bollino ceralaccato

Città, territorio e nuove opportunità: la sfida della società post industriale

Il passaggio alla società post industriale e terziaria richiede un salto di qualità nelle forme di produzione-cooperazione. Valorizzare il territorio, farne un contesto competitivo, è un’operazione complessa, soprattutto in un Paese come l'Italia, segnato dalla carenza di infrastrutture. Per questo, l’esperienza delle città nei prossimi decenni rappresenta una sfida universale al benessere umano, a cui si connette la necessità di nuove localizzazioni industriali

 [Per capire meglio come cogliere le Opportunità di un moderno e complesso Facility&Property Management, sia con gli attuali Clienti, Fornitori  o Investitori sia attraendo dalla Rete quelli più coerenti ai propri Valori, contattaci:   ]

“In un periodo di grandi turbolenze come quello che stiamo vivendo, il cambiamento è la norma. Certo, è doloroso e rischioso, e soprattutto richiede una mole enorme di lavoro. Ma se non si porrà come obiettivo quello di dirigere il cambiamento, qualunque organizzazione – azienda, università, ospedale, etc. – non sopravviverà. In un periodo di rapido cambiamento strutturale, gli unici che riusciranno a sopravvivere saranno i leader del cambiamento. Perciò fare della propria organizzazione un leader del cambiamento sarà una delle sfide principali che si porranno al management nel XXI secolo.”[1]

Diversi studiosi e diverse scuole di pensiero hanno definito appropriati neologismi per descrivere l’evoluzione allo stadio attuale della città: post-industriale, tardo-industriale, post-moderna ecc. Appare comunque evidente che non si può ridurre il contenuto di questa trasformazione a un semplice passaggio da una base economica di tipo industriale a una situazione di prevalenza delle attività cosiddette terziarie.

Nella fase storica attuale, in cui il ruolo delle tecnologie elettroniche e dei servizi finanziari diviene sempre più importante e addirittura essenziale per intere classi d’attività, occorre constatare che “.... proprio nel settore di produzione della merce informazione, attività lavorative e settori tradizionalmente classificati come “terziario” risultano largamente dominanti, nel processo di valorizzazione, rispetto ai segmenti del ciclo produttivo della merce tradizionalmente classificati nel secondario, sui quali può rovesciarsi la dizione di “servizi di impresa”.”[2]

L’evoluzione, la crescita della città ha creato un agglomerato di “problemi urbani” il cui risultato è sotto gli occhi di tutti.

Eppure non per questo il ruolo che la città ha nella storia dell’uomo appare esaurito, anzi!

Indubbiamente la capacità di attrazione delle aree metropolitane tende ad aumentare, ed è in questo habitat che si realizza gran parte della produzione economica e culturale dell’uomo.

“La tendenza a trasferirsi da un ambiente rurale a uno urbano si è andata accentuando in tutto il mondo fin da prima del secolo scorso. Nei paesi più ricchi, dove la maggior parte della popolazione vive già in città di dimensioni considerevoli, è possibile che questa tendenza abbia già raggiunto il suo massimo. Nei paesi in via di sviluppo il movimento ha origini più recenti, ma ha già subito una forte accelerazione, che non tende a diminuire; il tasso di crescita della popolazione urbana supera forse di tre volte quello della popolazione in genere. Questo fatto solleva problemi gravissimi per le città. (...) l’esperienza delle città nei prossimi decenni rappresenta una sfida universale al benessere umano, minacciosa al pari dell’esplosione demografica o della necessità di un’adeguata produzione di alimenti. Le dimensioni del problema sono state solo di recente riconosciute.” [3]

 

L’elaborazione di Doxiadis è particolarmente interessante per lo scenario di riferimento che assume sulle problematiche della città ( e in generale degli insediamenti umani), in particolare per quanto riguarda la classificazione o gamma delle dimensioni degli insediamenti urbani. [4]

Su una scala di tipo logaritmico, l’autore, partendo dagli insediamenti minori (che trascuriamo), individua 15 tipi di insediamenti tra cui: città, grande città, metropoli, conurbazione, megalopoli, regione urbana, continente urbanizzato, città planetaria.

“Esistono oggi nel mondo moltissime città con più di due milioni di abitanti, e parecchie superano i dieci milioni. Le città di dimensioni maggiori tendono a presentarsi in gruppi e man mano che si sviluppano, tendono a fondersi l’una all’altra, non tanto per il venire a contatto delle rispettive zone edificate, quanto per il processo, più sottile ma probabilmente più decisivo, di fusione delle rispettive reti ci comunicazioni e di trasporto. Le città con circa dieci milioni di abitanti sono dette metropoli e, a loro volta, i complessi di metropoli, che interagiscono fra loro con un grande volume di comunicazioni che cominciano oggi a presentare una fisionomia precisa, vengono chiamati megalopoli. Fra le megalopoli più note vi sono l’agglomerato di città che si estende lungo la costa orientale degli Stati Uniti da Boston a Washington, passando per New York, la regione di Detroit - Chicago - Cleveland intorno ai Grandi Laghi e quella di San Francisco - Los Angeles - San Diego sulla costa del Pacifico. L’intera regione centrale dell’isola principale nell’arcipelago giapponese, da Tokyo a Osaka, a Kyoto, si sta rapidamente avviando a diventare un’altra megalopoli e altrettanto si può dire di gran parte della Francia nordoccidentale industrializzata, del Belgio e di zone della Germania e dell’Inghilterra sudorientale. Le linee di tendenza che si riconoscono nella storia recente delle città fanno pensare che il previsto incremento della popolazione urbana sarà ampiamente compensato dall’espansione e dall’ulteriore fusione degli elementi che compongono tali megalopoli."

