bollino ceralaccato

Complessità e formazione. La lezione di Morin.

La connotazione epistemologica ed antropologica del concetto di complessità e le implicazioni del paradigma della complessità in pedagogia.

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Il concetto di complessità e la Scuola

Definizione del concetto di “complessità”: sua connotazione epistemologica ed antropologica e sue implicanze pedagogiche. La nozione di “complessità” rappresenta un aspetto peculiare della scuola contemporanea. Per alcuni studiosi il concetto di “complessità” assume una connotazione del tutto nuova dopo il disfacimento del modello di scienza galileiano, newtoniamo e cartesiano.

E’errato, però, pensare che questo termine emblematizzi oggi una forma conoscitiva del tutto nuova e non rapportabile con il passato. Invero i grandi fondatori della scienza occidentale (Galileo, Newton) intendevano, nel sottolineare le leggi della natura, creare schemi logico-concettuali omnicomprensivi riferibili alla sfera conoscitiva e quindi traducibili nell’ambito dell’ “experentia in re et in studio”.

E’ chiaro che ogni processo filosofico sottende un’ottica didattico-culturale ed apre sempre nuovi orizzonti nello specifico campo pedagogico. Il concetto di complessità era, senz’altro, presente nei Greci con la concezione dell’epistème, una conoscenza coerente e completa, che rimandava, però, ad un principio ideale essenziale ed unitario. La scuola di Platone e di Aristotele, in seguito, dominò lo scenario filosofico e quello pedagogico nelle strategie didattiche.

Nell’ambito gnoseologico ed in quello didattico, tuttavia, apparivano i due mondi quello umanistico e quello scientifico separati entro una rigorosa struttura categoriale. Il concetto moderno di “complessità”ricusa, decisamente, come vedremo questo principio. Tuttavia dobbiamo riconoscere che la scuola odierna, ponendosi come obiettivo il concetto della “complessità”,  accoglie la lezione  dei Greci.

 

Gli antichi pensatori, infatti, fondavano la loro conoscenza nella relazione tra l’“existentia rerum” ed una struttura ben delineata che era tutto il mondo conoscibile.

 

Appare evidente che il concetto di “complessità” come momento esistenziale e come forma di conoscenza era fondante nel mondo classico, ancor più che negli scienziati del mondo moderno, che forse avevano sottovalutato quest’aspetto privilegiando la determinazione assoluta delle leggi nei limiti di uno scientificismo talora ridotto a modelli meccanicistici.

 

La contemporanea epistemologia rifiuta l’impostazione scientificista e si pone ad affrontare il discorso della “complessità”, che trova una pluralità di implicanze nella sfera didattica ed in quella amministrativa ed organizzativa della scuola.

Le domande fondamentali, che oggi ci poniamo nella scuola sono questeRiteniamo, forse, che eventuali difficoltà di comprensione sono soltanto da attribuire ad un minor grado di competenza delle nostre informazioni, delle abilità logiche e di apprendimento dei discenti“Consideriamo alcune indagini conoscitive “complicate” e comprensibili soltanto ad un pubblico di eletti e/o privilegiati, ovvero patrimonio soltanto di “intellettuali stereotipati” o dominio esclusivo dei docentiLa conoscenza intesa come “fenomeno complesso” può essere definita in schemi e/o categorie dai “teorizzatori” del sapere ovvero deve essere sempre possibile e rivisitabile da tutti i soggetti educandi, che devono interagire con la realtà stessa per esprimere in modo autentico il loro modo di vedere il mondo e la complessità delle sue forme e struttureIn che modo bisogna ridisegnare gli strumenti didattici e quelli organizzativi della scuola per una conoscenza non “complicata”, ma “complessa” e fruibile da tutti i discenti?

    A questi interrogativi cercheremo di dare una risposta, sia pure in maniera sommaria nel corso del nostro discorso.

    Il concetto di “complessità” nella scuola, oggi, invero, ripropone il modello classico.

