Ha un senso parlare delle proprietà di un sistema che non si possono assolutamente determinare ?
Secondo l'interpretazione di Copenaghen non c'è senso nel parlare di proprietà che non si possono conoscere, di cui non si può acquisire sapere (Zeilinger ), pertanto l'esistenza di Dio è un puro atto di fede personale e indimostrabile, si crede o non si crede, con il rischio di cadere nel dogmatismo stigmatizzato da Kant.
Quindi la dimostrazione a cosa può realmente ridursi se non alla natura?
Spinoza identifica Dio con l'ordine razionale, geometricamente esplicabile della natura e non già semplicemente con il mondo, essendo noi parte della natura stessa non possono sfuggire alle leggi della natura ma dobbiamo descriverle e utilizzarle secondo un principio del perseguimento della propria "utilitas", a cui l'organizzazione sociale dovrebbe porre dei limiti disciplinatori evitandone gli eccessi e incanalandola nella socialità produttiva.
I dogmi su Dio vogliono creare l'assoluta certezza di fede, da cui quella dell'azione umana secondo norma che in un sistema giuridico si trasformano nel ricoscimento di dogmi laici nella fondazione di un sistema giuridico, giustamente Husserl afferma che si deve mettere da parte ogni scetticismo insieme a qualsiasi "filosofia della natura" assumendo esclusivamente i dati conoscitivi che effettivamente si trovano.
Il diritto assume postulati assimilabili alla categoria dei "postulati del pensiero empirico" di Kant, sebbene tenda a conservare il suo momento complessivo è sottoposto a tensioni esterne che lo mettono alla prova dell'esperienza, i risultati dell'osservazione costituiscono la nostra realtà ma l'insieme delle osservazioni ne determinano con probabilità statistica le leggi di funzionamento.
Il diritto è una assiomatizzazione di valori mediante simboli verbali opportuni, le cui regole d'uso sono fissate dalle relazioni enunciate dagli assiomi dei principi generali, che a loro volta esternano socialmente gli assiomi dell'intuizione derivanti dall'esperienza (Kant). Essendo questi simboli privi di riferimenti intuitivi anche se basati sull'intuizione kantiana, la struttura formale così ottenuta è siscettibile di molteplici interpretazioni chiamati modelli, senza che la teoria da cui deriva possa essere definita un archetipo (Hilbert).
Il fare cadere alcuni assiomi conservandone altri o sostituendoli comporta la costruzione di nuove strutture giuridiche si che si possono avere varianti della stessa struttura, oppure ristrutturandole differenti strutture fino ad una pluralità di modelli del tutto estranei fra loro detti dall'assiometrica isomorfi.
Elemento fondamentale è la scelta e la chiara enunciazione delle proposizioni iniziali della teoria, ossia gli assiomi che pongono i termini indefinibili e determinano le regole d'uso, questi devono essere inoltre coerenti e compatibili fra loro, anche se è stato osservato da Godel l'impossibilità di stabilire la non conraddittorietà di un sistema rimanendo all'interno dello stesso senza ricorrere ad un sistema esterno più ricco di mezzi logici del primo.
Il sistema deve inoltre essere completo in quanto qualsiasi proposizione può essere decisa sulla sua eventuale verità in rapporto al sistema dei postulati, in altre parole qualsiasi giudizio deve poter essere valutato in rapporto al sistema dei postulati giuridici, vi è quindi una capacità elaborativa dell'informazione contenuta nei postulati stessi.
L'assiomatica può applicarsi al sistema giuridico astratto, chiuso e completo in se stesso, ma il suo interagire sociale porta ad una sua decoerenza in termini fisici e biologici, la non distinzione dei due piani ossia tra sistema chiuso e in interazione con il contesto porta all'incomprensione delle dinamiche del sistema e al tentativo diimporre logiche interpretative non pertinenti al modello in quel momento in esame.
Bibliografia
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N. Abbagnano, Storia della filosofia, vol. II, Utet 1974;
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L. Geymonat, Storia della matematica, in Storia delle scienze, a cura di N. Abbagnano, vol. I, Utet 1962;
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R. Raggiunti, Introduzione a Husserl, Laterza 1971;
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A. Zeilinger, Il velo di Einstain, Einaudi 2006.