 

 

Il ruolo delle infrastrutture per lo sviluppo qualitativo del territorio

 

Le infrastrutture sono l’elemento principale per il funzionamento dei servizi essenziali alla vita di un territorio e del sistema di relazioni che sono alla base di tutte le attività economiche.

Il sistema delle infrastrutture (viabilità, aeroporti, ferrovia, reti telematiche) lombardo e più in generale di tutta l’area padana costituisce lo strumento cardine per incrementare la funzionalità del territorio e la capacità competitiva delle imprese e più in generale del sistema Paese.

“Alcuni studi internazionali di ranking urbano, fondati sui flussi relazionali che intercorrono tra città, hanno ad esempio rivalutato il ruolo di Milano collocandola nelle prime dieci posizioni del mondo; mentre gli studi precedenti, fondati sulla “consistenza” localizzativa degli insediamenti demografici e produttivi di una città (quanta gente abita e lavora in una città) avevano sempre valutato la posizione di Milano solo tra le prime ottanta, sottolineandone addirittura un arretramento progressivo nelle classifiche. La nuova classifica è comprensibile alla luce del fatto che per stabilire relazioni intense e qualificate non è necessario “essere in tanti”, ma essere soggetti intenzionati e capaci di rapportarsi con altri soggetti, produttivi, sociali e culturali: la capacità di “accoglienza” di una città, cioè, diventa un valore anche economico perché ne aumenta l’attrattività e ne esalta il potenziale di crescita quantitativo e qualitativo ”[5]

 

I concetti espressi introducono un ulteriore elemento nel contesto della riflessione sul tema delle aree urbane (useremo questo termine a nostro giudizio più calzante alla situazione italiana) e più specificatamente della loro riqualificazione funzionale e qualitativa: quello delle reti.

Anche in questo caso è utile riferirsi all’elaborazione di Waddington:

“Reti. Le principali reti sono costituite dai mezzi di comunicazione e trasporto di persone, beni o servizi. Tutte le moderne tecnologie di comunicazione e trasporto, eccezion fatta per la radio e la televisione, richiedono supporto materiale rappresentato dalle strade, dai binari ferroviari, dalle condutture, dai cavi ecc., e sono pochi coloro che hanno occasione di rendersi conto dell’attuale complessità delle reti urbane. Oltre alle strade e alle ferrovie di superficie, nelle città dei paesi ricchi esiste un fantastico intreccio di fognature sotterranee, di cavi elettrici, di tubature del gas e dell’acqua, di cavi telefonici e di altri cinque o sei tipi di impianti sotterranei, dei quali quasi nessuno esisteva nelle città del passato. Per la maggior parte questi servizi vennero installati da differenti autorità, ciascuna interessata a un solo tipo di servizio, come il gas o l’elettricità. Perché le città possano crescere in modo più organico e rispondere più facilmente al mutare delle esigenze secondo le circostanze, un importante passo avanti sarebbe rappresentato dalla razionalizzazione dei sistemi di reti, secondo uno schema di “corridoi di servizi pubblici”, comprendenti le strade principali, e condutture del gas, le linee di distribuzione dell’elettricità, i cavi telefonici, le fognature, le condotte dell’acqua, e così via. C’è inoltre bisogno di alcuni nuovi fondamentali servizi. Lo smaltimento dei rifiuti, ad esempio, interessa non solo i liquidi attualmente convogliati nelle fognature, ma anche enormi quantità di rifiuti solidi, la cui raccolta e il cui smaltimento rappresentano oggi un problema di grande rilievo; in futuro potrebbe essere  opportuno trasportare questi ultimi lungo tubature a impianti di lavorazione e riciclo.”[6]

La già straordinaria importanza delle reti di servizi nelle aree fortemente urbanizzate è destinata ad aumentare ulteriormente in relazione all’incremento del bisogno di comunicazione che caratterizza l’attuale fase di sviluppo dell’economia dei servizi.

In questo scenario lo sviluppo delle nuove tecnologie elettroniche: informatica, telematica, sistemi di controllo ecc. amplia ulteriormente la forma, la gamma e la scala dei servizi possibili e necessari a livello urbano, quindi il fabbisogno di reti. [7]

Il nostro paese è affetto da una cronica mancanza ed inadeguatezza di grandi opere infrastrutturali e di servizi, che d’altronde costituiscono la vera spina dorsale della funzionalità di un sistema sociale.

Secondo i dati di Confindustria negli ultimi trent’ anni la dotazione autostradale nazionale è aumentata del 67,5%, nel frattempo paesi come la Germania hanno più che raddoppiato la rete e la Spagna l’ ha incrementata più di 30 volte. In Italia intanto il traffico automobilistico è aumentato del 240% e quello merci del 214%.

In questa impostazione il territorio viene necessariamente individuato come la sede opportuna per l’applicazione delle nuove e più avanzate tecnologie, come il terreno nel quale si determina nel concreto la possibilità della conquista di nuovi margini economici e sociali di sviluppo.

L’indagine di Unioncamere realizzata nel corso del 2008 e presentata nell’annuale giornata dell’economia organizzata dall’associazione mostra come negli ultimi 25 anni l’Italia abbia aumentato dell’ 89% la propria capacità di produrre ricchezza in termini di PIL, del 30% gli investimenti lordi fissi, mentre gli investimenti infrastrutturali si sono ridotti di circa il 16%.

Stiamo forse consumando le risorse accumulate nel passato e trascurando di investire nel futuro?

In valore assoluto, negli anni tra il 2000 e il 2005 in Italia sono stati aperti appena 64 km di autostrade, contro i 1.035 della Francia e i 2.383 della Spagna.

