bollino ceralaccato

L’Accademia Sport & Management® compie 10 anni

Il 2008 sembra lontanissimo, se pensiamo a come si è trasformato il nostro mondo e, insieme a lui, il ruolo e il significato del management all’interno delle organizzazioni. Avevamo capito cosa stava accadendo, e che avremmo avuto bisogno di innovare il pensiero manageriale trovando nuove strade di contaminazione con altri mondi, e così nacque l’Accademia Sport & Management.


L’Accademia Sport & Management® compie 10 anni

di Carlo Romanelli[1]

 

Il 2008  sembra lontanissimo, se pensiamo a come si è trasformato il nostro mondo e, insieme a lui, il ruolo e il significato del management all’interno delle organizzazioni.

Avevamo capito cosa stava accadendo, e che avremmo avuto bisogno di innovare il pensiero manageriale trovando nuove strade di contaminazione con altri mondi, e così nacque l’Accademia Sport & Management, proprio all’inizio della grande crisi, con l’idea di costruire una canale di confronto permanente e non retorico tra il mondo dello sport e quello del management, alla ricerca di fonti di ispirazione, di pensieri forti e di percorsi di eccellenza, tramite le Storie di grandi protagonisti dello Sport.

Sottolineo il permanente per enfatizzare l’uscita dall’episodicità dell’esperienza di contaminazione, che spesso suscita curiosità ma non lascia contenuti veri; viceversa, l’esperienza dell’Accademia in questi dieci anni ha voluto estrarre e proporre contenuti forti tramite le storie dello Sport, costruendo un percorso di apprendimento, piuttosto che una serie di eventi. E così le suggestioni tratte dal mondo dello Sport sono entrate definitivamente nell’anima del pensiero manageriale, contribuendo a renderlo più forte: pensare in grande, per l’appunto, è quello di cui abbiamo ancora oggi bisogno, rinnovandone continuamente i significati. E’ una proposta formativa forte, intensa, della quale non possiamo più fare a meno, abbiamo aperto una strada di narrazione che prima era uno stretto sentiero fatto di mere testimonianze.

Cosa abbiamo imparato in questi 10 anni, quale contributo ha dayo l’Accademia Sport & Managent al management?

Voglio tentare di renderlo esplicito facendo ricorso ad alcune delle esperienze vissute e delle Storie più significative che abbiamo incrociato in più di 40 momenti d’incontro.

Pensare in grande

Come ci disse Valentina Vezzali nel primo incontro dell’Accademia del ciclo CFMT nel 2008, “voglio lasciare qualcosa di indelebile nella storia non solo della scherma, ma dello Sport”, oppure ricordando le parole di Arrigo Sacchi quando gli fu assegnata la squadra con la quale vinse tutto: “perché accontentarsi di vincere una Coppa o diventare la squadra per qualche anno più forte del mondo? Perché invece non pensare di essere ricordati come una delle squadre più forti di tutti i tempi?”.  Già, perché? Una delle frasi più ricorrenti anche nel management è “avere un sogno”, “coltivare un sogno”, soprattutto quando si vogliono coinvolgere o motivare le persone per un progetto, un obiettivo importante, e così via, sono cose che conosciamo bene. Pensare in grande significa non illudersi di motivare le persone dando loro obiettivi semplòicemente connessi allo scorrere della vita aziendale: è troppo normale. Se vogliamo coinvolgere le persone come manager dobbiamo non fermarci agli obiettivi, bensì costruire uno scopo più alto, una missione che duri nel tempo, nella quale le persone possano identificarsi ed emozionarsi perché partecipi di una Storia  che lascia un segno indelebile nella vita di un’organizzazione o di un team. Per il management significa addentrarsi nella costruzione di uno senso e di significati condivisi nell’agire quitodiano, ben più di semplici obiettivi di budget, vendita o altro: significa comprendere che il sensemaking colloca le energie da profondere in una prospettiva più ampia ed intima, oltre il metronomo dei quarter.

