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IL "PROBLEM ANSWERING" FA STRADA di Andrea Mattonelli

Andare oltre i classici Problem Solving, Problem Setting, Problem Finding, ecc. Perché c’è un livello più profondo di “problem” che non richiede una soluzione, ma una Risposta. Siamo cioè in quella Dimensione che, in un precedente articolo, ho definito “Problem Answering”. Proprio quel mio articolo è stato magnificamente ripreso e portato decisamente più avanti da un prezioso contributo di ANDREA MATTONELLI, che mi piace condividere con tutti. Si tratta di un articolo dai contenuti estremamente interesssanti e caratterizzato da particolare profondità, intuizione e ispirazione. Son convinto che sarà un piacere per tutti leggerlo e seguirne la “trama”. Preparatevi dunque in questo viaggio in cui, accompagnati da personaggi come Vittorio Foa e Marianella Scalvi, proseguiamo la conoscenza della Dimensione del Problem Answering, una dimensione in cui si arriva umiltà e pazienza diventano requisiti chiave per l'esplorazione delle soluzioni possibili e nella conoscenza di sé Grazie ad Andrea Mattonelli per aver accettato di rendere pubblico questo suo contributo

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IL "PROBLEM ANSWERING" FA STRADA
Trascendere il problem solving: umiltà e pazienza nell’esplorazione delle soluzioni possibili e nella conoscenza di sé – di Andrea Mattonelli

Antefatto (Rino Panetti):
Andare oltre i classici Problem Solving, Problem Setting, Problem Finding, ecc. ... perché c’è un livello più profondo di “problem” che non richiede una soluzione, ma una Risposta.
Siamo cioè in quella Dimensione che, in un precedente articolo, ho definito “Problem Answering”.
Proprio quel mio articolo è stato magnificamente ripreso e portato decisamente più avanti da un prezioso contributo di ANDREA MATTONELLI, che ho il piacere di condividere con tutti.
Si tratta di un articolo dai contenuti estremamente interessanti e caratterizzato da particolare profondità, intuizione e ispirazione. Son convinto che sarà un piacere per tutti leggerlo e seguirne la “trama”.
Preparatevi dunque in questo viaggio in cui, accompagnati da personaggi come Vittorio Foa e Marianella Scalvi, proseguiamo la conoscenza della Dimensione del Problem Answering, una dimensione in cui umiltà e pazienza diventano requisiti chiave per l'esplorazione delle soluzioni possibili e nella conoscenza di sé.

Ringrazio dunque Andrea Mattonelli per aver accettato di rendere pubblico questo suo contributo.

Ecco l'articolo a firma Andrea Mattonelli

Trascendere il problem solving: umiltà e pazienza nell’esplorazione delle soluzioni possibili e nella conoscenza di sé – di Andrea Mattonelli

Mi viene da pensare, con sempre maggiore convinzione, che leggere Rino Panetti porti solitamente a riflettere su due piani, distinti ma conseguenti. Il primo è sempre quello proposto da Panetti: affascinante, creativo, costruito su un equilibrio talmente delicato da procurare una sorta di “vertigine”; il secondo piano è invece il tuo personale, perché le strade lungo le quali il pensiero di Panetti ti guida – e che spesso non conoscevi ancora – ti portano poi, quasi di colpo, sui sentieri del tuo cammino, che ora ti sembra di poter affrontare con slancio tutto nuovo e con uno sguardo più lucido.
E non fa eccezione neanche la discussione proposta con “Transiti ... il PROBLEM ANSWERING. Trascendere il Problem Solving. Osservazioni a ruota libera, per andare oltre … in fondo alla U”.

Il tema dei “problemi che non hanno una soluzione” mi riporta, sul filo dei ricordi, lungo un sentiero che alcuni anni fa mi era stato indicato da un uomo saggio che ora non c’è più e di cui sento spesso la mancanza: Vittorio Foa. Fu proprio leggendo il suo “Il Cavallo e la Torre” (1991), infatti, che mi capitò davanti agli occhi, come luce improvvisa, questo suo pensiero: “Vi sono problemi sui quali occorrono riflessioni umili e pazienti e non arroganti esibizioni di certezza. Certo viene il momento in cui bisogna scegliere ma allora bisogna farlo senza la tracotanza della propria onnisapienza e sapendo che la soluzione esclusa non è cancellata ma vive se non altro come possibilità”.
Mi viene così spontaneo, cercando di seguire i percorsi suggeriti da Panetti e Foa, fare alcune brevi osservazioni sulla gestione dei problemi, soffermandomi su questi spunti: l’umiltà dell’analisi, la paura di convivere con i problemi irrisolti, ed, infine, le soluzioni escluse che continuano a vivere come possibilità.

