bollino ceralaccato

Allenare la mente alle soluzioni trasformative: la vita non è un limone da spremere!

La storia dei serpenti. Negli anni ’40 un agricoltore della Florida per aver evidentemente compiuto un errore di valutazione comprò una fattoria con un terreno che si dimostrò arido, impossibile per la coltivazione o l’allevamento dei maiali; in più aveva un grosso problema: l’ambiente era pieno di serpenti velenosi. Grazie all’adozione del pensiero trasformativo l’agricoltore riuscì a percepire nella sua fattoria non un problema, ma una soluzione, anzi tre: 1) tanto veleno a disposizione; 2) tanta carne di serpente; 3) tanta pelle di serpente.

 

Un pensiero trasformativo per un cambio di prospettiva



simpsonDale Carnegie , uno dei primi formatori e grandi motivatori dell’era moderna, il precursore del coaching e del public speaking, scrive una frase semplice, apparentemente banale che raccoglie in sé l’essenza di un atteggiamento che spesso utilizziamo nella vita quotidiana, cioè la scarsa applicazione reale di metodi semplici ed efficaci per affrontare i problemi; la citazione di Carnegie recita: “Se il destino ti da un limone cerca di farci una limonata”. Il destino non sempre ci da un limone da spremere anzi, la vita di ogni giorno, nel quotidiano lavoro, nella gestione dei rapporti interpersonali, come nella gestione aziendale ci mette di fronte ad una moltitudine di stimoli, di situazioni che noi percepiamo come problemi e per i quali dobbiamo scovare delle soluzioni. Il pensiero tradizionale, la logica, il ragionamento cui molti di noi sono abituati, ci suggerisce che la persona di successo è colui che sa affrontare i problemi, non colui che non ha problemi da risolvere. Colui che non si arrende e nel trovare soluzioni ai problemi, anche più pressanti, si arricchisce di esperienza, di informazioni, cresce, trova nuove strade e diventa sempre più produttivo, è divenuto per molti l’icona dell’uomo di successo.

Cambiando prospettiva e adottando il pensiero trasformativo possiamo anche ribaltare la definizione dell’impresa di successo come quel processo attraverso il quale si giunge ad escogitare problemi per soluzioni già presenti. D. Perkins  ha definito il pensiero trasformativo quel particolare processo mentale che porta a risultati eccezionali in molti campi del sapere, dalle invenzioni alle scoperte scientifiche, accomunandolo alle caratteristiche di portata innovativa e potenzialità, proprie dei processi evolutivi naturali, che danno vita a nuove specie di organismi. Studiando il modo in cui artisti, scienziati, inventori del passato, hanno trovato soluzioni trasformative ai problemi incontrati nei loro oggetti di studio, Perkins individua una struttura articolata di questa particolare forma di problem solving, che sintetizza in cinque aspetti:

  1. Lunga ricerca: prima di giungere a trovare una soluzione trasformativa, normalmente si riscontra una ricerca prolungata intorno all’argomento che si sta trattando. Approfondimento, studio, ricerca degli indizi e dei dati, accumulo di prove, sperimentazione, interrogativi, fanno parte del lavoro iniziale che ha portato alcune grandi menti del passato a scoperte o invenzioni rimaste epocali per lo sviluppo dell’umanità.
  2. Scarsi progressi apparenti: in genere, secondo l’autore, la soluzione giunge dopo un periodo in cui non si registrano progressi. Archimede, ad esempio, si occupò a lungo del problema di Gerone ed i fratelli Wright per molto tempo si ispirarono ai modelli nautici studiando molte versioni dell’elica per aereo.
  3. Evento scatenante: circostanze esterne, stimoli apparentemente insignificanti oppure eventi mentali improvvisi, costituiscono il punto di svolta che porta alla soluzione cercata. Ad esempio Darwin, nel corso dei suoi studi sull’evoluzione, scoperse la soluzione trasformativa al problema dell’evoluzione delle specie, in un momento in cui non si stava occupando  dell’argomento. Mentre leggeva il famoso saggio di Malthus, “Saggio sul principio della popolazione”, in cui veniva sostenuto che la crescita esponenziale del genere umano avrebbe portato ad una catastrofe a causa della sovrapopolazione, fece delle riflessioni decisive per il proprio lavoro. Darwin ipotizzò che, in tal caso, soltanto gli organismi più adatti a vivere in quelle specifiche condizioni avrebbero trasmesso i loro caratteri ai discendenti e questo poteva essere un meccanismo evolutivo.
  4. Scatto cognitivo: la soluzione trasformativa, appare in modo improvviso, è uno scatto cognitivo che rimette insieme tutti i pezzi sparsi del problema diventando una soluzione promettente. Dall’evento scatenante allo scatto cognitivo, generalmente passano pochi istanti o minuti, ma comunque il lasso di tempo è sempre breve.
  5. Trasformazione: la soluzione viene poi trasformata in un piano d’azione, in una conseguenza pratica, in un ulteriore ricerca che cambia le sorti del lavoro che si è svolto. I fratelli Wright lavorarono per molto tempo sui problemi tecnici per trasformare l’idea dell’elica-ala in un’elica accettabile sul piano dell’ingegneria.


