bollino ceralaccato

Scenari Complessi Finanziari: la strategia tedesca

Una notizia di grande interesse in questo inizio 2013 riguarda il dato relativo al PMI Tedesco, peggiore delle aspettative del consensus. Non a caso la stessa Angela Merkel si è occupata di comunicare ai Tedeschi, nel suo discorso di fine anno, il peggioramento della situazione economica Europea.

Una notizia di grande interesse in questo inizio 2013 riguarda il dato relativo al PMI Tedesco, peggiore delle aspettative del consensus.

Non a caso la stessa Angela Merkel si è occupata di comunicare ai Tedeschi, nel suo discorso di fine anno, il peggioramento della situazione economica Europea.


Personalmente, il dato in questione non mi coglie di sorpresa, così come il discorso, non certo ottimista, del Cancelliere: per la Germania si prospetta certamente un anno difficile e proprio in concomitanza delle elezioni.

La Germania è sempre stata legata, in modo importante, alle esportazioni all'interno dell'Eurozona, molto più di quelle all'esterno, ma dall'inizio dell'Eurocrisi (approssimativamente quindi dal 2010 quando, sullo strascico del fallimento di Lehman Brothers, la crisi si spostò sui debiti sovrani europei) a causa della imposizione di politiche di austerità, la domanda che sosteneva tale export è crollata.

Certo nel corso del 2011-2012 un indebolimento importante dell'Euro, causato dalla prolungata instabilità dell'Eurozona, ha giovato alle bilance commerciali dei Paesi membri, ma si è trattato di nulla più che un palliativo.

La Germania si trova quindi ora incastrata in una situazione pericolosa in cui, da un lato ha interesse a continuare a spingere per politiche deflative in quanto principale creditore dell'Eurozona, mentre dall'altro comincia a subire gli effetti collaterali di questo genere di politica.


Come verrà gestito da Berlino il loro ingresso ufficiale nella crisi?

Certo non è facile dirlo, considerando le imminenti elezioni.

Attualmente in Germania si è aperto il dibattito relativo ai temi degli aumenti salariali e dell'occupazione: il presidente del DIW Wagner spinge per i primi, mentre il presidente Franz suggerisce un minore aumento dei salari, sufficiente appena a tutelare il potere d'acquisto dalla bassa inflazione, al fine di favorire una maggiore occupazione.


Curioso come il tema dell'occupazione tedesca si riveli materia più controversa di quello che in generale ci si attende: se da un lato si sentono spesso i media parlare di "record di occupati" a proposito della Germania, dall'altro si ritrova la questione occupazionale al centro del tavolo delle trattative.

In realtà il trucco c'è e si vede: le riforme del mercato del lavoro tedesco targate Hartz, hanno introdotto i minijobs ovvero contratti di lavoro precario che si pongono circa a metà, sia in termini di ore lavorative che di retribuzione, tra un lavoro standard e la disoccupazione. Naturalmente le statistiche relative all'occupazione tedesca risultano distorte da questo fenomeno, in quanto in generale non distinguono tra un occupato normale ed un minijobber, e ciò crea non poca confusione, soprattutto agli occhi dell'opinione pubblica non tedesca che spesso non è conoscenza di questo genere di dettagli.


D'altro canto, anche gli occupati full time reclamano giustamente aumenti salariali: diversi studi hanno infatti rilevato che sono più di 2 milioni gli occupati a tempo pieno che, pur disponendo di una formazione professionale di medio-alto livello, percepiscono un basso salario.


In definitiva ci sarebbero quindi diverse ragioni per auspicare che la Germania si decidesse a compiere la transizione orientata a ridurre la sua dipendenza dalla domanda estera favorendo quella interna ed affermandosi contemporaneamente come vero Paese leader dell'Eurozona.


In realtà lo scetticismo prevale. Recentemente il direttore del FMI Christine Lagarde ha espresso le sue preoccupazioni relativamente alle politiche attualmente al vaglio del Governo tedesco: pare che esse consistano nella applicazione di politiche di austerità anche all'interno della stessa Germania, dopo le elezioni.

Tali scelte sarebbero orientate a fare riguadagnare competitività ai beni tedeschi, cercando di recuperare quella parte dell'export, rivolto all'interno all'eurozona, perduta a causa dell'austerità, grazie alla riallargamento del differenziale di inflazione tra la Germania e gli altri Paesi.

Questa visione dell'Economia, fortemente orientata a privilegiare l'offerta rispetto alla domanda, è tipica della Germania da sempre ben lontana dalla visione Keynesiana.

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Nicola Bernini

Nicola Bernini

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