bollino ceralaccato

Nuove frontiere della scienza, alta finanza e cittadinanza.

Stamattina sfogliando “Affari e Finanza” di Repubblica, ben nascosto a pag. 29 perché nelle prime pagine si discute se, nella battaglissima prossima ventura della finanza, vincerà Bazoli o Geronzi, si parla di “Nuove frontiere della scienza”. E cosa è la nuova frontiera di cui si parla? Ecco, del fatto che da oggi, udite udite, il Lisomucil per bambini, sarà arricchito di gusto al lampone!

 

Stamattina sfogliando “Affari e Finanza” di Repubblica, ben nascosto a pag. 29 perché nelle prime pagine si discute se, nella battaglissima prossima ventura della finanza, vincerà Bazoli o Geronzi, si parla di “Nuove frontiere della scienza”. Meglio che se ne parli in un luogo nascosto che non parlarne proprio delle nuove frontiere della scienza, dirà qualcuno. Bene allora leggiamo. E cosa è la nuova frontiera di cui si parla? Ecco del fatto che da oggi, udite udite, il Lisomucil per bambini, sarà arricchito di gusto al lampone! Patapunfete!

Già mi ero depresso perché il buon Turani si era scervellato a capire cosa c’è dietro la battaglissima che sembra essere quella di Telecom, ma tutti quelli addentro alle segrete cose sanno che si tratta di quella delle Generali.

E io pensavo che si è scervellato sì, ma senza trovare la spiegazione più semplice: l’autoreferenzialità dei sistemi. Ed ora ecco che il gusto al lampone diventa la salvezza del mondo!

Allora occorre reagire perché le due sciocchezze, il gusto al lampone e la battaglissima della finanza, sono strettamente legate. Io credo che la scienza stia vivendo una crisi da autoreferenzialità come la finanza.

La fisica forse ne è l’esempio più eclatante. Essa è, infatti, dilaniata dal dilemma: stringhe sì, stringhe no! Si tratta di un dilemma che somiglia davvero molto alla battaglissima del mondo della finanza: ne capisce il significato solo chi vi partecipa e gli altri devono pagare (l’autoreferenzialità) . Sì perché, come le battaglie della finanza si fanno a colpi di risparmio, la battaglia per le stringhe pure. Occorre costruire macchine sempre più gigantesche (gli acceleratori) con marginali probabilità di capire se le stringhe ci sono o meno bassissimi. Si calcola che per essere certi di sciogliere il dilemma occorrerebbe costruire un acceleratore con un raggio (gli acceleratore di cui si parla oggi sono fatti ad anello) uguale a quello della galassia (dell’ordine di 100.000 anni luce).

Visto che parliamo di scienza, è il caso di dire che anche le altre scienze fondamentali stanno vivendo la stessa crisi di significato generata da autoreferenzialità.

La matematica sta disperdendosi in mille linguaggi e paesaggi specialistici che, spesso, sono più diversi dei paesaggi e dei dialetti del nostro paese. E, dopo Godel, tutti questi specialismi non si interrogano su cosa hanno in comune altrimenti scoprirebbero che, in fondo in fondo, non sanno più rispondere alla domanda banale: ma cosa è la matematica?

La biologia si è imbarcata nella battaglia riduzionista del genoma dove si sta scoprendo che non è vero il presupposto che ha dato il via alla battaglia: la corrispondenza uno a uno (stabile) tra gene e sue funzioni. Scovato un gene in certo modo si scopre che le sue funzioni dipendono dal modo in cui lo si è scovato!

Questa autoreferenzialità genera non solo povertà di significato (sociale, ma anche rifiuto della nuova conoscenza. Infatti, mentre tutte questa battaglissime stanno infuriando, è dagli anni ’20 del novecento che si stanno alzando voci sempre più forti che spingono a cambiare il paradigma stesso del fare scienza. Mi riferisco a tutti quei nodelli e quelle metafore che stanno dietro la parola complessità. E si spingono più oltre: propongono di cambiare il paradigma di come si fa socialità. Cioè come si costruiscono e si fanno evolvere i sistemi umani: dalle imprese alle istituzioni.

Queste nuove conoscenze potrebbero rompere il circolo vizioso dell’autoreferenzialità, ma non possiamo aspettarci che questo sia fatto dalle attuali classi dirigenti. I protagonisti delle battaglissime sono troppo impegnati nella battaglissime stesse per ascoltare le voci di tutti coloro che stanno provando a suggerire che si tratta di battaglie senza senso. Allora è il caso di riscoprire il significato di cittadinanza. Occorre dire a tutti coloro che stanno combattendo battaglissime di smetterla.

Occorre dire loro che non è importante sapere chi guiderà le Generali, ma come progettare un nuovo sistema economico. Che, se le leggi fisiche che abbiamo scoperto dipendono da come abbiamo guardato alla natura, allora possiamo guardarla in altro modo e scoprirne altre. Così facendo potremmo, magari, disporre di una tecnologia radicalmente diversa rispetto a quella che oggi ci sta soffocando.

Occorre che la produzione di conoscenza, di nuove imprese e nuove istituzioni non sia affidata agli specialisti (scienziati, imprenditori o politici che siano), ma diventi consapevole dovere e piacere diffuso.

Se volete uno slogan: tutti scienziati, imprenditori e politici. Perché solo così saremo tutti profondamente cittadini. Impossibile? Credo che questa nuova cittadinanza consapevole ed integrale, sia non solo possibile, ma anche desiderata ed attesa. Non dalle classi dirigenti, ma da tutti i giovani, sia di età che di spirito.

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Francesco Zanotti

Francesco Zanotti

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