Tornando a Dale Carnegie, l’autore racconta una storia che ben rappresenta la capacità di un uomo di adottare una soluzione trasformativa ai problemi che ha incontrato.

La storia dei serpenti. Negli anni ’40 un agricoltore della Florida per aver evidentemente compiuto un errore di valutazione comprò una fattoria con un terreno che si dimostrò arido, impossibile per la coltivazione o l’allevamento dei maiali; in più aveva un grosso problema: l’ambiente era pieno di serpenti velenosi. Grazie all’adozione del pensiero trasformativo l’agricoltore riuscì a percepire nella sua fattoria non un problema, ma una soluzione, anzi tre:

  1. tanto veleno a disposizione;
  2. tanta carne di serpente
  3. tanta pelle di serpente.


Ora si trattava di scovare i problemi, le situazioni cioè, che richiedevano proprio quel tipo specifico di soluzione. Il primo problema era la ricerca e l’acquisto di veleno da parte delle case farmaceutiche dell’epoca, quando evidentemente ancora non venivano utilizzati veleni chimici. L’agricoltore aveva la soluzione a portata di mano: iniziò a spedire veleno alle case farmaceutiche di tutti gli Stati Uniti creando un  business  formidabile. Ma non solo. Trovò un altro problema costituito dalla scarsità di carne di serpente che, evidentemente, all’epoca piaceva a molti, tanto da iniziare ad inscatolarla creando un commercio particolare che lo fece diventare un esportatore in tutto il mondo. Ultimo problema da trovare riguardava le pelli: diventò un fornitore di pelli per le aziende di pelletteria. Quest’uomo riuscì innanzitutto a trarre profitto dalle perdite e poi a capitalizzare i guadagni.
In tempi moderni la creatività consiste nel creare nuovi bisogni ed è proprio questa l’essenza dell’innovazione tecnologica; la formazione aziendale necessita sempre più di un allenamento mentale che aiuti gli individui, nei diversi settori, ad utilizzare il pensiero trasformativo per affrontare in modo diverso vari aspetti della propria vita personale, lavorativa, aziendale con metodo e creatività.
In tal senso uno degli obiettivi principali della metodologia del Coaching Creativo  consiste nel dirigere la mente e le risorse interne degli individui e dei gruppi di lavoro verso la realizzazione degli obiettivi, l’innalzamento delle performance, la crescita personale e del proprio gruppo di lavoro.
Il processo creativo sostanzialmente è un processo di ristrutturazione e quando le persone diventano abili nel trasformare i punti deboli e le minacce in opportunità e poi in punti di forza, da quel momento riescono ad affrontare una moltitudine di situazioni con un nuovo approccio, con una nuova forza, con la possibilità di disporre, sulla scena della propria vita, delle risorse della mente creativa. Il nucleo generativo del Coaching Creativo è proprio il processo di elaborazione che consiste nel rimodellare creativamente e in modo generativo ciò di cui si dispone – i dati, le informazioni, le risorse -  reincorniciando i punti deboli per collocarli in un nuovo contesto in cui possono esserne svelate le opportunità.

