bollino ceralaccato

Egoista? No, poliarca “puro”

Il concetto di poliarchia non è molto usato se non in campo specialistico, ma può essere utile per inquadrare una tendenza preoccupante, quella della diffusione della mentalità “poliarchica pura”, che non è semplice “egoismo”, ma è connessa invece a una particolare visione del mondo.

 

Il concetto di poliarchia non è molto usato se non in campo specialistico, [1] ma può essere utile per inquadrare una tendenza preoccupante, quella della diffusione della mentalità “poliarchica pura”, che non è semplice “egoismo”, come tendono a pensare coloro che si affidano a una lettura moralistica dei comportamenti dei singoli, ma è connessa invece a una particolare visione del mondo.

La parola “poliarchia” deriva dal greco e significa “molti poteri” o “governo di molti”[1], e si associa in generale all’idea di una società in cui agiscono molti centri o gruppi di potere, diversa quindi da una società oligarchica (“pochi poteri”), o “gerarchica” (che – sempre dal greco – evoca un insieme guidato spiritualmente da un capo religioso, un sommo sacerdote, anche se per estensione il termine si applica al complesso dei gradi in cui si articola ogni ordine sociale), o “monarchica” (un solo capo, o un solo potere di comando). La poliarca è una sorta di premessa (il potere è distribuito) che rende possibile la “democrazia” ma non la garantisce.

Esiste anzi una mentalità poliarchica che non è compatibile con l’emergere di convinzioni pro-democratiche ma anzi comporta in alcuni attori sociali la percezione dei “molti poteri” come condizione di fatto da mantenere e difendere perché consente il perseguimento e possesso del potere, che diventa valore in se stesso e movente / fine principale della persona o del gruppo.

Si può parlare in questo senso di una visione del mondo tipica del poliarca “puro”, di colui che vive cioè per l’esercizio del proprio potere in ambiti particolari della società, che considera aree di sua pertinenza, in cui non accetta intrusioni da parte di altri.

L’orientamento poliarchico si va diffondendo e differenziando nel mondo post 11 settembre e costituisce una seria minaccia alla vita associata quando il senso del potere – presente in ogni essere umano - travalica ogni altro valore e modello di condotta, trovando spazio in tessuti sociali in crisi di frammentazione (tale da toccare simultaneamente le componenti o funzioni di fondo dei sistemi sociali: crisi dei valori, crisi dei modelli di comportamento, crisi poltica, crisi economica).

Purtroppo l’orientamento poliarchico “puro” è a un tempo effetto e causa della frammentazione sociale (causalità circolare o circolo vizioso che andrebbe interrotto), e va ricondotto agli aspetti deteriori del processo di sviluppo umano – personale e collettivo - verso livelli superiori di auto-determinazione, che possono manifestarsi [2] in contesti sociali profondamente conflittuali e di democrazia assente, debole o corrotta, o quando lo sviluppo si arresta e i valori emergenti (i cosiddetti valori della Self-expression, d’impronta pro-democratica) stentano ad affermarsi.

Il poliarca nella sua variante estrema (o tipo “puro”) non pretende di dominare la società (in generale non crede neppure che esista qualcosa del genere) ma piuttosto avverte la necessità di impedire ad altri di esercitare il loro potere negli ambiti che ritiene di sua pertinenza (tendenza al “veto”). Il poliarca “puro” interpreta ogni azione o evento in termini di potere, unico valore per il quale vive. Difende il suo potere e non è disposto ad accettare limitazioni, neppure in cambio di vantaggi d’altra natura (che non gli interessano né crede all’interdipendenza degli attori sociali). Il poliarca è indisponibile allo scambio (nessun valore – materiale o simbolico - equivale per lui al potere) se non vi è costretto. Ma se percepisce qualcosa di simile a una costrizione sente minacciato il suo unico valore ed è disposto a battersi fino alla fine pur di non rinunciare al potere.