    Si tende, infatti, a rimuovere tutte le certezze incrollabili di un tempo per porsi con problematicità dialettica ad indagini conoscitive, che nel campo didattico indulgono oltre al concetto di osservazione e di esperimento, in senso puramente cognitivo, ad una forma esplorativa dell’“io” del discente, atta a proporre non una verità assoluta, ma un “discorso intorno alle cose” E il“discorso intorno alle cose”, nella scuola odierna deve abbracciare un orizzonte globale, in cui si rifletta la società contemporanea.

    E’ appunto per questo che la nozione di complessità oggi costituisce il fulcro delle scienze umane e della pedagogia contemporanea.

    Dewey aveva stigmatizzato il divario tra dinamica dei bisogni individuali di sviluppo ed offerta culturale del sistema scolastico nelle forme di sapere codificato.

    La preoccupazione di Dewey, oggi, si presenta ancor più incombente in quanto la moderna società computerizzata presenta più ampi scenari nell’ambito tecnico-informativo, indifferibili per la conoscenza e per le strategie didattiche.

    Nel concetto di “complessità”, inoltre, s’innesta la nozione di “rottura della simmetria”, cara alla precedente letteratura pedagogica.

    Tuttavia la “rottura della simmetria” non parte dal caos, e, se questo si genera, è per creare un nuovo equilibrio tendente a percorrere nuovi itinerari per una conoscenza omnicomprensiva e rispettosa del concetto di “complessita”, secondo l’accezione attuale.

    La lezione derivante dal concetto di “complessità” si traduce nella didattica come promozione di un’intelligenza creativa, che verso un sapere di frammenti rinviene l’ordine ed in ultima analisi costituisce il senso stesso dell’atto conoscitivo.Il “complicato,” di per sé statico, allorquando si adisce ad una conoscenza completa di tutti gli ingranaggi, che la materiano, diventa “complesso” e pertanto problematico e dialettico.

     

    • La definizione dei termini di conoscenza e di competenza riferibili al concetto di “complessità” illustratati dal “Dossier pubblicato dagli Annali della Pubblica Istruzione- per la discussione del gruppo di lavoro del sottoprogramma 9.2 del Progetto Chance-a cura di Cesare Moreno-Napoli-20 novembre 2000”

     

    Nel documento leggiamo: “la conoscenza riguarda i concetti,quindi la dimensione intellettuale e cognitiva della mente umana. La conoscenza concettuale presuppone idee chiare e distinte e quindi pensiero lineare e sequenziale. La forma  tipica dell’esposizione  della conoscenza è quella del discorso……….il suo supporto tipico è quello del libro………..la tipologia più tipica è quella della lavagna e del gesso. Le  conoscenze per essere chiare e distinte dai contenuti affettivi e relazionali, delle particolarità  dell’oggetto, delle pertubazioni ambientali ed in altre parole sono decontestualizzate. Gli attributi della conoscenza sono quindi chiarezza e distinzione, linearità, sequenzialità e decontestualizzazione”[1]

    Sempre “infra”” al documento  al concetto di conoscenza, inteso in senso classico, si contrappone la nozione di “competenza” riferibile alla contemporanea semantica epistemologica del termine di “complessità”. Così si legge “La competenza…….rappresenta la complessità, l’intreccio con componenti affettive e relazionali, la sensibilità alle variabili di campo…..” E si conclude affermando “ le competenze sono le conoscenze nel contesto o nel campo d’azione……….la competenza è per definizione complessa…………”[2] Alla luce di questi convincimenti si delineano nuove prospettive ormai inderogabili nel campo didattico.

    Accanto al libro ed agli strumenti adsueti si deve associare una tecnologia educativa, che è quella del “laboratorio”, delle “pratiche condivise”, dell’“apprendistatato”.Ne consegue che, sempre nell’ottica del concetto di “complessità”, la pedagogia delle competenze è radicalmente distante dalla pedagogia delle conoscenze e comporta anche una ristrutturazione didattico –organizzativa promossa nelle competenti sedi dal dirigente scolastico in sintonia con tutti gli organi scolastici.

