Stamattina (20 novembre 2007) vedo due paginate sul Corriere dal titolo “La svolta dell’Europa: il PIL non dice tutto sulla qualità della vita”.
Il primo commento inevitabile è: ma se ne accorgono solo ora? Il concetto di impronta ecologica risale a più di venti anni fa. Il concetto di “indice di povertà” di Amartya Sen è vecchio di giusto 30 anni, ma neppure viene citato. Questo ritardo non può che portare a fare qualche riflessione sulla attenzione che la classe dirigente ha nei confronti del progresso del pensiero umano: praticamente nessuna. Solo quando una innovazione viene urlata nell’orecchio non viene ascoltata.
Citare tutte le “scoperte” ancora non ascoltate porterebbe ad una lista lunghissima. Ma mi limito a citare la più complessiva: la metafora della complessità che ha portato ad una vera rivoluzione nel modo di considerare i rapporti tra l’uomo e il mondo.
Essa porterebbe a nuovi modi di fare impresa, cultura e a costruire la convivenza sociale, ma chi se ne frega. Al massimo riuscite a trovare qualche manager o politico che cita il termine caos, ma in modo così primitivo che sembra una barzelletta. Ma, meglio tardi che mai, dirà qualcuno. Forse, ma se siamo in ritardo nell’usare le scoperte del pensiero umano, allora occorre recuperare. Naturalmente non lo stiamo facendo.
E l’esempio più eclatante è il concetto di “valore”. Esso è l’equivalente improvvisato del PIL. Quindi, se quest’ultimo è primitivo, a maggior ragione lo è il primo. La strategia del valore così come oggi viene espressa, non può in nessun modo essere la guida per la gestione strategica di imprese che non siano il calzolaio dietro l’angolo. Che, però, usa criteri più sofisticati di gestione del suo ambiente di quelli che utilizzano le imprese che perseguono il “valore”.
Ma perché ce l’abbiamo così tanto con il valore? Perché oramai è diventato solo un mito. Nessuno sa esattamente cosa sia, ma tutti lo usano per giustificare (da parte dei media: santificare) una classe dirigente rozza ed egoista che cerca di conservare la propria Versailles di privilegi, per di più senza lo sfarzo e la gloria di quella vera.