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Organizzazioni e modelli biologici

In qualsiasi organizzazione non vi è mai una corrispondenza esatta fra ruoli previsti nella struttura e persone adatte a ricoprirli, questa circostanza porta a concludere che mai l’organizzazione sarà quella esattamente prevista ne consegue che a strutture organizzative uguali corrispondono diversi funzionamenti.

Dinamiche strutturali organizzative secondo il modello biologico dell’accrescimento

[ pubblicato sulla rivista giuridica on-line Altalex ]

In qualsiasi organizzazione non vi è mai una corrispondenza esatta fra ruoli previsti nella struttura e persone adatte a ricoprirli, questa circostanza porta a concludere che mai l’organizzazione sarà quella esattamente prevista ne consegue che a strutture organizzative uguali corrispondono diversi funzionamenti.

Viene meno qualsiasi aspetto progettuale ingegneristico, in quanto la struttura non sarà solo un progetto bensì il risultato fra l’intreccio del progetto e l’appreso educativo, fra l’innato e l’ambiente in cui opera.

Le caratteristiche di una struttura quindi solo in percentuale possono essere attribuite ad un progetto, si che la misurabilità fra strutture organizzativamente uguali può avvenire esclusivamente come differenze medie.

La funzione di una struttura non è quella di attrarre talenti già pronti  quanto di offrire opportunità, creare ambienti in cui il soggetto possa crescere sviluppando le caratteristiche richieste, dobbiamo considerare che siamo nati più che altro per imparare (Gary Marcus). Il nostro cervello notevolmente complesso non è programmato all’immutabile bensì predisposto alla flessibilità, pertanto alla modificabilità cognitiva.

 

Noam Chomsky distingue fra “competenza”, quale abilità a fare qualcosa, ed “esecuzione” in cui intervengono gli ostacoli pratici alla effettiva esecuzione, l’abilità si acquisisce prevalentemente attraverso l’imitazione e l’esercitazione, le stesse mediante le quali si trasmette la cultura.

 

Come il singolo nell’analizzare l’ambiente deve ricordare i risultati delle analisi anche l’organizzazione è depositaria di una propria memoria di analisi, dobbiamo considerare che ogni organizzazione è fornita di una propria capacità di apprendimento in cui vi sono due fasi di sviluppo: una precoce nella quale l’organizzazione si imbastisce con le esperienze innate proprie dei suoi membri ed una fase successiva in cui vi è una ricalibrazione derivante dall’esperienza propria del contesto in cui agisce.

In questo contesto il singolo ancor più se giovane, calato nell’organizzazione viene da questa modificato fino a far proprie determinati comportamenti esterni con una notevole plasticità, in quanto il non adattarsi provoca sofferenza.

Questo oscillare tra pre-programmare e ri-programmare pone in evidenza l’influenza che sul destino del singolo determina il sistema delle relazioni che si creano e delle informazioni che vengono veicolate.

 

Le strutture organizzative non solo si auto-organizzano inizialmente, ma si ricalibrano giorno per giorno e questo anche nel sistema giuridico, qualsiasi struttura procede nella sua auto-organizzazione progressivamente ad incastro mediante “approssimazioni successive” dette dai biologi “epigenesi”, tuttavia la mancanza di un elemento nella serie completa determina l’inefficienza strutturale, come nell’ipotesi della mancanza di una norma attuatrice.

Ogni organizzazione è diversa da un’altra strutturata in  termini similari non tanto per i canali di comunicazione o gli organigrammi, quanto per il momento e il modo in cui i canali e i singoli elementi della struttura vengono attivati.

Occorre considerare non solo quando si attivano ma anche dove si attivano e quali, si che il modo iniziale in cui viene attivato un elemento di una struttura complessa porta a modificare il funzionamento dell’intera organizzazione con una procedura a cascata, il tutto può nascere da una serie di elementi del tutto semplici che rapportandosi fra loro con le istruzioni di quando, dove, quali conducono a costruzioni di una enorme complessità.

 

In biologia vi è una ridondanza cellulare iniziale che porta successivamente ad una selezione nella costruzione della struttura mediante una morte cellulare programmata per le parti non integrate nei sistemi maggiori, questo comporta una probabile ottimizzazione del livello di flessibilità e robustezza strutturale a costi minori rispetto ad una completa ricostruzione; il processo risulta sensibile agli input provenienti dal contesto esterno in termini di adattamento.

Oltre alla normale migrazione da una struttura all’altra dell’organizzazione, alla differenziazione di funzioni e divisioni strutturali, vi deve essere una fine programmata o programmabile di ciascun componente della stessa come in scala maggiore della stessa struttura, la quale se ben si osserva non è mai la stessa anche se il contenitore è identico.