    Gli elementi costitutivi della didattica, centrata sulla nozione di “competenza” nel rispetto del concetto di “complessità”, enunciati nel Dossier preso in esame sono i seguenti :

    • Impostazioni necessarie a decantare le esperienze di conoscenze disciplinari (criteri di valutazione)
    • Impostazioni necessarie a mediare tra conoscenze disciplinari e problemi relazionali.( attività territoriali-metodo Chance)
    • Impostazioni necessarie a conseguire le competenze. (laboratorio inteso come progetto).

    Per quanto attiene alle competenze e alla valutazione, nell’ottica della didattica della “complessità”, il dirigente scolastico in simmetria con i competenti organi deve definire le modalità proponibili e più efficaci per i processi apprenditivo-cognitivi e i criteri di valutazione, senza, però, interferire con la creatività e la progettualità, relativa ai contenuti e alle metodologie.

    Precipua attenzione del dirigente scolastico deve essere rivolta nel promuovere e coordinare, isocronicamente con tutta la comunità scolastica, il quadro delle competenze per rendere esplicito il criterio di valutazione.

    Il che, non deve, però, determinare né i contenuti, né le scelte didattiche. Le finalità, cui deve tendere la scuola odierna nella “complessità” del suo aspetto multiforme in una società pluralistica e multiculturale sono, inoltre:

    • Formare abilità e competenze che siano socialmente utili
    • Equilibrare i modi dell’apprendimento formale con quelli dell’apprendimento informale.

    La didattica della “complessità” avrà, allora, la funzione primaria di dare all’azione educante, secondo le più accreditate recenti teorie pedagogiche senso, coerenza, praticabilità.

    Utilizzando una semantica moderna si potrà, allora, parlare di capitalizzazione delle varie esperienze d’istruzione, comprensiva di tutti i processi di educazione e formazione, che ciascun soggetto educando riesce a fruire. Il Dossier, preso in esame, inoltre, ammonisce che nella scuola, che amiamo definire della “complessità”, si deve sostituire lo strumento della selezione con quello dell’“orientamento”.

    E noi condividiamo certamente questo principio e nel rispetto, sempre, del concetto di “complessità”, sia pure, con la dovuta deferenza ai Latini, ci permettiamo di apportare una variatio all’antico motto: “Non scholae, sed viate discimus” con “ Schola se ipsa  vita est”, convinti come siamo, dell’inscindibilità del binomio vita- scuola nella complessità di tutte le sue forme.

    In quest’ottica, inoltre, la didattica, deve farsi scienza ingegneristica, costruttiva di percorsi metacognitivi (l’imparare ad imparare) e fantacognitivi  (l’imparare a trasfigurare).Seguendo questi principi la logica del sistema scolastico, alla quale si deve rapportare il dirigente scolastico, è quella della generalizzazione articolata e non gerarchica,  nella quale la didattica della “complessità” assume il ruolo fondamentale.

    La nuova organizzazione della scuola, a cui fa capo il dirigente scolastico, deve attuare l’istituzione educante come luogo di vita, in quanto luogo di esperienza, di approfondimento e di studio di problemi, che si ritengono significativi per i soggetti che li affrontano.La scuola della “complessità”, in altri termini, come lo stesso documento precisa “non è il luogo dove è dato un curricolo, ma è il luogo, dove si costruisce un curricolo come percorso di vita.”[3]Premesso quanto innanzi enunciato, insorge spontaneamente una domanda:

    Quale compito primario è affidato al complesso mondo della scuola e al dirigente scolastico in particolare nella specificità delle sue competenze? “In primis” bisogna attrezzarsi ad accogliere i destinatari, soggetti di vario livello di maturità, di diversa provenienza, cultura, religione e lingua.

    A tal fine bisogna approcciarsi alle variabilità di apprendimento e di possibili percorsi di formazione.In tal modo le strutture educative, ispirate alla contemporanea nozione di “complessità”, diventano concretamente un elemento portante dell’esercizio di un diritto della cittadinanza, veicolo e supporto in processi di uguagliamento delle opportunità per persone di diversa classe sociale e provenienza culturale.Si perviene, in tal modo, alla contestualizzazione, che nel dossier “infra” citato, viene riconosciuta come fondata “sul   riconoscimento formale di acquisizione di competenze realizzate al di fuori del sistema istituzionale.