Proprio ciò in cui è riuscito l’agricoltore della Florida: ristrutturare il proprio campo percettivo, riuscendo a vedere le potenzialità dei serpenti, collocandoli mentalmente in un nuovo contesto problematico in cui il serpente improvvisamente diventa una soluzione. L’agricoltore si è posto le domande giuste, per mezzo delle quali si è disfatto delle vesti con cui si è presentato il problema, individuando ed isolando le varie componenti, per ricollocarle dentro una diversa cornice di riferimento e trovare la soluzione. Come afferma Richard Wiseman : “Anziché escogitare una soluzione al problema iniziale, perché non escogitare un problema per la nuova soluzione?”
In tal senso la ricerca si ribalta e si indirizza verso l’esplorazione di tutte le possibili applicazioni del problema-soluzione, cioè del punto debole, a nuove situazioni.

Uno dei più noti e migliori esempi moderni in cui un problema è stato ristrutturato con grandissimo successo è quello dei laboratori dell’azienda 3M. I ricercatori dell’azienda erano impegnati nel ricercare una particolare formula chimica che consentisse la realizzazione di una colla particolarmente resistente; a causa di un errore i ricercatori ebbero un effetto quasi opposto: si ritrovarono con un prodotto leggero, poco appiccicoso che impediva a due parti di rimanere incollate tra loro, pur mantenendo un leggero strato di colla. I ricercatori non si scoraggiarono, ma iniziarono a concentrarsi non tanto su come risolvere il problema della colla forte e resistente, bensì su quale potesse essere il problema che avevano appena risolto, inventando una colla leggerissima. La leggenda narra di soluzioni escogitate apparentemente per caso: una segretaria iniziò ad usare questa pseudocolla per fissare foglietti di appunti su superfici lisce, senza rovinare la carta ogni volta che veniva tolta; un membro del team mentre assisteva ad una funzione religiosa si sentì piuttosto frustrato quando il foglietto che usava come segnalibro continuava a scivolare fuori dal libricino delle preghiere. L’azienda trovò presto il problema: foglietti volanti che si perdono, fogli che una volta attaccati non possono essere tolti senza rovinare e strappare la carta; la soluzione, dunque, consisteva nel poter disporre di fogli che si possono staccare e riattaccare senza rovinare o strappare la carta; avere a disposizione una colla leggera avrebbe superato il problema dei foglietti volanti. Nacquero i Post-it come soluzione trasformativa di un errore.

Il Coaching Creativo nasce come integrazione di metodologie di intervento come la PNL, l’AT, che puntano ad aiutare il cliente ad arricchire creativamente la propria mappa della realtà, seguendo un percorso che può essere appreso e poi riutilizzato autonomamente al fine di utilizzare soluzioni trasformative nell’approccio alla vita personale ed aziendale. Il Coaching Creativo è una metodologia di lavoro, un intervento mirato a potenziare la capacità degli individui di cercare, cogliere e creare le opportunità, dentro e fuori di sé; si tratta di un approccio costituito da una serie di percorsi metodologici a mediazione creativa, per la crescita, l’innovazione, il cambiamento personale ed aziendale. Lo scopo del Coaching Creativo è lo sviluppo della capacità di innovare, scoprire, trasformare, ampliare in modo flessibile, la propria mappa del mondo, conoscere se stessi e gli altri, utilizzando strumenti (metodologie, procedure, tecniche) atti all’arricchimento delle opzioni cognitive, emotive e comportamentali. Queste possibilità di sviluppo trovano il loro filo conduttore nella crescita del potere della Mente Creativa per organizzare le proprie esperienze, partendo dalla mappatura delle proprie competenze, risorse, talenti abilità per poi passare alla riflessione critica, alla decodifica, all’organizzazione gerarchica dei dati, delle informazioni, delle mappature effettuate. L’individuazione delle soluzioni e la ricerca di nuovi percorsi e nuovi collegamenti passa attraverso l’elaborazione creativa delle possibili alternative e idee, l’arricchimento e il rimodellamento generativo delle competenze emotive e il potenziamento delle risorse personali fino a produrre nuove idee per il raggiungimento degli obiettivi ambiti. La progettazione e l’implementazione delle azioni viene seguita dal monitoraggio dell’efficacia dei progetti e delle attività.

