bollino ceralaccato

Sulle difficoltà per il modello C. S. R.

Si parla ormai da più parti di una certa stanchezza sul modello del C. S. R. ( Corporate Social Responsibility ) in quanto progressivamente trasformato in retorica e burocrazia, in altre parole si delega ad un Ufficio o Servizio il compito di seguirne l’attuazione limitandola agli stakeholder esterni. Si propone pertanto, al fine di rivitalizzarla, il coinvolgimento degli stakeholder interni in modo da estenderne la funzione dalla semplice immagine favorevole dell’impresa, come vantaggio competitivo, ad una maggiore partecipazione e impegno dei dipendenti, questo tuttavia comporta la necessità di definire le varie tipologie di stakeholders.

 

Si parla ormai da più parti di una certa stanchezza sul modello del C. S. R. ( Corporate Social Responsibility ) in quanto progressivamente trasformato in retorica e burocrazia, in altre parole si delega ad un Ufficio o Servizio il compito di seguirne l’attuazione limitandola agli stakeholder esterni. Si propone pertanto, al fine di rivitalizzarla, il coinvolgimento degli stakeholder interni in modo da estenderne la funzione dalla semplice immagine favorevole dell’impresa, come vantaggio competitivo, ad una maggiore partecipazione e impegno dei dipendenti, questo tuttavia comporta la necessità di definire le varie tipologie di stakeholders. D'altronde la stessa Human Resource Accounting ( HRA ) introdotta tra gli anni ’60 e ’70 ha avuto un periodo di sostanziale disinteresse nei tre decenni successivi, per essere riscoperta in quest’ultimo decennio, quale metodologia atta a contabilizzare le risorse umane, nell’ambito della riscoperta degli asset immateriali dell’azienda. Nasce pertanto l’esigenza di definire una nuova classe dirigente che superi la semplice sua perpetuazione, per recuperare il piacere di innovare e creare nuove architetture sociali ( Rapporto 2008 della LUISS sulla classe dirigente) , se da più parti si vede solo la possibilità di un suo ridimensionamento giacobino, si è  fatta strada peraltro l’idea di agire semplicemente sulla classe già esistente modificandone il bagaglio culturale verso una visione del mondo secondo la complessità e, pertanto, creando nuovi strumenti che permettano di recuperare le potenzialità di uno scenario frammentato senza rischiare il pantano dell’ideologia ( Zanotti).

Tuttavia deve riconoscersi che attualmente a fronte di mille parole sulle teorie neo- umanitariste, l’unico elemento che effettivamente interessa nei dibattiti in corso è il miglioramento della tecnologia, dell’ingegneria finanziaria e del costo del lavoro, per un migliore ritorno economico immediato. Questa forte competizione propria dei momenti di crescita impetuosa e accumulo, fondata su elementi di fatto se non giuridici predominanti di laisser – faire, impedisce una vasta adozione di questo modello gestionale, circostanza del resto già sperimentata agli albori della rivoluzione industriale e alle inevitabili difficoltà e sofferenze proprie di ogni transizione con la conseguente difficile lettura degli eventi, per cui la storia può essere tutto per tutti con interpretazioni contrastanti a seconda dei documenti analizzati e del loro inquadramento aprioristico ( Hartwell). Vi è quindi un pensiero dominante verso la speculazione a breve, un rendimento immediato frutto di azioni speculative, e non un investimento a lungo termine che porti al consolidamento delle strutture e ad una identificazione in esse dei dipendenti, circostanza impossibile se questi sono vissuti come costi e non come capitale immateriale, fornito di un forte potenziale su cui investire.

Questo fa sì che i vari codici deontologici interni diventino mere rappresentazioni ad uso e consumo esterno, rimanendo gli elementi della C. S. R. confinati alle piccole imprese ad alta tecnologia e alle sezioni di ricerca delle grandi organizzazioni. Si hanno pertanto, come è stato osservato, scelte e comportamenti gestionali fortemente contraddittori quali precarizzazioni delle posizioni a tutti i livelli e una contemporanea richiesta di esperienza e maturità in giovanissimi specialisti, organizzazioni piatte con tuttavia vertiginose differenze retributive tra base e vertici, tra sezione e sezione. Se da un punto di vista logico il potenziamento del rapporto con il personale permette di mantenere le professionalità maturate evitando fughe di cervelli, come l’ascolto con i clienti esterni permette il consolidamento dell’immagine dell’impresa, è anche vero che le piante per crescere hanno bisogno di una protezione iniziale dalla violenza indiscriminata degli elementi esterni, conseguenza di una competizione esasperata che riduce l’orizzonte all’immediato. Nei momenti di stress estremo si punta sull’immediato ossia sulla salvezza e l’utile del vertice , il resto è sacrificato.

Si invoca un atto di coraggio, un profondo cambiamento culturale, frutto di una nuova elité più matura e coesa, che porti ad impostare un nuovo modello organizzativo incentrato sull’uomo, il rischio è una mortalità aziendale altissima come segnalato dai più avveduti ( Rinaldi ). Anche negli anni ‘70 e ’80 del secolo appena concluso vi era stata una forte competizione da parte di competitor orientali quali il Giappone e le 5 Tigri, tuttavia l’aggressività era limitata dal rapporto di scala, mentre attualmente sono interi sub- continenti che si muovono ( Cina,  India e più recentemente si affaccia il Brasile). La stessa pressione demografica esplosa nei paesi del terzo mondo, con la facile mobilità in atto a seguito della riduzione dei costi di trasporto, nonché il potenziale umano e culturale liberato dal crollo del sistema comunista dell’Europa orientale, getta sul mercato enormi risorse umane a basso costo, si che solo nelle alte specializzazioni e nei settori di nicchia può convenientemente applicarsi la C. S. R. La turbolenza nata dalla globalizzazione e dalla competizione esasperata non è al momento governata da forze sociali stabili, ma viene sfruttata e potenziata dagli stessi interessi finanziari e produttivi ad utile immediato su di essa formatisi.
Nasce l’idea che l’espandersi di un nuovo umanesimo organizzativo di cui la C. S. R. ne è espressione potrà effettivamente affermarsi solo con un rallentamento della presente fase di crescita, il quale nel rallentare depuri gli utili speculativi nati dagli eccessi  sul breve termine e permetta una stabilizzazione dei rapporti altrimenti velocemente autoriproducenti, concentrandosi sul personale. I nuovi modelli nati nei momenti di tensione si diffondono  e diventano operativi solo quando la crisi viene ad investire il processo.

Bibliografia


•    F. Canotti, Riflettendo sul rapporto LUISS 2008 sulla classe dirigente: serve una nuova cultura per qualunque classe dirigente, in ComplexLab. Com ;
•    A. Di Raco, L’impresa simbolica, Sperling  Kupfer, 1997;
•    E. Laszlo, Il punto del caos, Urra, 2007;
•    F. Rinaldi, Valorizzare le risorse umane ovvero la coerente incoerenza, in “ E. & M.”, 73/86, 6/2007, ETAS;
•    R. M. Hartwell, La rivoluzione industriale inglese. Parte terza, conseguenze socio-economiche, 315/382, Laterza, 1973;
•    A. Sen, Globalizzazione e libertà, Mondatori, 2003.

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Sergio Sabetta

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