    E le competenze, in ultima analisi, devono intendersi come oggetto d’indagine, che integra il sapere con le abilità pratiche dell’individuo conferenti allo sviluppo della collettività. E se al concetto di competenza associamo la relata valenza etica, quale condizione del processo formativo dell’alunno per il suo esplicarsi finalizzato alla crescita civile della società, ci accorgiamo, forse, di adire alla logica formale ed operativa del concetto di “complessità” traducendo in chiave pedagogica il suo assunto epistemologico ed antropologico.

    Il concetto di “complessità” nel pensiero di Egard Morin

    “La testa ben fatta”-Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero-Milano-Raffaello Cortina-editore 2000-

    Il testo, che ci accingiamo ad illustrare, rappresenta un pilastro dell’attivismo epistemologico dell’ultimo arco di tempo e prelude più che ad una riforma, ad una vera e propria “rifondazione” della scuola, che si apre ai plurimi orizzonti della “complessità” del suo mondo oltre che pedagogico, epistemologico ed antropologico.Infatti, in connessione al concetto di “complessità”, l’autore presenta una riforma del pensiero che vuole essere paradigmatica ed al contempo una risposta alle trasformazioni che stanno vivendo l’uomo e la sua conoscenza, con specifico riguardo alla strategia didattica.

    La rivoluzione paradigmatica, secondo l’autore, riferibile alla democratizzazione del diritto a pensare comprende il concetto della “complessità didattica”, che permette ad un pensiero complesso di organizzare il sapere e di collegare le conoscenze, oggi confinate settorialmente nelle discipline.

    Assistiamo, quindi, ad una “rivoluzione copernicana”, in cui riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero coincidono. Per l’autore è pregnante nell’attività didattica formare le menti, “che possano disporre di un’ attitudine generale  a porre e a trattare  i problemi e i principi organizzativi  che permettano di collegare i saperi e di dare loro un senso”[4]

    ll Morin, inoltre, fa un’accurata analisi dello “status” odierno della scuola e ne evidenzia le difficoltà e le incongruenze. Lo studioso accentua la sua attenzione sull’inadeguatezza dei nostri saperi, scissi per discipline in contrapposizione alle esigenze insorgenti nel nostro tempo e tendenti a problemi che si rivelano sempre più polidisciplinari, globali e planetari.

    Nell’apprendimento dicotomico delle discipline, inoltre, il pensatore ravvisa la causa primigenia dell’incapacità di cogliere ciò che è tenuto insieme ed in altri termini la complessità degli stessi saperi.

    Il Morin delinea puntualmente il “concetto di complessità” anche nelle sue forme attuative  nel momento, in cui afferma: “C’è complessità quando sono inseparabili le differenti componenti che costiuiscono un tutto……….e quando c’è un tessuto interdipendente, interattivo e inter-reattivo fra le parti e il tutto e fra il tutto e le parti”[5].

    Ad alienare nella scuola attuale l’inverarsi di un attivismo pedagogico complesso e rispondente alle istanze del tempo, concorre, secondo l’autore, l’espansione incontrollata del sapere. Così si esprime: “L’accrescimento ininterrotto delle conoscenze edifica una gigantesca torre di Babele, rumoreggiante di linguaggi discordanti. La torre domina perché noi non possiamo dominare i nostri saperi……………”[6]

    Ed è appunto contro questa torre di Babele che oggi si incentra l’aspetto cogente della “didattica della complessità” in forma paradigmatica e pragmatica.

    Pertanto la scuola ovvero l’agenzia deputata all’apprendimento e alla formazione, deve  diventare protagonista di una rifondazione, che è al contempo rifondazione del pensiero e della conoscenza e della formazione integrale dell’individuo.