Per quanto attiene alla metropolitana nel nostro Paese i chilometri di binari presenti su tutto il territorio sono 130, quando Madrid, da sola, ne ha 227, Parigi 211, Berlino 152, Stoccolma 100, Barcellona 87 e Londra 408.

Con i suoi 1.893 km di linee TGV la Francia detiene il primato europeo della rete ferroviaria dell’Alta Velocità, seguita dai 1.552 km della rete spagnola e dai 1.300 km della rete tedesca. L’Italia, con i suoi 580 km, ha una dotazione superiore solamente ai 120 km del Belgio e ai 113 km del Regno Unito.

 

 

Organizzazione e qualità del territorio

 

Tra le priorità che possiamo considerare strategiche per uno sviluppo economico e civile del nostro paese nel quadro dell’integrazione europea, un posto di particolare rilievo assumono la modernizzazione e lo sviluppo delle grandi infrastrutture e in primo luogo del sistema delle comunicazioni fisiche e quindi il recupero di efficienza e qualità nelle aree urbane.

Da più parti è stata sottolineata la necessità di nuovi modelli e teorie per affrontare con più adeguati strumenti i problemi dello sviluppo urbano.

Lynch ad esempio argomenta intorno a quel complesso, ma sempre più strategico, elemento in ambito urbano, che è la qualità: “Le decisioni che riguardano la politica urbana, l’allocazione di risorse, verso quali direzioni muoversi o dove costruire qualcosa, devono necessariamente far ricorso a criteri qualitativi”. [8]

Unitamente all’improrogabile sviluppo di opere infrastrutturali è però necessario cresca una nuova capacità di valorizzare il territorio ed i relativi insediamenti.

Il passaggio dalla società industriale, fondata sulla prevalenza della produzione-cooperazione industriale, alla società post industriale e terziaria richiede un salto di qualità nelle forme di produzione-cooperazione, dell’ideazione, del valore aggiunto come nell’approccio ai problemi connessi allo sviluppo di un territorio.

Questa dimensione cooperativa, che è in grado di sinergizzare enormi risorse intellettuali è curata e sviluppata in tutte le organizzazioni più evolute: essa marca la differenza tra organizzazioni-sistemi e territori efficienti e gratificanti e organizzazioni-sistemi e territori a legame cooperativo debole e quindi, molto meno efficienti.

E’ evidente il forte collegamento tra legami cooperativi virtuosi (politica, industria, ricerca, società) e sviluppo, in tutte le fasi storiche in cui il nostro paese è cresciuto e si è assicurato un posto di prima fila tra i paesi più sviluppati del mondo.

Se una buona parte del nostro territorio appare sottodotato per quanto riguarda le infrastrutture, dall’altro è anche frantumato nella dislocazione delle principali funzioni (produttivo industriale, logistica, servizi, residenze) e comunque non adeguatamente messo a sistema.

E’  prevalsa la logica – pianificazione a livello di campanile.

E’ oggi possibile imprimere una svolta a questa situazione?  E’ possibile valorizzare il territorio e nel contempo favorire le necessità localizzative del mondo delle imprese?

L’ occasione  è offerta dalla realizzazione delle nuove grandi infrastrutture.

L’ approccio sistemico e cooperativo ai risultati potenziali, (in termini di impatto sul territorio) delle nuove opere infrastrutturali appare come necessario e virtuoso per assicurare uno sviluppo competitivo ed equilibrato del territorio e per offrire nuove opportunità (più  strutturate ed organizzate) di insediamenti alle imprese.

In altri termini occorre governare alla scala ampia - sovracomunale le possibilità di sviluppo e attrazione territoriale offerte dalla realizzazione delle nuove opere infrastrutturali, offrendo opportunità di nuove localizzazioni alle realtà industriali e di servizio che operano o vorrebbero operare nel nostro territorio.

“La teoria dello sviluppo locale (distrettuale, dei sistemi locali produttivi, dei sistemi locali territoriali, ecc.), se certo ha prodotto dei risultati importanti... non può assurgere a modello di sviluppo generalizzato, in quanto incapace di rispondere ai problemi fondamentali di un sistema sociale ed economico: quelli energetici, ambientali, del lavoro, ecc.” [9]

L’ Unione Europea ha suggerito una scelta strategica per le città europee : quella di puntare sulla qualità urbana, il controllo dei processi di sviluppo insediativo, il governo alla scala metropolitana, la costruzione di visioni condivise del futuro attraverso una pianificazione strategica inclusiva e partecipata.[10]

Questa strategia che punta alla valorizzazione qualitativa del territorio assume una valenza molto rilevante per la crescita del nostro paese e la difesa della coesione sociale.

 

 

Le trasformazioni di Milano e del suo comprensorio provinciale

 

I numeri dello sviluppo 1981/2011




 

 

Andamento di lungo periodo del consumo del suolo





Andamento di lungo periodo degli addetti totali





Andamento di lungo periodo degli addetti all'industria






I nuovi progetti infrastrutturali nel territorio lombardo


In questa fase sono in piena realizzazione diverse grandi infrastrutture nel territorio lombardo tra cui in particolare:

 

  • La Tangenziale Esterna Est di Milano, una bretella autostradale di 34 km che collegherà l’autostrada A1 (all’altezza del casello di Melegnano della A1) all’autostrada A4 (all’altezza del casello di Caponago-Cambiago) in tal modo collegando anche importanti arterie che collegano Milano all’est come la Cassanese, la Rivoltana, la Besana Superiore, la Paullese e la via Emilia.