Il Coaching Creativo stimola gli individui a mettersi sulle tracce delle “risorse creative” in un percorso costituito da 5 fasi:
Ricerca: la raccolta e la mappatura di informazioni, dati, materiali, e tutto ciò che può essere di ausilio per il conseguimento degli obiettivi 
Decodifica: prevede l’osservazione riflessiva dei dati raccolti, l’individuazione dei criteri di classificazione e l’organizzazione sistematica delle informazioni acquisite
Elaborazione: la creazione di  nuove mappe che portano ad avvicinarsi alla meta, la combinazione di  opportunità e soluzioni, il rimodellamento delle risorse
Produzione: la generazione, la sperimentazione e  l’implementazione dei progetti, la realizzazione dei risultati;
Feedback: stima, valutazione, monitoraggio dei risultati e delle informazioni acquisite nel percorso 

La metodologia del Coaching Creativo è costituita da 5 fasi successive e consequenziali, ognuna delle quale prevede una o più procedure, che consistono in tipologie di percorsi finalizzati agli scopi della fase di cui fanno parte e preparatorie per la fase successiva; ogni tipologia costituisce uno “spazio di possibilità” che comprende una serie di tecniche da scegliere, utilizzare ed integrare di volta in volta, in base agli obiettivi intermedi che si intende conseguire. E’ importante sottolineare che, sia le fasi sia le procedure, non sono strutturate in modo rigido ed è artificioso considerarle separate in modo netto; a volte nelle sessioni di lavoro è necessario tornare ad una delle fasi precedenti, per effettuare cambiamenti o “aggiustamenti” della direzione; altre volte, procedure appartenenti a fasi diverse si sovrappongono parzialmente, per consentire un lavoro che lascia spazio a maggiori possibilità di intervento. La creatività non può essere incapsulata, sfugge a teorie troppo impostate e a metodi che ne potrebbero limitare la spontaneità. Il metodo è anch’esso un modello, una mappa delle operazioni compiute dagli individui nell’ambito di un processo di cambiamento; è sempre utile tenere in considerazione che la carta orientativa dei nostri interventi, sia essa una teoria, un modello o una tecnica, non va confusa con “il territorio”.
Le cinque fasi della metodologia, sono state modellate in base agli studi sul funzionamento del cervello e sul processo di pensiero creativo applicato alla risoluzione dei problemi, all’invenzione, alla creatività generale.

Scopo della metodologia del Coaching Creativo, in tal senso, è creare le condizioni più feconde per far si che l’individuo possa utilizzare in modo attivo e consapevole, le diverse fasi ed i procedimenti mentali, tipici del pensiero creativo, per i cambiamenti desiderati. Si tratta di un metodo che parte dal modellamento del funzionamento del cervello per far si che gli individui imparino a riutilizzare il metodo creativo.

Cervello e Ricerca. In presenza di qualsiasi percetto, interno o esterno al corpo, nella corteccia si attiva una configurazione neurale o mappa alla quale si può accedere soltanto dalla prospettiva in terza persona, per mezzo dei metodi neuroscientifici attuali. Per rappresentazione, Damasio  intende una “configurazione associata in modo regolare a qualcosa”, sia in riferimento ad una mappa neurale, sia alla relativa immagine mentale. Ciò che risulta importante nel processo di cambiamento, indotto dal Coaching, è l’idea che il nostro il cervello non riproduce l’esatta copia dell’oggetto che percepisce con i sensi, ma piuttosto una mappa dell’interazione avvenuta tra l’oggetto e l’organismo. Grazie al cervello siamo in grado di rappresentare le nostre esperienze (così come qualsiasi stimolo percepito con i sensi fisici) sotto forma di configurazioni sinaptiche e di immagini mentali di cui possiamo divenire coscienti, che si presentano dunque alla nostra mente. Il cervello, per come si è sviluppato nel corso dell’evoluzione umana, è un sistema creativo che non rispecchia l’ambiente circostante, ma costruisce delle mappe dell’ambente usando i propri parametri e la propria struttura interna, ricerca costantemente le informazioni sia esterne che interne e le organizza sotto forma di mappe. Allo stesso modo, nel Coaching Creativo, si da molta importanza alla ricerca delle informazioni che vengono costantemente mappate.