    In ultima analisi possiamo affermare che l’essere umano oggi  deve essere catalizzatore  della  complessità dei saperi; soggetto ed oggetto della conoscenza. Correlato al principio è, inoltre, la rivisitazione dell’obiettivo fondamentale della scuola: “apprendere a diventare cittadini”.

    Ma mentre prima l’attenzione alla formazione del cittadino veniva commisurata con la nazione, adesso lo sguardo si allarga primariamente al cittadino europeo ed infine a quello globale.

    La riforma, pertanto, di cui parla Morin, e a cui noi miriamo è paradigmatica nel momento in cui focalizza la nostra attitudine ad organizzare le idee, ma al contempo è pragmatica in quanto rimanda a forme attuativo-operative in seno alle Istituzioni e all’interno degli organi scolastici.

    L’autore percorre un lungo cammino, già iniziato nel 1994[7], quando aveva puntualizzato l‘aspetto epistemologico ed antropologico della complessità. Nel volume, di cui ci interessiamo, l’autore intende essere propositivo nella sfera  delle istituzioni e nella prassi didattica.

    Così, infatti, egli dice: “ Non possiamo riformare  l’istituzione senza aver riformato le menti, ma non possiamo riformare le menti se non abbiamo preventivamente riformato le istituzioni.”[8] Il discorso di Morin, che abbiamo cercato di illustrare nelle linee generali, ci sembra di vitale importanza in quanto  enuncia le direttrici, su cui la scuola odierna dovrebbe basarsi per assolvere alle sue specifiche funzioni nella società contemporanea e per far sì che il soggetto educando impari a diventare cittadino, ma non più esclusivamente cittadino della sua nazione, ma cittadino europeo e globale.

    Quest’ultima affermazione potrebbe sembrare utopica e la sua realizzazione è senz’altro difficoltosa e prevede un lungo ed arduo cammino. E,’ però, senz’altro obbligo della scuola  rispondere a quest’attesa ormai indifferibile. Il Dirigente scolastico, in simmetria con tutti gli organi collegiali, dovrà impegnarsi a fondo per la realizzazione e la definizione delle mete, cui è chiamata l’odierna scuola e per tradurre in fatti e non solo in parole il discorso della complessità.

     

    Il  binomio “complessità-autonomia”

    Nel nostro discorso precedente abbiamo insistito sulla necessità di conciliare, in nome del principio della complessità, il momento paradigmatico con quello pragmatico ai fini di un’efficacia educativa rispondente alle esigenze del nostro tempo.

    Adesso ci sembra opportuno esaminare quali possano essere gli strumenti giuridici e/o operativi, di cui la scuola dispone per il perfezionamento delle finalità didattiche proposte.

    Occorre, innanzi tutto, che il dirigente scolastico, in sintonia con tutti gli apparati scolastici interni ed esterni, si muova con oculatezza negli ambiti di propria competenza e nei poteri attribuiti dalle istituzioni.

    Per realizzare un discorso sulla complessità, anche nella fase organizzativo-operativa, occorre che il dirigente scolastico abbia perspicuo il concetto di autonomia nella scuola.

    L’autonomia nella scuola è proprio di tutti i sistemi scolastici europei e costituisce una risorsa di fronte alla complessa società contemporanea.

    La sua “ratio” è, quindi, quella di fornire risposte positive alle plurime problematiche del mondo della scuola, che attende di essere rinnovata.

    All’istituzione dell’autonomia vengono connesse tre modalità fondamentali che interagiscono con la complessità degli itinerari scolastici:  flessibilità, responsabilità, integrazione.

    E’ compito del dirigente scolastico e di tutte le componenti correlate di organizzare, in virtù dell’autonomia, che ne supporta le condizioni giuridiche, il piano dell’offerta formativa con percorsi didattici mirati e finalizzati al successo formativo-educativo.

    L’insieme dei meccanismi di flessibilità, inseriti all’interno del piano formativo, consente di rispondere con maggiore efficacia, rispetto all’età precedente, alle esigenze degli alunni e può favorire uno degli obiettivi fondamentali della scuola contemporanea: l’orientamento.