“La Tangenziale Esterna metterà in diretta connessione tra loro con centri importanti dell’est milanese come Gorgonzola, Melzo, Paullo e Melegnano (permettendo lo scambio intermodale con le metropolitane 2 a Gorgonzola e 3 nella futura stazione di Paullo oltre all’interconnessione con le linee ferroviarie Milano-Venezia e Milano-Bologna) e soprattutto rappresenterà la gronda di distribuzione del traffico in ingresso e in uscita dalla Brebemi, la nuova autostrada di collegamento tra Milano Bergamo e Brescia.”[11]

Principali numeri TEM
 


  • L’autostrada Pedemontana costituisce un tracciato con caratteristiche autostradali che collegherà tra loro le autostrade A8, A9 e A4.

L’autostrada Pedemontana è suddivisa in cinque tratte:

tratta A: tra le autostrade A8 e A9;

tratta B1: dall’interconnessione con la A9 alla S.P. ex S.S. 35;

tratta B2: da Lentate sul Seveso a Cesano Maderno in adeguamento (riqualificazione e potenziamento) della viabilità esistente S.P. ex S.S. 35;

tratta C: da Cesano Maderno (S.P. ex S.S. 35) all’interconnessione con la Tangenziale Est (A51);

tratta D: dalla Tangenziale Est (A51) all’autostrada A4.”[12]

 
 

 Pedemontana



  • La nuova piattaforma autostradale Brebemi si pone l’obiettivo di decongestionare l'attuale rete stradale e autostradale lungo il corridoio Milano - Bergamo - Brescia; essa sarà in grado di attrarre una parte significativa del traffico di lunga percorrenza (soprattutto quello pesante) che attualmente si concentra sulla A4 o congestiona la viabilità ordinaria assediando i centri abitati delle pianure bergamasche e bresciane.

Anche la viabilità che interessa il capoluogo lombardo trarrà considerevoli benefici, grazie ad una migliore distribuzione dei flussi di traffico in entrata e in uscita lungo diversi e molteplici itinerari.

Nel 1999 le Camere di Commercio, le Province e le Associazioni Industriali di Brescia, Bergamo, Cremona e Milano, insieme a Banca Intesa e ora Banca Intesa Sanpaolo, costituivano Brebemi S.p.A., cui hanno poi aderito i maggiori concessionari lombardi ed enti locali interessati.

La realizzazione della Brebemi è innovativa anche sotto il profilo finanziario: si tratta della prima infrastruttura stradale ed autostradale italiana realizzata in completo autofinanziamento senza oneri per i contribuenti e lo Stato, una delle più grandi e complesse operazioni di Project Financing realizzate in Italia ed in Europa. Tutte le risorse necessarie per la realizzazione del progetto saranno ottenute attraverso il ricorso al finanziamento bancario ed ai mezzi finanziari messi a disposizione dai Soci. L'investimento pertanto verrà ripagato esclusivamente attraverso i ricavi dei pedaggi.

 

Altre importanti infrastrutture sono in fase di incubazione ed in particolare:

-       la Tangenziale Esterna Ovest di Milano (TEO);

-       la tratta dell’Alta Velocità Ferroviaria (TAV) Milano-Venezia;

-       il prolungamento della linea metropolitana 2 ad Assago con rottura di tratta;

-       le nuove linee della metropolitana 4 e 5.

 

 

La valorizzazione del territorio e nuovi insediamenti industriali

 

La realizzazione di queste infrastrutture costituisce un’occasione preziosa da non perdere per gestire in modo virtuoso l’impatto sul territorio che queste grandi realizzazioni sempre determinano.  

Allo stato attuale mancano però studi, piani d’area e più in generale progetti in grado di individuare e promuovere processi di valorizzazione territoriale delle aree toccate dalle nuove opere infrastrutturali.

Progetti in grado di mettere a sistema e facilitare i processi insediativi di nuove imprese ed attività.

In altri termini la svolta politica verso la realizzazione di grandi infrastrutture, che può colmare un ritardo più che ventennale, deve però originare anche una strategia di valorizzazione del territorio toccato dalle nuove opere.

“Nell’epoca della globalizzazione compiuta, il nodo della competizione economica non è più soltanto la singola impresa, e non è più nemmeno il gruppo di imprese: è il territorio in cui le imprese operano e la sua capacità di creare un sistema di condizioni favorevoli all’attrazione degli investimenti, dei talenti, degli operatori. In una parola, favorevoli a fare impresa. [...]

Il nostro territorio è articolato in un grande numero di Comuni, oltre 200, dove gli attori con cui confrontarsi e cooperare sono, ad esempio, alcune tra le più importanti università italiane, la Camera di Commercio più grande d’Europa, il sistema bancario più influente del Paese, alcune tra le istituzioni culturali più prestigiose a livello nazionale e, in qualche caso, internazionale.

Ma, anche, un territorio dove resiste la tentazione di pensarsi con un orizzonte spaziale di pochi chilometri di diametro.  [...]

Valorizzare il territorio, farne un contesto competitivo, è un’operazione complessa. Un suo presupposto imprescindibile, per quanto possa sembrare paradossale, è il non essere vincolati – per la realizzazione di progetti – dai confini amministrativi attuali e dalle logiche che li hanno prodotti.”[13]

In questo scenario si collocano i problemi relativi la propria sede produttiva e non delle imprese industriali soprattutto di quelle di piccola-media dimensione.

Problemi legati allo sviluppo e/o a necessità  rilocalizzative in contesti più idonei dal punto di vista infrastrutturale e dei servizi.

 

 

 

 Nuovi modelli insediativi per le imprese

(di Andrea Ciaramella)

 

A seguito delle profonde trasformazioni che hanno interessato nel tempo l’attività produttiva, l’edificio industriale ha trasformato nel tempo i propri caratteri tipologici.