Cervello e Decodifica. Nell’esperienza quotidiana, anche se non possiamo esserne consapevoli, il nostro cervello codifica i dati sensoriali registrati con l’attività dei cinque sensi, in configurazioni neuronali, generando miliardi di collegamenti, chiamati sinapsi, le quali sottendono le immagini mentali di ogni tipo. Dunque, l’informazione di cui siamo coscienti e i dati che rimangono sepolti nella mente inconscia, o lasciati temporaneamente nel serbatoio della memoria, sono innanzitutto configurazioni di codici astratti. La seconda fase, il processo di decodifica, prevede un’osservazione riflessiva dei dati raccolti, l’individuazione dei criteri di classificazione e l’organizzazione sistematica del materiale della mappatura, che consentirà, nelle fasi successive, di effettuare un processo di selezione degli elementi più pertinenti al lavoro che si sta svolgendo. Parlare di decodifica implica la presenza di informazioni codificate che necessitano di una traduzione o di una spiegazione; ci si può domandare, perché i dati racconti siano da considerare come codici e non materiale, per così dire, grezzo? Dalla prospettiva del Coaching Creativo si tratta di trasformare le tracce e i segni prodotti, recuperati e raccolti, in fenomeni significanti, che assumono rilevanza nelle fasi successive. Il processo di decodifica si concretizza, in prima istanza, nella definizione dei criteri adeguati ed utili per classificare le informazioni che abbiamo ricercato e “mappato”.

Cervello ed Elaborazione. L’elaborazione è un processo naturale dell’essere umano, basata sull’ingegneria dei processi mentali; questi rendono la persona capace di “rimaneggiare” continuamente le informazioni percepite per mezzo dei sensi fisici, per poi riadattarle in base alla propria storia personale ed integrarle con il proprio modo di essere e con la memoria accumulata nel corso degli anni. Le neuroscienze cognitive ci dicono che l’essere umano elabora un’idea di se stesso, costruendo l’immagine di chi è fisicamente e mentalmente, in base alla propria memoria autobiografica, sedimentata in anni di esperienze; l’immagine di sé è soggetta ad un costante rimodellamento che, in gran parte, avviene in modo inconscio. Se il processo di elaborazione è parte integrante del nostro modo di funzionare a livello cerebrale, anzi, se può essere considerata una peculiarità del nostro essere persone umane, allora è possibile aiutare gli individui a migliorare e potenziare questa risorsa naturale. Il cuore di questa metodologia di Coaching è l’elaborazione creativa dei più svariati aspetti della vita, attraverso un percorso che si avvale di tecniche e strategie mentali e creative.


Il Coaching Creativo mira, infatti, a sostenere il cliente, mentre elabora un intervento attivo sulla propria mappa della realtà; ciò gli consente di esprimersi personalmente e in modo consapevole, sperimentare varie possibilità per mettere a punto cambiamenti, innovazioni, creazioni, pianificazioni.

Elaborare significa portare avanti il processo di decodifica, sviluppare ulteriormente i risultati ottenuti dall’organizzazione e dalla selezione delle informazioni, al fine di creare una nuova mappa orientata verso lo scopo. L’essenza del pensiero trasformativo consiste proprio nel preparare il terreno alla trasformazione dei dati, attraverso queste tre modalità che si presentano nel momento dell’insight, “illuminazione” o scatto cognitivo. Nella fase di Elaborazione e nelle tecniche proprie di questo momento del Coaching Creativo, ci si avvale di quei modelli che indicano il modo in cui la persona procede, naturalmente o sistematicamente, verso la trasformazione e la ristrutturazione per poi giungere al cambiamento. Un filo conduttore di molte delle tecniche di cui ci avvaliamo nel nostro lavoro è il processo trasformativo; ad esempio, la classica tecnica SWOT Analysis viene arricchita con interventi di ristrutturazione, per spingere che la utilizza, oltre l’analisi dei punti di forza, di debolezza, delle opportunità e delle minacce, ed orientarlo alla scoperta di nuove soluzioni trasformative. Nella seconda parte di questa tecnica integriamo i principi del processo trasformativo individuati da Perkins, per allenare individui ed organizzazioni ad adottare nuove forme di pensiero ai problemi personali e/o professionali. In tal senso, uno strumento tipicamente aziendale, come la SWOT, può essere utilizzato nella fase di Feedback non solo come momento di valutazione e di verifica dello stato di un’organizzazione o di un azienda, ma come un vero e proprio percorso trasformativo delle informazioni, dei dati raccolti che riguardano progetti ed obiettivi individuali. Le procedure della fase di elaborazione sono state definite “rimodellamento”, per sottolineare i cambiamenti che, contemporaneamente, l’individuo produce in se stesso e nelle attività che svolge. Mentre l’individuo o il gruppo, lavora creativamente sulle informazioni di cui dispone, attraverso le procedure e le tecniche, arricchisce e rimodella il proprio sé autobiografico, che a sua volta stimola nuove possibilità di cambiamento. Gli effetti dell’elaborazione delle informazione costituiscono nuovi abbinamenti, nuove idee, fantasie, immagini mentali che, a loro volta, diventano cause delle cause, poiché generano apertura mentale, flessibilità, capacità di innovazione e scoperta, che produrranno nuove possibilità di rimodellamento.
In questa metodologia vengono proposte due procedure di rimodellamento:

