Oggi, 16 aprile 2008, Il Sole 24 ore pubblica, in prima pagina, un articolo di Nouriel Roubini dal titolo: “Le quattro lettere misteriose della recessione americana”. Come il lettore avrà capito dal titolo di questo mio contributo, l’articolo non mi è piaciuto. Ecco non solo quello: mi sono anche molto preoccupato. Ed ho deciso di scrivere e proporre.
Roubini dice che vi sono 4 possibili andamenti dell’economia americana, descritti da quattro lettere: V,U, W, L.
V: recessione breve (otto mesi) e poco incisiva
U: recessione lunga (dodici, diciotto mesi)
W: recessione con doppia caduta
L: periodo di prolungata stagnazione.
Per “andamento” dell’economia americana si intende, naturalmente, l’andamento dl PIL nel tempo.
Ma cosa c’è di così preoccupante? Lo spiego subito. Ma, prima, dichiaro la mia fonte di ispirazione: la metafora della complessità. Intendo con questa espressione un sistema di metafore e modelli che stanno affermandosi all’attenzione di tutti e che stanno rivoluzionando il nostro modo di guardare ai sistemi umani e di governarli. Di preoccupante c’è che si tratta di un discorso troppo banale che conduce ad un atteggiamento di fatale attesa delle scelte del destino. Le ragioni per cui esprimo un giudizio di banalità e rischio di passività sono sostanzialmente tre.
La prima ragione è “tecnica”: da decenni si è scoperto che gli andamenti di variabili che descrivono sistemi umani, su tempi non brevissimi, non si sognano neanche di avere andamenti così semplificati, descrivibili con le curve che si studiano al liceo scientifico.
Quindi credo proprio che sia molto difficile che il PIL americano abbia questi andamenti nei prossimi anni. Non avrà neanche andamenti che somigliano a quelli indicati.
Credo che prima di scegliere quale è il modello adatto a descrivere l’andamento del PIL occorrerebbe avere in mente un bagaglio di modelli un momentino più sofisticato delle funzioni imparate al liceo. Che ne so: le equazioni differenziali non lineari, ad esempio …
La seconda ragione è “sistemica”: ma l’andamento del PIL non è un fenomeno cosmico, che possiamo solo guardare, che, se vogliamo, possiamo attribuire alla collera o alla benevolenza di Giove Pluvio. Il PIL è frutto di nostri comportamenti imprenditoriali, più ancora che delle politiche economiche. Basterebbe pensare ai “meccanismi” dell’autopoiesi per capire come si può cancellare la recessione rilanciando imprenditorialità. E pensare all’auto referenzialità per capire da dove la recessione ha origine: dal chiudersi in loro stesse di imprese e classi politiche.
Terza ragione “banale”: tutti ricordano un famoso discorso di Robert Kennedy, dagli accenti profetici, quando spiegava che l’America non è il suo PIL. Ma è storia, conoscenza, socialità. E’ il valorizzare la storia, creare conoscenza, mobilitare socialità che costruisce una società. E anche il suo PIL. E’ banale: Tutti sanno e sentono di essere molto più di quello che producono.
L’articolo mi ha molto preoccupato, ma, come dichiarato, non mi voglio e posso, fermare alla preoccupazione. E’ necessario tentare una proposta. Mi stacco dell’articolo che, come il lettore avrà capito, è utilizzato come ghiotto “casus belli”. Io credo che oggi viviamo veramente in una società complessa. E complesso non vuol dire “complicato”. Vuol dire altamente ed effervescentemente vitale. Il problema è che non abbiamo gli strumenti per comprendere questa complessità e, tanto meno, gli strumenti per gestirla.
Allora la soluzione sta nel proporre alla classe dirigente nuovi modelli e nuove metafore per leggere diversamente la realtà e nuove metodologie per gestirla. Occorre proporre nuovi modelli, metafore e metodologie per superare quella impotenza progettuale e realizzativa che ci impedisce di riformare il nostro paese. Che costringe la progettualità imprenditoriale lungo vie imitative. Occorre proporre nuovi modelli,metafore e metodologie per superare tutte le resistenze al cambiamento. E via dicendo.
Per riuscire a formulare questa proposta, stiamo progettando una giornata sulla complessità dove proporremo alla classe manageriale e professionale italiana quella visione complessiva di modelli e metafore della complessità che fino ad oggi non è stata disponibile. E proporremo le metodologie per utilizzare modelli e metafore per riuscire a generare un nuovo sviluppo che ci piace definite etico ed estetico.