Come in parte è avvenuto per altri settori dell’edilizia, questi cambiamenti sono connessi non solo all’introduzione di nuove tecniche costruttive o nuovi materiali, ma soprattutto all’evoluzione del concetto di industria stessa, intesa sia come luogo, sia come organizzazione dei processi produttivi.

La terza rivoluzione industriale e, di conseguenza, l’applicazione delle tecnologie informatiche e dell’automazione ai processi di produzione, ha avuto ripercussioni anche sulla tipologia del “contenitore” che ospita l’attività produttiva.

Le profonde trasformazioni che hanno interessato l’attività produttiva hanno portato significative evoluzioni del carattere tipologico dell’edificio destinato all’attività industriale.

Come è avvenuto per altri settori, i cambiamenti sono determinati non tanto dalle innovazioni tecniche e tecnologiche del settore delle costruzioni, quanto dalla trasformazione del concetto di industria stessa, intesa sia come luogo, sia come organizzazione dei processi; proprio il radicale cambiamento dei processi di produzione ha determinato importanti ripercussioni sulla tipologia del “contenitore” che ospita e in qualche modo caratterizza l’attività.

A partire dagli anni ‘90 nasce e si diffonde nei Paesi delle economie più avanzate un modello di fabbrica intelligente[14]: molti impianti industriali sono caratterizzati da contenitori “puliti”, ambienti sempre più informatizzati e occupano un numero sempre minore di addetti ai quali si richiede una formazione specialistica. A questo si deve aggiungere la progressiva diminuzione della dimensione delle linee produttive e, come conseguenza, della dimensione degli stabilimenti.

Le città più industrializzate negli ultimi 30 anni hanno visto cambiare radicalmente il loro profilo morfologico a causa dell’abbandono e della dismissione dei grandi stabilimenti industriali interni alle aree metropolitane: questo fenomeno non deve essere letto esclusivamente come la scomparsa dell’industria dovuta alla progressiva terziarizzazione dell’economia,  ma anche come conseguenza di un rinnovamento dei processi produttivi e di una sostituzione delle funzioni urbane nelle aree più centrali.

L’aumento di complessità dei fattori che incidono sulla competitività delle imprese oggi non può prescindere dalla gestione della fabbrica, intesa come insieme delle attività produttive che come luogo fisico in cui esse avvengono. Proprio la possibilità di una gestione differente della fabbrica porta ad un’analisi sulla competitività delle imprese che tiene in considerazione tutti i fattori di costo legati sia al ciclo produttivo del bene che a tutti gli strumenti (beni mobili e immobili) necessari per produrlo; uno dei risultati più significativi dei cambiamenti avvenuti su scala globale è, in via definitiva, il rapporto tra attività produttiva e “contenitore” della produzione.

La produzione industriale esprime oggi una domanda di spazi e luoghi che non riesce a trovare risposte adeguate e, soprattutto, esige soluzioni non più corrispondenti a una classificazione tradizionale che associa l’attività svolta (servizi, produzione industriale, distribuzione di beni, ecc.) a una specifica destinazione d’uso dello spazio (terziario, industria, commercio, ecc.).

E’ possibile affermare che la maggioranza delle attività industriali ormai incorpora una quota importante di terziario e di attività commerciale e che tali funzioni sono sempre più strettamente correlate; buona parte di queste presuppone un’organizzazione dello spazio in grado di supportare operazioni “trasversali” che sono tecniche, commerciali, produttive, insieme e che determinano una domanda edilizia/immobiliare differente rispetto a quella tipica dell’industria di 30 anni fa.

A questo si aggiunge una crescente necessità di integrazione delle attività principali con funzioni e attività sinergiche e complementari, che spinge le imprese a fare sistema, cercando soluzioni insediative che riproducono, a scala ridotta, il modello dei distretti industriali.

Questa soluzione, che può essere definita un modello a “campus”, organizza gli spazi produttivi intorno a centri in grado di gestire una gamma di servizi resi disponibili alle imprese insediate; servizi che supportano le attività di “core business” (laboratori, centri prova e ricerca, ecc.) ma anche a supporto delle persone e delle organizzazioni (manutenzioni, mensa, spazi conferenza comuni, asili, ecc.).

Negli ultimi anni si sono sviluppati modelli insediativi e soluzioni che costituiscono una risposta alle emergenze edilizie e immobiliari delle imprese: i parchi industriali, che puntano a realizzare sinergie e integrazioni di linee produttive complementari;  il parco scientifico-tecnologico, che favorisce l’aggregazione di imprese e attività di ricerca; il parco di ricerca universitario, che costituisce un modello insediativo nel quale l’università rappresenta un polo di attrazione; il parco eco-industriale, che organizza gli insediamenti lungo una filiera produttiva nella quale i materiali di scarto di alcune attività possono costituire materia prima per altre; l’energy park, nel quale si concentrano attività impegnate nella produzione, utilizzo e vendita di energie rinnovabili;  il parco logistico, che ospita le attività di immagazzinaggio e distribuzione delle merci; il distripark, modello insediativo che realizza veri e propri distretti distributivi delle merci, in genere a ridosso delle zone portuali o, più in generale, di sistemi di trasporto multimodali.

Realizzare nuovi prodotti edilizi e soluzioni immobiliari adeguate per il tessuto produttivo del Paese costituisce probabilmente una delle sfide più importanti cui saranno chiamati gli operatori del settore nel prossimo futuro.  

Di seguito si riportano alcuni esempi agglomerazioni che rappresentano nuove soluzioni insediative in grado di supportare in maniera sistemica, grazie alla prossimità fisica e a servizi centralizzati e comuni, le attività produttive.