1    rimodellamento creativo;
2    rimodellamento generativo.

Il rimodellamento creativo è la rielaborazione creativa dei dati raccolti e poi organizzati nella fase della decodifica.

Il rimodellamento generativo consiste essenzialmente nel trasferimento generativo delle risorse.

Cervello e Produzione. La fase di produzione comprende le procedure di progettazione, sperimentazione “come se”, sponsorship e realizzazione. Anche per quanto riguarda questa fase, gli studi sul cervello indicano che la dimora del pensiero è impegnata costantemente nella pianificazione delle azioni e nella loro realizzazione dalle più semplici alle più complesse. Sappiamo quanto sia importante a livello aziendale la progettazione nei vari settori, soprattutto per quel che riguarda la pianificazione dell’attività produttiva, della vendita. Apprendere una serie di procedure che facilitino la produzione personale costituisce un aspetto di importanza prioritaria a causa di una scarsa attenzione dei fattori più personali che riguardano l’area valoriale, l’area emotivo-creativa, l’area cognitivo-esperienziale.

Cervello e feedback. L’organismo umano è uno dei più complessi e meravigliosi esempi di feedback, la nostra stessa sopravvivenza, infatti, dipende dai meccanismi regolatori interni e dai raffinati circuiti di retroazione dell’informazione.
Il modellamento di quanto avviene in natura, ci porta a considerare l’attività di feedback come una procedura fondamentale del processo creativo che porta al cambiamento e al raggiungimento di un successo.
La natura ha donato agli organismi viventi una dotazione innata, che consente di regolare i processi vitali, non tanto per raggiungere una condizione neutrale, ma per ottenere una condizione di vita migliore. L’omeostasi è una forma di autoregolazione dinamica che permette agli organismi ed ai sistemi complessi di mantenere le proprie condizioni entro limiti necessari per la sopravvivenza; obiettivo principale dell’omeostasi, per l’organismo umano, è lo stato di salute, il benessere. A livello biologico, ad esempio, l’omeostasi, regola i processi vitali di ogni cellula istante per istante. Nelle situazioni in cui avviene una modificazione interna od esterna all’organismo, si può verificare una condizione di minaccia se lo stimolo ha la potenzialità di mettere in discussone l’integrità dell’organismo stesso, oppure ci si trova di fronte ad un’opportunità se, la potenzialità dello stimolo, consiste in un miglioramento. L’organismo dunque, rileva la modificazione dell’ambiente interno o esterno ad esso, e reagisce al fine di creare una situazione maggiormente proficua ai fini della propria sopravvivenza. Le reazioni (vedi il dolore, le emozioni, gli stati di attivazione o allarme) sono un mezzo efficace per stimare le circostanze, per valutare se si tratta di una minaccia oppure di un’opportunità e preparare un piano di azione conseguente: liberarsi dei disturbi o approfittare delle opportunità, per creare una condizione che migliori lo stato generale e punti al benessere.

Il Ciclo Evolutivo.
Il feedback di qualsiasi attività, cioè il monitoraggio e la verifica di quanto abbiamo sperimentato ed implementato consente di operare gli aggiustamenti necessari per realizzare con successo la nostra impresa. La metodologia del Coaching Creativo è un sistema aperto, generativo e ricorsivo, poiché il feedback porta nuova informazione che a sua volta consente innovazione, arricchimenti che preparano il terreno per una nuova fase di ricerca verso nuovi obiettivi di crescita.

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