Il poliarca “puro” è disposto ad ammettere l’esistenza di altri poliarchi purché non interferiscano nel suo “territorio” ed è anzi disposto a collaborare se la collaborazione gli dà vantaggi sul piano del potere. Se perde una frazione del suo potere il poliarca “puro” fa di tutto per rientrarne in possesso, anche esponendosi a gravi rischi. Ma se perde gran parte del suo potere, il poliarca “puro” avverte un profondo senso di vuoto e fallimento, diventando un pericolo per gli altri (può colpire facendo vittime tra le persone vicine e deboli), e per se stesso.

Il poliarca “puro” non ammette gerarchie (se richiedono umiltà, obbedienza e limitazioni), accetta visioni simmetriche (per esempio: la non interferenza reciproca) ma non democratiche (non crede nel principio di maggioranza), non dà valore alla “verità” né alla logica se non come strumenti o basi di potere (se può trucca a suo vantaggio informazioni, bilanci e statistiche). Nelle scelte individuo-gruppo si sente libero di appoggiare l’alternativa che torna a vantaggio del suo potere, non dando valore né alla libertà individuale (né propria né altrui, né in campo affettivo né intellettuale) né ai legami emotivi con altre persone (venderebbe la madre per il potere). Nelle scelte tra armonia e iniziativa predilige l’iniziativa se gli consente di espandere o difendere il suo campo di potere, ma favorirà strumentalmente orientamenti armonici se tornano utili al suo obiettivo di fondo. Lo stesse avviene nei dilemmi tradizione-innovazione o economia-ambiente (tanto lo sviluppo quanto la difesa della natura hanno per lui carattere puramente strumentale). In funzione del suo potere, apprezza forme retoriche di comunicazione, sia in chiave aggressiva sia difensiva sia dilatoria, ma non ammette critiche (neppure costruttive) nei suoi confronti, che vede esclusivamente come diminutio capitis.

Il poliarca “puro” ragiona strategicamente (pensando che il fine – il possesso del potere - giustifica i mezzi) ma tendendo a cogliere opportunità spesso si perde in questioni tattiche, trascurando aree d’azione importanti se richiedono collaborazione e rinunce, e concentrandosi su fatti minimali che hanno però attinenza con le sue prerogative e ambiti d’influenza (improduttività del poliarca “puro”).

Pur non considerando né desiderando le responsabilità che il grande potere sociale comporta, il poliarca percepisce la vita sociale come un gioco a somma zero ed è quindi portato a battersi contro chi sta sviluppando poteri diversi dai suoi, vedendo una tale crescita come minaccia potenziale al suo territorio. Quando riesce a contrastare con successo gli altri, il poliarca “puro” può finire con il concentrare un grande potere nelle sue mani, il che lo porta a scontrarsi con poteri sempre maggiori, che comportano responsabilità e limitazioni sempre più ingenti, fino al redde rationem (in cui è disposto a incorrere – quando le cose sono andate troppo avanti - piuttosto che limitare il suo orientamento al potere, che è di tipo assoluto e non ammette deroghe).

La tendenza del poliarca “puro” al gioco “a somma zero” può trovare emulatori in persone predisposte, con effetti d’infezione epidemica dei tessuti sociali frammentati: nei casi più gravi emergerà un vasto sistema di veti incrociati e di conflitti improduttivi tra poliarchi in grado di provocare il declino o addirittura la decadenza di interi sistemi sociali. E’ necessario riconoscere e limitare l’impatto della mentalità poliarchica, impedendole di raggiungere livelli superiori di diffusione e di differenziazione (emersione e affermazione del tipo “puro”).

La limitazione dell’orientamento poliarchico “puro” – se l’infezione è diffusa – è particolarmente impegnativa, dato che si misura con gli esiti di un duplice fallimento: del processo evolutivo della persona, che resta bloccata nello stadio dell’affermazione primitiva di sé (mancato accesso all’esperienza compiuta del ruolo e della regola, e agli stadi evolutivi successivi; mancanza di sensibilità per gli stadi precedenti), e degli sforzi di socializzazione della famiglia, della scuola, del lavoro, della comunità locale, delle associazioni ecc.