Eccellenza

Di eccellenza si parla ovunque, lo Sport ci insegna a coglierne l’essenza. Come ci hanno spiegato Andrea Anastasi, Mauro Berruto ed altri, “l’eccellenza non è la prestazione, ma tutto quello che accade prima, durante e dopo la prestazione; l’eccellenza è il frutto di un processo in cui si curano i fondamentali e i dettagli, l’allenamento intenzionale, concentrandosi sul cuore delle caratteristiche della nostra squadra. Una squadra è come si allena”. Beninteso, abbiamo capito che non è la focalizzazione su dettagli inutili ed isignificanti, bensì l’identificazione degli aspetti cruciali e dei dettagli significativi  che portano a costruire grandi prestazioni. In teoria è semplice da comprendere, ma il confronto con la narrazione sportiva ci ha permesso di coniare una sorta di “formula dell’eccellenza”, o “formula della high performance”[2], se preferite.

In buona sostanza, le capacità tecniche sono allenabili, così come le capacità emozionali: lavorando su questi fattori e migliorandoli nel tempo, al loro crescere, semplificando i metodi, le prestazioni crescono di valore.

E’ una formula didattica, naturalmente, ma vale la pena che ogni manager la tenga presente con attenzione per valutarne l’applicabilità alla propria realtà, e al proprio stile di management.

Resilienza

“Sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima”, si tratta degli ultimi versi di Invictus, ai quali anche Nelson Mandela era molto legato, e ai quali Juri Chechi si è ispirato per trovare la forza di reagire all’infortunio vissuto poche settimane prima delle Olimpiadi di Sidney, da campione olimpico in carica, e che lo hanno condotto, 8 anni dopo, alle Olimpiadi di Atene, per vincere un bronzo. Juri Chechi è stato un atleta unico, ma di storie come la sua lo Sport è pieno: la capacità di riemergere e di trarre nuova forza dalle avversità e dai momenti difficili in generale è una caratteristica fondante dei grandi sportivi, e deve esserlo anche per le organizzazioni e per il management, ora più che mai. L’alternanza tra vittorie e sconfitte e la capacità di viverla come un’esperienza di vita è storia nota, ma pochi sono capaci di comprenderlo veramente, nel profondo.

Sappiamo cosa nutre la capacità di resistenza: un forte e strutturato Commitment, il Senso della Sfida e il Senso del Controllo, nel senso della convinzione che il baricentro della nostra vita e della nostra professione rimane dentro di noi, per cui quello che facciamo influenza il nostro destino, senza avere l’illusione di poter determinare tutto (Illusione del Controllo). Ogni manager può trarne insegnamento.

Una squadra è un progetto

Ce lo hanno spiegato Julio Velasco, Sandro Campagna, Dan Peterson, Valerio Bianchini, Arrigo Sacchi e tutti gli altri grandi coach che abbiamo incontrato. Ocorre pensare in una prospettiva di medio periodo per costruire un progetto vincente, anche se è necessario ottenere qualche risultato nel breve, in relazione alle potenzialità della squadra. Si viene facilmente esonerati se non si trova un equilibrio tra queste due orizzonti temporali, che in questa stagione riguarda anche il management. Il bilanciamento tra prospettiva di medio periodo e risultati nel breve è una questione che riguarda non solo lo Sport, ma anche le organizzazioni e il loro management, che sono costrette a trovare forme di equilibrio soddisfacenti  in tal senso per lasciare tempo ai manager di costruire e lasciare una traccia, favorendone e sollecitandone i risultati. Potremmi dire che la costruzione di una squadra richiede obiettivi a breve e prospettive di lungo.

 

Molte altre suggestioni abbiamo colto, ma lo spazio è terminato. Certamente continueremo a sintetizzarle in altre occasioni o su questo stesso magazine.

Per la decima edizione dell’Accademia Sport & Management incontreremo Gregorio Paltrinieri, campione olimpico e mondiale in carica di nuoto, il 17 Ottobre 2018  a Roma e il 24 Ottobre 2018 a Milano. Nati per Vincere, sarà l’incipit della decima edizione, esplorando come una nuova generazione di atleti sta costruendo i propri sucessi e il proprio futuro.

 



[1] Fondatore e Presidente di Net Working Srl, partner CFMT, fondatore e conduttore cell’Accademia Sport & Management.

[2] Formula elaborata da Giueppe Vercelli, professore di Psicologia dello Sport all’Università di Torino

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