 

 

Il parco industriale [15]

 

I parchi industriali o anche “industrial estate” sono insediamenti realizzati su aree a destinazione produttiva o ex produttiva, sviluppate e riqualificate allo scopo di rendere più attrattive particolari zone o intere porzioni di territorio ed attirare nuove attività imprenditoriali, puntando a realizzare sinergie produttive e integrazioni di linee. Spesso nei pressi di queste realtà vengono riservate ulteriori aree industriali riservata a eventuali sviluppi futuri.

Queste aree sono generalmente ubicate sulle principali vie di comunicazione e nodi intermodali: autostrade, linee ferroviarie, scali aeroportuali, ferroviari e portuali o anche (più raro in Italia) fiumi navigabili.

Un parco industriale è uno spazio progettato per catalizzare attività imprenditoriali esterne, insediare piccole e medie imprese impegnate in importanti investimenti e che, per contenere i costi, sono favorevolmente orientate a realizzare integrazioni e sinergie.

Chi realizza un parco industriale mette a disposizione delle imprese un’area industriale, ma anche e soprattutto un sistema integrato di infrastrutture, servizi e competenze tecniche. Questo sistema alternativo di gestione degli spazi produttivi può comportare significativi miglioramenti in termini di efficienza della manutenzione degli impianti, sicurezza e qualità dei processi. Le attività di manutenzione dello stabilimento possono essere gestite in outsourcing e affidate a società terze.

Il parco industriale trova la sua naturale applicazione nel campo della chimica industriale, dei detergenti domestici, e degli agrofarmaci. Si tratta di agglomerati produttivi in cui la componente manutentiva e di sicurezza per l’ambiente e per il luogo di lavoro è molto onerosa e le aziende sono impegnate a realizzare ingenti investimenti per la ricerca e l’innovazione. Società meno strutturate trovano in questo modello organizzativo l’occasione per realizzare opportune sinergie ed economie di scala e raggiungere la visibilità necessaria per poter interagire con un mercato fortemente internazionalizzato com’è quello della chimica e della farmaceutica.

Uno degli scopi principali dell'attività di un parco industriale è quello di captare capitale nazionale ed estero destinato a realizzare investimenti nel territorio in cui questo è localizzato, portando conseguentemente ad un incremento dell’occupazione.

Ogni parco è caratterizzato da specifiche attività produttive anche in funzione delle specializzazioni territoriali in cui esso si colloca. Un parco industriale dovrebbe essere in grado di dare un reale contributo al consolidamento delle realtà presenti nel territorio, rispettandone quelle che sono le naturali vocazioni e componenti.

Uno dei principali vantaggi della concentrazione di più attività compatibili è quello di rendere possibili varie forme di sinergia nelle linee produttive. In un parco industriale è infatti possibile da parte delle aziende la condivisione degli impianti o di parti essi, oltre che le onerose attività manutentive. Consolidare le trazioni produttive e le vocazioni del territorio, incrementare le attività produttive e il tasso di occupazione riveste un’importanza strategica, non è raro pertanto che questa tipologia di parco goda spesso di particolari forme incentivanti e/o agevolazioni al fine di incrementare l’insediamento di nuove aziende. Uno dei motivi per cui gli imprenditori scelgono di insediarsi in un parco industriale è in buona parte determinato dalla possibilità di accedere a  mezzi esterni come i fondi d’aiuto che la Comunità Europea concede.

 

Il motivo di tali agevolazioni è dato dal valore sociale che viene attribuito ad una attività di impresa su un territorio può creare:

  • Prosecuzione di una cultura imprenditoriale esistente,
  • Abbandono di una imprenditoria artigianale,
  • Crescita delle capacità manageriali delle PMI,
  • Aumento dell’occupazione in campo industriale,
  • Aumento degli investimenti sul territorio
  • Riattivazione di terreni industriali lasciati liberi degli ex stabilimenti

I governi di Paesi UE mettono in essere diverse forme di sostegno ai parchi industriali, al fine agevolarne la riattivazione, l’ammodernamento, l’ampliamento, la riconversione e la realizzazione di nuove linee produttive.

L’insediamento di nuovi parchi è spesso oggetto di accordi bilaterali tra i governi. A fronte di regimi fiscali agevolati o concessioni a volte anche in uso gratuito dei lotti di terreno alle aziende che aderiscono all’accordo c’è un impegno a realizzare gli impianti produttivi[16].”

 

 

Ex cartiera Possaccio

 

 

 

Consorzio Aree Industriali

 

 

 

Il parco scientifico tecnologico

 

Il modello del parco scientifico tecnologico non è del tutto nuovo esso infatti risale a qualche decennio fa, già alla fine degli anni '70 vengono realizzati i primi PST, anche se il loro numero era piuttosto modesto (una ventina circa). Tra gli esempi più riusciti e che hanno costituito dei veri e propri casi studio vi è lo Stanford Research Park (USA), il Cambridge Science Park (UK), Sophia Antipolis (Francia) e Daedok (Corea del Sud). La crescita sostenuta (se ne possono contare almeno 900 nel mondo tra operativi e in corso di realizzazione) che si è verificata soprattutto in questi ultimi anni ed in special modo nei paesi con tassi di crescita elevati ed in via di sviluppo come: Repubblica Popolare Cinese, Corea del Sud, Brasile, Taiwan, Malesia, Tailandia, Turchia lascia pensare ad uno schema riuscito e replicabile anche a livello internazionale. Un parco scientifico tecnologico (PTS) è prima di tutto un’iniziativa di business support, sia essa fisica e/o virtuale, gestita da un team specializzato di soggetti e imprese in grado di dare un servizio a valore aggiunto. Esso è finalizzato ad incoraggiare e a supportare la nascita e la rapida crescita di società innovative in fase di start-up, incoraggiare la cultura della qualità e dell’innovazione, mettendo a disposizione infrastrutture, spazi e servizi di supporto oltre che la creazione di contatti di partenariato con agenzie di sviluppo economico e l’inserimento all’interno in un più ampio circuito istituzionale. Un PST nasce dalla precisa volontà di più soggetti (pubblici, no profit, e privati) di riunire in un’unica struttura imprese impegnate nel campo dell’innovazione operanti nei rispettivi settori di attività con processi tecnico/specialistici avanzati e centri di alta formazione, così da creare sinergie ed operare un costate trasferimento tecnologico tra piccole – medie realtà imprenditoriali ed enti di ricerca applicata.