La limitazione della tendenza poliarchica pura richiede quindi interventi flessibili su più stadi e livelli, a partire dal rafforzamento delle radici culturali locali (tessuto comunitario tradizionale, famiglia, vicinato, associazioni, impresa, comune), al contrasto diretto di potere (ricordando le possibili conseguenze drammatiche della privazione del potere nei soggetti in esame che – depotenziati – possono colpire chi è vicino / debole, e/o giungere a forme gravi di auto-lesionismo), a misure normative (il poliarca “puro” in stato avanzato tende a commettere reati), all’informazione pubblica, alla difesa dei diritti che tende a conculcare, allo sviluppo di iniziative organizzate di tipo sistemico che riducano il tasso di frammentazione sociale attorno al poliarca, anche proponendo modelli valoriali e di comportamento (educazione e responsabilizzazione) di più vasto respiro e più produttivi. Il contrasto diretto di potere (interventi di polizia, politiche autoritarie) – se usato come forma principale di limitazione, in assenza di un quadro sistemico, flessibile e pluri-livello d’intervento – può avere effetti paradossali (rafforzamento della tendenza poliarchica “pura” come reazione uguale e contraria, conflitto circolare di potenza).

Ma deve essere chiaro che lo sviluppo – per esempio - di associazioni o movimenti, essendo la tendenza poliarchica “pura” provvista di capacità “infettive”, deve collegarsi in un quadro organico allo sviluppo di iniziative di più ampia visione e responsabilità, in cui hanno un ruolo di rilievo la scuola e le agenzie educative e di socializzazione in genere.

Purtroppo l’attuale classe dirigente – in parte e forse largamente già infetta – non sembra all’altezza della prova che l’aspetta. Ma nessuno può dirsi al sicuro dal rischio epidemico: è bene un auto-controllo periodico.



[1]  Sul tema della poliarchia si vedano Dahl R. A., Poliarchia, Milano, Angeli, 1981. Lindblom C., Politics and Market, New York, Basic Books, 1977. G. De Rita, Cresce uno stato nuovo con le autonomie funzionali, in Impresa & Stato n°33. Giuseppe De Rita ha in più casi utilizzato il termine poliarchia parlando della trasformazione dei poteri nella società italiana (lo studioso italiano parla anche di “policentrismo” dei poteri). Martinelli A., Democrazia globale, Università Bocconi editore, Milano, 2004. Nelle scienze sociali si parla sempre frequentementemente di modello poliarchico in riferimento a una società globale in cui l’anarchia degli stati sovrani è temperata da una pluralità di attori non statuali: istituzioni internazionali che fanno capo all’ONU, organizzazioni della società civile, e comunità sovranazionali come la Comunità Europea. Cfr. anche l’articolo dal titolo l’Europa sociale vista dagli USA, di Joshua Cohen e Charles F. Sabel, versione adattata da un capitolo apparso nel volume Governing Work and Welfare in a New Economy, curato da Jonathan Zeitlin e David Trubek, Oxford University Press, 2003. Nell’articolo gli autori definiscono l’Unione Europea come una “poliarchia concertata”, di per sé intrinsecamente democratica, ma tale da da esporre i «decisori» verifiche in grado di garantire elementi di democracità e trasparenza nel processo decisionale.

[2] Il processo di sviluppo umano nella tradizione di ricerca della World Values Survey è visto come crescita dell’auto-determinazione umana. La World Values Survey è guidata da Ronald Inglehart, uno dei maggiori sociologi contemporanei, ed è realizzata ogni 5 anni dalle facoltà di sociologia in tutti i continenti (abitati).  Sono stati studiate finora 85 società nazionali attraverso campioni rappresentativi che coprono oltre l’85% della popolazione modiale. La quinta grande ondata è in corso: il gruppo di ricerca di Inglehart sta lavorando attualmente in 122 paesi: una ricerca enorme, realizzata dalle Università (e sostenuta da governo e banche svedesi), che verrà terminata nel 2007, ma occorrerà più tempo per vedere i risultati, perché la raccolta dei dati e l’elaborazione richiederanno parecchi altri mesi. Ma è disponibile il rapporto l’ondata del 2000, pubblicata alla fine del 2004. Chi è interessato può trovare moltissima informazione nel sito http://www.worldvaluessurvey.org.

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