L’umiltà dell’analisi
Come suggeriva Foa, “vi sono problemi sui quali occorrono riflessioni umili”; vi sono problemi – aggiungo io – che non vanno visti solo come ostacoli da superare, ma, piuttosto, come occasioni uniche ed irripetibili di conoscenza del “sistema” nel quale il problema è sorto, dei suoi aspetti impliciti che ormai non vediamo più, come anche degli spazi possibili che ancora non abbiamo visto, perché prigionieri delle cornici entro cui il sistema si è andato strutturando (e a volte sclerotizzando).
Vi è poi occasione di conoscenza profonda dei tanti “sé” che vivono la propria esperienza dentro, fuori, attraverso o in prossimità del sistema.
La conoscenza del problema, specie se privo di soluzione diretta, può così diventare finalmente conoscenza di sé, conoscenza del proprio punto di osservazione della realtà, perché ti costringe a cambiare umilmente il tuo punto di vista. Per dirla con Marianella Scalvi, “Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista” (Regole dell’arte di ascoltare).     
Ma sempre, il cambiare punto di vista richiede umiltà, intesa non come svilimento rinunciatario delle proprie possibilità, ma piuttosto come matura ed equilibrata idea di se stessi; cambiare punto di vista di fronte ad un problema, significa allora cambiare noi stessi per vedere il problema da una prospettiva diversa; e cambiare noi stessi, di conseguenza, significa conoscere meglio quello che eravamo e quello che potremmo diventare.

La paura di convivere con problemi irrisolti
A volte, poi, ho come l’impressione che l’impazienza di trovare la soluzione al problema, così come l’arrogante esibizione di certezza con cui viene proposta (imposta), non siano solo il frutto della mancanza di umiltà, ma anche l’effetto pervasivo della paura. E questo mi appare ancora più vero quando ci troviamo alle prese con problemi che probabilmente non hanno una soluzione, come la intendiamo noi.
Il problema irrisolto fa entrare in crisi la nostra idea del controllo, su cui abbiamo costruito la nostra àncora di salvezza dalla complessità del reale. Trovare la soluzione per ogni problema ci fa apparire la realtà come fosse semplice e il controllo come rimedio contro la fatica del conoscere.
Ed è proprio vero, perché il conoscere significa procedere per tentativi ed errori mentre noi viviamo con la paura di sbagliare, che poi significa paura di conoscere. Il conoscere è come un processo di macerazione, richiede osservazione lenta, cambiamenti continui del punto di vista, disponibilità all’errore e al cambiamento di se stessi. Il conoscere richiede tempo, quel tempo che noi pensiamo di non avere, perché dobbiamo affrontare i problemi e trovare delle soluzioni…
Come scriveva Luigi Einaudi “Nulla repugna più della conoscenza a molti, forse a troppi di coloro che sono chiamati a risolvere problemi”.
Vogliamo risolvere subito il problema, per poi passare al problema successivo, nutrendo così l’illusione di controllare il reale, ma finendo invece per rinunciare ad esplorarlo.
È difficile esprimere questo concetto con parole più adatte di quelle con cui M. Sclavi ci raccomanda, in un’altra delle sue preziose Regole dell’arte di ascoltare, di “non avere fretta di arrivare a delle conclusioni [in quanto] le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca”.

Le soluzioni escluse che continuano a vivere come possibilità
Rimaniamo nel campo della nostra paura di fronte ai problemi, per concludere questa breve riflessione, notando un’altra tendenza molto diffusa, quella di voler seppellire per sempre le ipotesi di soluzione che abbiamo scartato: vorremmo che non fossero mai esistite, per legittimare le decisioni assunte con l’assenza di alternative.
Anche qui, appartiene alla nostra paura la regia di questa dissimulazione, quando invece il lasciare vivere accanto a noi le soluzioni scartate ci può essere di aiuto, sia nel momento in cui ci apprestiamo a validare con l’esperienza le decisioni assunte, sia per conservare la necessaria flessibilità di fronte a quelle che un tempo si chiamavano “le dure repliche della storia”.
A quante possibili esplorazioni finiamo per rinunciare ogni giorno!
Per quanto tempo ancora i problemi ci appariranno legati indissolubilmente alle sole soluzioni ritenute più adeguate!

Andrea Mattonelli

Riferimenti
Rino Panetti, “Transiti ... il PROBLEM ANSWERING. Trascendere il Problem Solving. Osservazioni a ruota libera, per andare oltre … in fondo alla U”, www.managementbymagic.it

Vittorio Foa, Il Cavallo e la Torre, Einaudi, 1991, p. 309.

Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili, Bruno Mondadori, 2003, p. 63.

Luigi Einaudi, Prediche inutili, Einaudi, edizione del 1974, 3.

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Rino Panetti

Rino Panetti

  • Azienda: Management by Magic
  • Posizione: Owner. Facilitatore
  • Città: Rieti
  • Cell: 329.0534559
  • Sito: http://www.managementbymagic.it
  • Email:r.panetti@libero.it
  • Competenze:
    • Creatività & Innovazione
    • Leadership & Interpersonal Skills
    • Facilitazione di gruppi
    • Miglioramenti organizzativi, dei processi, delle performances
    • Sistemi di Gestione
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