercato’ un finanziamento;
- Il finanziamento da piccoli-medi investitori (minimo 50.000 €) rende questi ‘partecipi’ degli utili del progetto, con l’unica garanzia dell'immobile stesso, senza altre garanzie o impegni di rimborso. Si tratta quindi di capitale di rischio, ma con garanzie concrete nell’immobile stesso.
Per l'investitore, i vantaggi sono:
- diritto di partecipazione agli utili;
- possibilità di investire qualsiasi cifra (purché almeno 50.000€) e acquisire quindi una ‘fetta’ a piacere del business;
- evitare investimenti immobiliari con atti notarili, iscrizioni al catasto, ICI, tasse rifiuti, ecc...;
- soprattutto, la negoziabilità della partecipazione agli utili con semplice cessione del contratto a un nuovo investitore, attraverso intermediari designati (ai quali andrà una commissione dal 1 al 4% del valore, a seconda dei casi). Questa è la grande differenza rispetto ai rigidi e farraginosi Fondi Comuni Immobiliari e alle SIIQ (Società di Investimento Immobiliari Quotate);
- tutto ciò con la semplice e pratica sottoscrizione di un contratto che comporta, soltanto per il gruppo dei Primi Sottoscrittori, una imposta di registrazione del 3%, imposta che non si applica più per i sottoscrittori successivi.
Per l'imprenditore o il proprietario privato, i vantaggi sono:
- possibilità di condividere un business plan di valorizzazione di terreni o immobili con piccoli-medi investitori interessati all’idea imprenditoriale, e non alla proprietà o alla gestione dell’immobile;
- un basso costo del finanziamento, sul modello delle ‘società per azioni’;
- piena autonomia gestionale del progetto, non essendo gli investitori dei ‘soci’ nel progetto, bensì ‘partecipi degli utili’ con diritti di rendicontazione.
Ebbene, vediamo infine i diversi atteggiamenti dei nostri investitori:
- l’investitore finanziario ha un nuovo strumento per investire in uno specifico business case immobiliare di sua fiducia, eventualmente rivendibile con opportunità di capital gain, oppure di rendita;
- l’investitore immobiliare, pur affrontando un rischio di capitale, vede con serenità una garanzia sottostante di natura immobiliare e/o fondiaria che gli prospetta un buon rendimento in tempi medio-brevi (12-18 mesi) e con bassa volatilità.
MORALE: Il Progetto di connubio tra Finanza e Immobiliare (senza la semplicistica soluzione di una inefficace diversificazione degli investimenti immobiliari!) è quindi possibile, come sostiene anche l’autorevole prof. Oliviero Tronconi (per lineare il suo interessante articolo clicca qui ), grazie sia a nuovi strumenti finanziari sia alla collaborazione tra Property Management, Facility Management e Finanza Immobiliare .
Come….? Perché…? Cosa manca ai Brick Shares per decollare in Italia…? Le risposte nel prossimo articolo (“Parte 2”)!
Per ulteriori informazioni e chiarimenti: nicola.antonucci@libero.it
Ad maiorem!
Nicola Antonucci