    L’autonomia, infatti, deve essere considerata dal dirigente scolastico e da tutto il comparto scuola, uno strumento necessario utile a rendere più flessibile l’intero sistema di formazione ed orientato a costruire piani di studio permanente ed aderente al progetto di vita.

    Sarà cura degli organi preposti, nell’ambito dell’autonomia, di organizzare percorsi integrali di istruzione e formazione.

    Il binomio complessità-autonomia, indirizzato alla finalità precipua dell’orientamento, rinviene, altresì, la sua efficacia giuridica nel D. P. R. 12 luglio n.257, che prevede un’azione coordinata tra istituzioni scolastiche, centri di formazione professionale e servizi per l’impiego, volta ad un’efficace opera di informazione e di orientamento per i giovani.

    Si ritorna, indi, al concetto della capitalizzazione delle competenze, che devono ottenere, di volta in volta, il carattere di veri e propri crediti formativi, validati ai sensi e nei termini contemplati dal D.P.R: 257/2000.

    Nel Piano dell’offerta formativa, rispettoso del concetto di complessità, precipuo interesse deve essere quello di mettere a punto e descrivere le strategie di flessibilità vocati a rispondere a tutte le esigenze degli alunni nell’ambito apprenditivo-cognitivo e nel più ampio processo formativo e psico-intellettivo.

    A livello operativo si possono promuovere: 

    • Moduli di insegnamento individualizzati
    • Moduli di apprendimento
    • Moduli di orientamento e/o riorientamento per la scoperta di specifiche vocazioni
    • Moduli per l’acquisizione di specifiche competenze, fruibili nell’ambito regionale e/o nazionale e/o europeo.

    In tal modo il Piano dell’offerta formativa promuove un progetto curriculare, che è da intendere come progetto di vita.

    Il che, invero, interessando la responsabilità di tutto gli organi preposti all’istituzione scolastica ed in primo luogo del dirigente scolastico, deve tradursi come una risposta concreta ai principi teorici innanzi enunciati ed una soluzione all’assunto del Morin[9], che propone nella scuola l’interazione tra un momento paradigmatico ed un momento pragmatico.

    Nel processo di costruzione di questo complesso processo educativo incide congiuntamente a tutte le componenti scolastiche la responsabilità del dirigente scolastico, che è titolare dei rapporti con le istituzioni, che operano nel territorio, garante del sistema di regole negoziali all’interno e al di fuori della scuola.

    Ma se in un certo qual modo al dirigente scolastico è affidata la regia della scuola “della complessità”, non dobbiamo neglegere l’azione degli insegnanti, che hanno il compito di progettare un’offerta formativa, che apra nuovi spazi di creatività.

    Il lavorare con creatività, in fondo, significa anche instaurare un clima di cooperazione e collaborazione per sostituire una didattica codificata con un’altra dinamica ed innovativa, come abbiamo spiegato precedentemente, complessa e non complicata e pertanto dialettica ed aperta  agli orizzonti della coeva civiltà.

    La scuola, che continueremo a definire “sic et sempliciter” della complessità non può trascurare nessuna delle componenti, che la sostanziano.

    Studenti e genitori, infatti, costituiscono il necessario raccordo tra la realtà interna della scuola ed il mondo esterno, con cui l’organismo scolastico deve confrontarsi.

    La compresenza di alunni e genitori non è volta a creare inutili diatribe, piuttosto ad instaurare un clima scolastico armonico, in cui si recupera pienamente la centralità dell’alunno per svolgere non un discorso della “cosa in sé”, ma “ un discorso “intorno alle cose”, come abbiamo chiarito precedente parlando del concetto di complessità.

    Ci rimandiamo, in tal modo, alla concezione moriana, già ricordata, che postula l’esigenza dell’inscindibilità delle differenti componenti costituenti il tutto e l’ineludibilità di un tessuto interattivo ed inter-reattivo fra le parti e il tutto.

    Nei processi organizzativi, oltre alla flessibilità ed alla responsabilità, sussiste un altro principio già enunciato: quello dell’integrazione.

