bollino ceralaccato

La nostra responsabilità sociale nel 2008

Crediamo che responsabilità sociale significhi responsabilità verso lo sviluppo sociale complessivo. Per non rischiare una deriva retorica proponiamo un obiettivo concreto: aumentare la qualità e la quantità dell’occupazione nel nostro paese. Abbiamo immaginato alcune azioni strategiche. Ci sembrano le uniche efficaci e velocemente realizzabili perché, invece di agire sul sistema sociale e politico, agiscono sulle imprese.

 

Noi crediamo che responsabilità sociale significhi responsabilità verso lo sviluppo sociale complessivo. Certo che occorre rispettare l’ambiente e le persone ed occuparci dei più deboli. Ma non basta: occorre un impegno diretto allo sviluppo di una nuova società.

Per non rischiare una deriva retorica vogliamo declinare questo impegno generale in un obiettivo concreto: aumentare la qualità e la quantità dell’occupazione nel nostro paese.

Riassumo ripetendo tutto all’inverso perché non vi siano equivoci: ci poniamo, nella nostra azione concreta di quest’anno, di dare un contributo “sistemico” all’aumento della qualità e della quantità dell’occupazione. E’ un obiettivo che tutti riconoscono essere prioritario, ma si cerca di raggiungerlo con un’ottica paradossale, per non dire perversa. Innanzitutto si parla soltanto di stabilizzare i precari o di ottenere aumenti salariali ridicoli. E io credo noi si debba perseguire un obiettivo molto più vasto e generale. Sia a livello quantitativo che qualitativo. E poi si cerca di farlo negando i “basics” di una società industriale.

Ripetiamo questi “basics”, a scanso che mi sia preso un abbaglio. In una società industriale il “valore” viene dalla attività produttiva e di servizi. Lo Stato definisce le regole di distribuzione delle risorse prodotte e ne utilizza parte per fornire una serie di servizi che la collettività decide dover essere appannaggio dello Stato stesso. Detto più brutalmente: è il fare economia che mantiene lo Stato, qualunque tipo di Stato si voglia avere.

Allora se noi vogliamo dare di più ai “lavoratori”, a tutti i lavoratori e tanto, dovremmo fare sì che le imprese producano molto più valore. Un valore così rilevante che ce ne sarebbe sia per il lavoro che per il capitale che per la collettività.

Invece crediamo (così fortemente che non lo ripetiamo neanche più) che le imprese stiano dando tutto quello che possono. Che la coperta è quella. E che l’unica cosa da fare è tirarla un po’ di più dalla parte del lavoro, lasciando scoperto lo Stato (meno tasse) e il capitale (la tassazione delle rendite finanziarie). Istituzionalizziamo insomma la dimensione del conflitto, come unica via di progresso della nostra società. Noi vogliamo, invece, dare un contributo sistemico, fecondo e cooperativo, non paradossale e rinsecchito ad aumentare la qualità e la quantità dell’occupazione

Per fare questo abbiamo immaginato le seguenti azioni strategiche. Forse a prima vista sembreranno strane, siamo aperti a tutte le critiche ed i suggerimenti. Ma ci sembrano le uniche efficaci e velocemente realizzabili perché, invece di agire sul sistema sociale e politico, agiscono sulle imprese.

 

La prima azione strategica è quella di produrre il primo manufatto (un libro) del nostro progetto di ricerca sullo sviluppo dei sistemi umani (dalle società nel loro complesso alle imprese) fondato sulla metafora della complessità. Questo manufatto avrà una dimensione “teorica” perché proporrà una nuova visione dei processi di sviluppo dei sistemi umani fondata sulla metafora della complessità. Ed una dimensione operativa perché descriverà un sistema di servizi per tutti i responsabili dei sistemi umani, imprese in primis.

Azione puramente culturale? Crediamo proprio di no!

Infatti, come si fa a trasformare le imprese perché producano molto più valore se non si capisce quali sono le loro leggi di sviluppo? E se non si conoscono le modalità per guidare questi processi?

Ancora una volta rigiriamo il discorso per essere chiari.

Volete trasformare radicalmente l’impresa di cui siete responsabili in modo che produca molto più valore sia economico che sociale, politico, istituzionale e culturale?

Allora dovete comprendere come riuscire a dotarla di una nuova identità complessiva (un nuovo modo di fare strategia che non sia competitivo, ma imprenditoriale). Dovete essere in grado di modificarne l’organizzazione utilizzando le sue energie migliori senza costringerle ed esprimersi solo attraverso il rifiuto al cambiamento. Dovere essere in grado di farvi guidare dal mercato abbandonando la troppo primitiva ambizione al controllo

Detto ancora diversamente, volete davvero contribuire allo sviluppo della qualità e della quantità dell’occupazione? Allora non potete che trovare molto concreto ed essere incuriositi dal nostro sforzo di raggiungere una diversa comprensione dei processi di sviluppo dei sistemi umani e del modo di intervenirvi.

Insomma. Come si fa a trasformare una “cosa” (un sistema umano), intervenire nei suoi processi di sviluppo , se non si conoscono le leggi che governano questi processi?

Ci si riduce, come si sta facendo, ad accontentarsi di coperte troppo corte, convinti che non sia possibile (neanche pensabile) tessere altra stoffa!

Lo strumento concreto che useremo per avviare la nostra azione sarà la ricerca che abbiamo avviato sulla CSR come prospettiva di sviluppo strategico.

 

La seconda azione strategica è quella di affrontare il problema dello sviluppo delle PMI.

Esse sono i sistemi umani per i quali i processi di trasformazione profonda sono più semplici e veloci. E sono quelle nelle quali questa trasformazione, verso un drastico aumento della loro capacità di produrre valore, è più urgente perché danno un rilevantissimo contributo all’occupazione.

Oggi purtroppo il sistema delle PMI è quello che più si cerca di spingere verso la conservazione!

Certo, se si parla di competitività si dà per scontato che non possano immaginare sistemi d’offerta radicalmente nuovi. Se non si ricorda che le grandi imprese di successo mondiale sono nate, inevitabilmente, come PMI e si relega le PMI ad essere sempre tali perché nessuna competitività permette di cambiare il mondo come hanno contribuito a fare le imprese di grande successo. Per le PMI è necessario sostituire la cultura della competitività con la cultura di una nuova imprenditorialità. Una imprenditorialità che ambisce a cambiare il mondo.

Allora noi abbiamo declinatole nostre scoperte (le dinamiche di sviluppo dei sistemi umani) e il nostro sistema di servizi alle PMI. E proporremo questo sistema di servizi sul mercato. Per fare questo dovremo promuovere una nuova alleanza per lo sviluppo tra attori che oggi ragionano in modo sparpagliato quando non conflittuale. E non hanno così chiara la necessità di una azione imprenditoriale e non competitiva. Parliamo delle banche, delle Associazioni di categoria, delle Camere di Commercio, dei sindacati.

Lo strumento concreto che useremo per avviare la nostra azione sarà una ricerca che abbiamo deciso di avviare insieme ad APImilano sulla successione generazionale come strumento di rilancio imprenditoriale delle PMI. Questa ricerca ci permetterà di avviare una riflessione complessiva sui temi dello sviluppo delle PMI.

 

Intorno a queste direzioni di impegno si intrecceranno mille altre iniziative delle quali non vale la pena ora di rendere conto.

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Francesco Zanotti

Francesco Zanotti

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