I dati parlano chiaro, soprattutto per le prospettive in Italia di un mercato finanziario per gli immobili attualmente larvale (dati dello studio CRA RogersCasey, LLC – feb. 2007):
- negli USA, il 12% degli immobili (Real Estate – RE) detenuti a scopo d’investimento è trattato sul libero mercato, con diversi strumenti: REITs, RE Mutual Funds, RE Limited Partnerships, ecc.;
- in Europa, solo i 4% degli investimenti immobiliari può essere negoziato / trattato con opportune strutture finanziarie (fondi immobiliari, SIIC, società immobiliari, ecc…), e questo 4% è rappresentato fondamentalmente da tre mercati: francese, tedesco e finlandese;
- l’Italia… non esiste: un infimo 0,2% degli investimenti immobiliari avviene tramite società immobiliari e fondi comuni immobiliari (un insuccesso!), e il governo sta predisponendo la nascita delle SIIQ (Società d’Investimento Immobiliare Quotate) sul modello delle SIIC francesi, nella speranza di ‘finanziarizzare’ un minimo il mercato immobiliare.
L’Italia presenta retaggi culturali e giuridici che limitano l’applicazione della finanza al mercato immobiliare a 1/20 del livello francese, e a 1/60 del mercato USA! Lo spazio di crescita è enorme… purché l’italiano:
- abbia a disposizione strumenti finanziari più… finanziari, ossia più garantiti (senza i ‘brand’ Ricucci, Coppola, ecc…), più trasparenti (senza tutti gli strati informativi dei fondi comuni o delle società immobiliari), e soprattutto più negoziabili;
- possa ‘toccare con mano’ (o quasi) il progetto immobiliare in cui crede, che sia la costruzione di un nuovo centro commerciale o d’intrattenimento, la ristrutturazione di un edificio storico prestigioso, piuttosto che un cambiamento d’uso più lucroso;
- possa seguire lo sviluppo del ‘business plan’ dell’imprenditore edile in cui crede, vedendo rivalutare il proprio strumento finanziario man mano che il progetto evolve, e possa quindi trarne profitto anche parzialmente in corso d’opera.
L’italiano medio pretende molto, data la sua atavica ostilità e diffidenza finanziaria (come dargli torto con i ‘geni finanziari’ che l’Italia ha prodotto, dal “banchiere di Dio” Sindona, al “Blackfriar” Calvi, al “Prestigiatore Tanzi, al “Furbetto del Quartierino” Ricucci….?!).
Ma il suo ‘amore per il mattone’ potrà finalmente trovare forme innovative d’investimento che non siano il terzo box auto, la seconda casa mare/montagna, il monolocale per il figlio, con tanto di ICI, catasto e tasse rifiuti da gestire!
Come? Una prossima possibile risposta tutta italiana, sull’esperienza della finanza immobiliare dell’ultimo decennio, sarà data dai “Brick Shares” ©.
Il termine ‘Shares’ non tragga in inganno: non sono obbligazioni, madiritti a partecipare ai proventi, al realizzo, al risultato di un ‘business case’ specifico e ben circoscritto, con la caratteristica di essere basato su determinati immobili, e con le garanzie e la trasparenza che ne conseguono naturalmente.
Nicola Antonucci
nicola.antonucci@libero.it