    Invero l’integrazione dei vari progetti e la coerenza delle diverse iniziative esprimono l’identità della scuola.

    Con il termine identità della scuola noi delineiamo la fisionomia stessa dell’istituzione scolastica, determinata dalla progettazione del curricolo, nonché dalle attività extracurriculari educativo-formative.

    Il che ha in sé implicito i temi della complessità, che informa la polivalenza dell’azione didattica attuale.

    E se la didattica odierna deve identificarsi con la vita stessa degli alunni e con la promozione delle loro competenze, non solo nell’ambito cognitivo-apprenditivo, ma anche nell’estrinsecazione di abilità socio-economico-operative, necessita che il Piano dell’offerta formativa sia “ad hoc” orientato.

    In detto piano, infatti, si possono definire:

      • Discipline ed attività liberamente scelte della quota di curricolo riservata
      • Possibilità di opzione offerta agli studenti e alle famiglie
      • Discipline ed attività aggiuntive della quota facoltativa del curricolo
      • Azioni di continuità aggiuntive della quota facoltativa del curricolo
      • Azioni di continuità, orientamento, sostegno e recupero corrispondente alle esigenze dagli alunni rilevate
      • Articolazioni modulari di vario tipo
      • Modalità e criteri per la valutazione.

    La messa in opera di tutti questi strumenti e la loro coesione sarà, allora, funzionale alla rinascita della scuola, che, come viene auspicato nel Dossier della Pubblica Istruzione, già preso in esame,[10] rappresenta tutte le variabili possibili e fornisce competenze acquisite come conoscenze nel campo d’azione.

    Gli apparati organizzativi, di cui la scuola dispone e le sue competenze attribuite dalle istituzioni, in altri termini, devono realizzare la contestualizzazione della vita scolastica con il reale tutto quanto perché il la boratorio non si origini soltanto dal “labor”, ma più significativamente dall’ “elabor”, con l’accezione che in latino è propria, e cioè con tutte le  implicanze di carattere relazionale, emozionale ed ideologico-culturale che sono del nostro tempo e che sono da rinvenire ed evolvere nella complessità dell’azione educante

    La connotazione epistemologica ed antropologica, attribuita al “concetto di complessita’”, su cui s’impernia la dimensione educativa, conseguentemente avrà un senso e produrrà i suoi frutti.

     

    Il Progetto CENTAURUS tra “COMPLESSITA’. AUTONOMIA, ATTUALITA’”

     

    Il progetto Centaurus raccoglie l’eredità del progetto della Pubblica Istruzione- Confindustria –Organizzazione e Gestione dell’Istituto scolastico.

    Si presenta come una proposta di formazione avanzata per dirigenti e docenti

    Il progetto, in particolare, nell’ambito dell’autonomia, recepisce in pieno il concetto di complessità e si propone di migliorare la qualità del servizio scolastico.

    La proposta formativa del progetto è incentrata sull’uso attivo e modulare al materiale multimediale “Centaurus”, fornito dal Ministero della Pubblica Istruzione.

    Il materiale formativo “Centaurus” è costituito da dispense cartacee, videocassette-C-D-Rome-guide per i tutor, che coordinano il lavoro dei corsisti.

    L’uso del materiale multimediale non è, però, da ritenere fine a se stesso, ma strumentale per una simultanea interazione con tutti gli organismi scolastici, che lo adottano, ai fini di un’immediata e partecipe intellegibilità della storia complessa, che vive il mondo della scuola, e nell’intento di apportare probanti soluzioni per il prosieguo dell’azione didattica.

    Il percorso di “Centaurus” è articolato in cinque aree tematiche:

    1.     La scuola dell’autonomia

    2.     Società, scuola, formazione

    3.     Comunicazioni e relazioni

    4.     Il ruolo delle nuove tecnologie

    5.     La progettazione dell’offerta formativa

    Il coordinamento del Progetto è affidata alla Direzione Generale del Ministero dell’Istruzione per l’istruzione classica, scientifica, magistrale.