 

SCIENCE PARK (IASP Official definition)

A Science Park is an organisation managed by specialised professionals, whose main aim is to increase the wealth of its community by promoting the culture of innovation and the competitiveness of its associated businesses and knowledge-based institutions. To enable these goals to be met, a Science Park stimulates and manages the flow of knowledge and technology amongst universities, R&D institutions, companies and markets; it facilitates the creation and growth of innovation-based companies through incubation and spin-off processes; and provides other value-added services together with high quality space and facilities. (Fonte: IASP International Board, 6 February 2002).

 

In ragione dello scopo assegnato o dichiarato a cui un PST deve rispondere, possono essere identificate due macro categorie di Poli Scientifici Tecnologici.

 

  1. Centri finalizzati alla valorizzazione della tecnologia e della ricerca scientifica applicata, (Parchi scientifici o Science Park), vista in chiave di risorsa per accrescere il progresso economico e sociale (il PST come mezzo per attuare delle politiche di promozione tecnico scientifica);
  2. Centri di promozione, valorizzazione e riconversione del territorio. Il PST viene quindi visto come strumento delle politiche di sviluppo economico-sociale. mediante la prevalente innovazione scientifica e tecnologica, ma non solo.

Un parco scientifico tecnologico ha la finalità di promuovere la diffusione di conoscenze ed esperienze utili e la creazione di relazioni stabili tra attività produttive, formative, scientifiche e finanziarie, lo sviluppo economico e la competitività delle regioni e delle città. Un PTS ha nel suo statuto societario il perseguimento di alcuni obiettivi che sono: creare nuove opportunità di business a valore aggiunto per le società più mature; creare nuove forme di imprenditorialità e incubando società nuove ed innovative; creare posti di lavoro basati sulla conoscenza; creare edifici con spazi di lavoro attraenti per i lavoratori più qualificati ed intraprendenti e migliorare le sinergie tra ambienti di ricerca e società.

Ciascun PST è specializzato verticalmente e ha nel proprio statuto di occuparsi di specifiche aree tematiche generalmente legate a quei settori produttivi che sono identificati come appartenenti al proprio territorio (ad es. ambiente, biotecnologie, telecomunicazioni, hi-tech multimedialità). Alle strutture principali del PST si incoraggia l’affiancamento di centri di eccellenza, spesso nati su iniziativa di imprese o loro associazioni, che fungono da spazi di formazione, erogatori di competenze, know-how, servizi di analisi e validazione di nuove tecnologie su specifici settori produttivi, o anche nati da spin-off produttivi. Le prime iniziative di PST in Italia, risalgono ai primi anni '80, il primo è stato l'Area Science Park di Trieste realizzato nel 1982, quindi il Tecnopolis Novus Ortus di Bari del 1985. Un parco scientifico tecnologico può essere organizzato in forma pubblica, privata o a capitale misto. Anche se realtà più brillanti e fortemente internazionalizzate sono quelle che hanno una bassa presenza di capitale pubblico, e con un attivo coinvolgimento dell’imprenditoria locale e non. L’esperienza italiana mostra una significativa disomogeneità tra le varie realtà realizzate. Ogni PST presenta caratteristiche organizzative spesso uniche, anche per le diversità regionali. In Italia coesistono esperienze prossime al modello statunitense, strutture più vicine allo stile tedesco e altre con una programmazione di tipo statale e regionale.

 

 

 Torre incubatore DML

 

 

 

Il parco eco-industriale

 

Il parco eco-industriale prende spunto dai principi di “ecologia industriale” e dal ruolo che questi attribuiscono all'industria come soggetto in grado di mettere in atto azioni che possano ridurre l’impatto sull’ambiente in cui si inserisce.

In sostanza i principi base dell’ecologia industriale assumono che gli scarti o i sottoprodotti residui generati da alcune attività industriali possano essere utilizzati come materia prime per le attività di altre aziende.

Il parco si propone di creare filiere produttive che siano in grado di lavorare i materiali di scarto destinati allo smaltimento, realizzando così nuove possibilità occupazionali e riducendo il prelievo di energia e nuove risorse naturali di primo utilizzo.

L’obiettivo è quello di realizzare una virtuosa e profittevole collaborazione tra imprese, nell’ambito del ciclo di vita del prodotto (estrazione delle materie prime, trasformazione, utilizzo e smaltimento).

Il parco eco-industriale è un modello di insediamento produttivo che conta un discreto numero di esperienze a livello europeo ed extra europeo (in particolare USA e Canada). Si tratta di una soluzione molto prossima al modello tipico di aggregazione delle aree di insediamento industriale e artigianale Italiano, per esempio quello dei distretti.

L’elemento distintivo è dato dalla grande attenzione dedicata all’efficiente gestione "economico-ecologica" delle risorse impiegate nei cicli di attività svolte all’interno della piattaforma.