Questa crescita strutturale è guidata da segnali comunicativi che perdono tuttavia forza allontanandosi dalla sorgente con una intensità gradiente.

 

Cambiando posizione agli elementi della struttura si ottiene un destino diverso dell’organizzazione, come del resto nell’ordinamento giuridico spostando il collocamento della stessa norma si ottengono conseguenze diverse, il tutto non è  che il risultato di una complessa combinazione di segnali sovrapposti.

La crescita progressiva di una struttura mediante il sovrapporsi tra esperienze innate dei singoli componenti interagenti tra loro e il succedersi dei segnali esterni porta al successo organizzativo, più è irruente la crescita maggiore sarà la crisi riprogrammatoria dagli esiti più imprevedibili.

Occorre considerare che vi sono due tipi di esperienze quella classica esterna, su cui teoricamente di solito ci si concentra, ma vi è anche quella generata internamente, ancor prima di avere un contatto con l’ambiente esterno, questo comporta un aumento notevole delle problematiche gestionali connesse alla rilevanza della memoria strutturale e alla cultura aziendale che essa darà vita.

 

Abbiamo detto che l’aumento della complessità strutturale accresce l’importanza della comunicazione al fine di ottenere una organizzazione agile ed efficiente, deve peraltro sottolinearsi l’importanza non solo del contenuto della comunicazione ma anche della giusta direzione dell’informazione stessa.

Se l’informazione è fondamentale questa può non essere inizialmente veritiera, oppure girata secondo interpretazioni di parte o più semplicemente deformata per incapacità di ricezione, tuttavia è la stessa tipologia del linguaggio che influenza in parte i pensieri “inquadrando” il contenuto delle idee ed incidendo sulle tipologie del ricordo.

Le differenze organizzative non sono date dalla creazione di nuovi sistemi quanto dalla modifica dello schieramento di sottosistemi già esistenti, ossia dalla variazione dei canali di comunicazione secondo nuove combinazioni, inoltre si deve considerare che normalmente ciascun modulo funge per più sottosistemi, ne deriva che i disservizi che vengono a colpire il modulo non si propagano ad un solo sottosistema ma vengono ad investire una pluralità di sottosistemi modificando di fatto più o meno gravemente il funzionamento dell’intera struttura.

 

Le organizzazioni che possiedono strutture in termini relativi prosperano più facilmente in quanto la flessibilità che accompagna la complessità è garanzia di qualità, queste non solo si auto-organizzano ma si riorganizzano guidate dall’esperienza sempre secondo meccanismi di ridondanza selettiva, la flessibilità a lungo mantenuta permette di supplire a mancanze o devianze manifestatesi in strutture contermini.

 

In questa complessità e flessibilità occorre una economia dell’informazione, con un riutilizzo della stessa in proporzioni diverse; la compressione dell’informazione può causare una parziale perdita del messaggio ma questo è lo scotto da pagare per mantenere una soddisfacente velocità della comunicazione al fine di non compromettere una coerente capacità di adattamento.

 

In questa dicotomia  tra elemento strutturale ed ambiente, nella quale la prima pone opzioni di scelta mentre la seconda influenza le scelte da operare vi è una crescita a cascata, in cui manca un progetto circostanziato ma vi è solo uno schema generale in cui  intervengono sistemi complessi di ricette autoregolatrici.

La stessa selezione delle norme avviene su segnale ambientale in base al suo collocamento spaziale ed è fornita di un proprio range interpretativo entro cui interviene l’individualità biologica del singolo.

 

Glimcher sostiene che in un mondo dominato dall’incertezza non vi possono essere che comportamenti causali per la medesima situazione, ma questo lungi dall’essere penalizzante diventa evolutivamente premiante aumentando le possibilità di risposta e quindi di adattamento; molti comportamenti infatti non sono che il prodotto di sotto-sistemi multipli circostanza idonea a mantenere una molteplicità di risposta alla variabilità ambientale interna ed esterna.

 

Bibliografia

 

  • N. Antonucci, Cos'è la complessità… semplicemente?,
  • P. Glimcher, The neurobiology of visual saccadic decision making, in “Annual Review of Neuroscience”, vol. 26, 113-179, 2003;
  • N. A. Chomsky, Riflessioni sul linguaggio, a cura di Sergio Scalise, Einaudi 1981;
  • A. R. Damasio, L’errore di Cartesio. Emozioni, ragione e cervello umano, Adelphi, 1995;
  • T. W. Deacon, La specie simbolica: coevoluzione di linguaggio e cervello, a cura di Silvio Ferraresi, Giovanni Fioriti Editore, 2001;
  • M. Gary, La nascita della mente. Come un piccolo numero di geni crea la complessità del pensiero umano, Codice Edizioni, 2004.
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Sergio Sabetta

Sergio Sabetta

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