    Per maggiori informazioni sul progetto abbiamo preso in esame il documento stilato dal “Liceo Scientifico- A: Vallisneri- Lucca”,  documento, peraltro, segnalato via on-line dal Ministero dell’Istruzione.

    Il sottotitolo, che il summenzionato Liceo attribuisce al documento nella nota  informativa e che noi abbiamo preso in prestito in epigrafe, è: “Il governo della scuola: complessità, autonomia, qualità.”

    Così, infatti, si legge nel documento presente on-line  “Il pacchetto formativo è costruito attorno all’ottica dell’autonomia, quale leva di gestione della complessità scolastica. L’autonomia è letta ed interpretata in un’ottica culturale, come capacità effettiva di utilizzare gli spazi aperti dal”nuovo scenario normativo”.

    Questa affermazione ci sembra essere sincronica al nostro assunto, precedentemente espresso nella formula: binomio complessità-autonomia.

    Le finalità, inoltre, proposte dall’intervento formativo e riportate nel documento già menzionato sono queste:

    • Fornire strumenti culturali aggiornati che consentano tramite competenze tecnico professionali di effettuare momenti di progettualità responsabile, diffusi ed organicamente coordinati entro finalità generali e comuni
    • Promuovere un’interazione sistemica tra Scuole, Amministrazione nell’ambito territoriale ed al di fuori di esso
    • Nella stesura del progetto, inoltre, compaiono tutti quelli aspetti, di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente:

    ·        La dimensione pedagogica

    ·        La norma giuridica

    ·        Le capacità relazionali

    ·        La progettazione del Piano dell’offerta formativa..

    I criteri, inoltre, che informano il Progetto sono quelli già  enucleati: flessibilità, responsabilità ed integrazione.

    La flessibilità viene determinata nel momento stesso in cui il progetto interagisce con una pluralità di componenti e si apre a spazi aperti di comunicazioni ed interscambi, sensibili ai bisogni dell’alunno, nella differenziazione di ambiti territoriali e socio-culturali della coeva civiltà.

    La flessibilità, conseguentemente, si coniuga con l’integrazione in quanto gli interventi di  progettualità sono globalmente ed organicamente coordinati entro finalità generali e comuni.

    La responsabilità è connessa al ruolo, che assumono dirigente scolastico ed organi preposti, che utilizzando con opportuno discernimento l’autonomia, si accingono a gestire una scuola, che risente di una crisi epocale, e, che soprattutto deve fare i conti con la complessità e di conseguenza con l’adozione di tecnologie didattiche innovative per il miglioramento della qualità del servizio scolastico.

    Concordiamo perfettamente, pertanto, con quanto enunciato nel documento, di cui parliamo, che così riferisce: “La proposta si costruisce…attorno al concetto chiave dell’autonomia, quale leva di gestione della complessità scolastica. Essa viene visitata in un’ottica culturale, con capacità effettiva da parte del capo d’Istituto di utilizzare gli spazi aperti del nuovo scenario normativo.”

    Salvatore  Coico

     

     


    [1] Sintesi del Dossier pubblicato da Annali della Pubblica Istruzione-doc.cit.-pag. 1

    [2] Sintesi del Dossier pubblicato da Annali della Pubblica Istruzione-doc. cit. pag.2

    [3] Sintesi del Dossier pubblicato da Annali della Pubblica Istruzione-doc.cit.-pag.2

    [4] Edgard Morin-La testa ben fatta-Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero-Cortina ed.2000-pag. 15

    [5] Edgard Morin- La testa ben fatta- op.cit.-pag.6

    [6] Edgard Morin- La testa ben fatta-op.cit.-pag.9

    [7] Edgard Morin-Il paradigma perduto-Che cos’è la natura umana-Feltrinelli-1944.

    [8] Edgard Morin-La testa ben fatta-op.cit. pag.103

    [9] Edgard Morin- La testa ben fatta-op.cit.-

    [10] Dossier pubblicato dagli Annali della Pubblica Istruzione per la discussione del gruppo di lavoro del sottoprogramma  9, 2 del Progetto Chance-doc.già cit.

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