Il parco eco-industriale può prendere anche altre denominazioni in funzione dell’obiettivo che si prefissa di perseguire: zero emissions zone, industrial ecosystem, industrial symbiosis.

Alcune esperienze connotano significativamente questo tipo di insediamenti.

In Australia, nella città di Canberra, è stato realizzato un parco di “recupero risorse”: uno spazio produttivo in cui aziende che lavorano nel settore del riciclaggio dei rifiuti solidi e organici hanno fatto investimenti e creato posti di lavoro, traendo profitto dalla lavorazione dei materiali di scarto. Questi materiali vengono riutilizzati e reimpiegati per la produzione di altri beni o vengono reimmessi in commercio. Una analoga esperienza è quella del parco dedicato interamente al recupero e alla raccolta delle vecchie macchine fotocopiatrici promosso da Xerox Corporation Europe in Olanda; in questo parco,  con un sistema di reverse logistics[17], confluiscono gli apparecchi obsoleti a fine vita di 16 paesi differenti, qui vengono smontati, recuperati e rigenerati la quasi totalità dei loro componenti creando un nuovo prodotto.

In particolare  il modello denominato industrial symbiosis raggiunge il suo scopo quando la maggior parte degli scarti e dei sottoprodotti provenienti da produzioni limitrofe vengono riutilizzati, rappresentando materia prima e semilavorati per altre aziende.

Perché un parco eco-industriale possa autoalimentarsi ed espandersi deve “aprire” e “chiudere” quanti più cicli produttivi possibili. 

 

 

 Macrolotto di Prato

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

C. Albera, R. Manara, F. Pagliano, F. Testi, M. Flego, La fabbrica intelligente. Funzioni, definizioni, esempi, Franco Angeli, Milano, 1994.

CEIIL (Centro Europeo Informazione Informatica e Lavoro), Telematica e territorio; dalle  reti ai servizi, Atti del convegno, 19 maggio 1993, Milano.

A. Ciaramella, Property management per le imprese, Franco Angeli, Milano, 2010.

C.A. Doxiadis, Ekistics, Oxford University Press, Londra, 1968.

P. F. Drucker,  Le sfide di Management del XXI secolo, Franco Angeli, Milano, 2009.

F. Ferlaino, P. Molinari, Neofederalismo, neoregionalismo e intercomunalità, Il Mulino,

Bologna , 2009.

G. Lorenzi, Viabilità Pedemontana, in Dedalo, n° 15 - Sett/Ott 2009 quinto bimestre,

rivista bimestrale di Assimpredil Ance, Milano, pag. 013.

K. Lynch, Progettare la città. La qualità della forma urbana, ETAS Libri, Milano,1990.

A. Magnaghi, Il terziario nella metropoli post-industriale: una categoria interpretativa

 obsoleta, in AA.VV., La riconversione del terziario, Celuc, Milano, 1981.

A. Meomartini, Relazione del Presidente, in Assemblea Assolombarda  2010, Milano, 14

Giugno 2010.

Provincia  di  Milano, Milano  Metropoli, Piano  Territoriale di Coordinamento Provinciale,

Il fattore territorio nel sistema economico milanese. Elementi per uno scenario  metropolitano al 2020, Milano, 2008.

L. Senn, Globalizzazione, reti, infrastrutture, in Atlantide, n. 15/3/2008,   Quadrimestrale della Fondazione per la Sussidiarietà, Guerini e Associati, Milano.

F. Terragni, 2014: Raddoppio Tangenziale Est, in Dedalo, n° 15 - Sett-Ott 2009 quinto

bimestre, rivista bimestrale di Assimpredil Ance, Milano, pag. 008.

C.D. Waddington, Prospettive della urbanizzazione, in Per il futuro. I problemi del XXI secolo, Mondadori, Milano, 1982.

Assolombarda, La gestione del patrimonio immobiliare aziendale: come affrontare i problemi della sede, Milano, 2008.

Assolombarda, I servizi a supporto dell’impresa, Quaderni del territorio n.1, Milano, 2010.


 

 
NOTE
 

[1]  Peter F. Drucker,  Le sfide di Management del XXI secolo, Franco Angeli, Milano, 2009.

[2]  A. Magnaghi, Il terziario nella metropoli post-industriale: una categoria interpretativa obsoleta, in AA.VV., La

   riconversione del terziario, Celuc, Milano 1981.

[3]  C.D. Waddington, Prospettive della urbanizzazione, in Per il futuro. I problemi del XXI secolo, Mondadori, Milano,

   1982.

[4]  C.A. Doxiadis, Ekistics, Oxford University Press, Londra 1968.

[5]  Lanfranco Senn, Globalizzazione, reti, infrastrutture, in Atlantide, n. 15/3/2008, Quadrimestrale della Fondazione 

    per la Sussidiarietà, Guerini e Associati, Milano.

[6]  C.D. Waddington, op. cit.

[7]  Su questo tema esiste una notevole produzione tra cui di particolare interesse:  CEIIL (Centro Europeo Informazione

   Informatica e Lavoro), Telematica e territorio; dalle reti ai servizi, Atti del convegno, 19 maggio 1993, Milano.

[8]  K. Lynch, Progettare la città. La qualità della forma urbana, ETAS Libri, Milano,1990.

[9]  F. Ferlaino, P. Molinari, Neofederalismo, neoregionalismo e intercomunalità, Il Mulino, Bologna , 2009.

[10] Provincia  di  Milano, Milano  Metropoli, Piano  Territoriale di Coordinamento Provinciale, Il fattore territorio nel

   sistema economico milanese. Elementi per uno scenario metropolitano al 2020, Milano, 2008.

[11] F. Terragni, 2014: Raddoppio Tangenziale Est, in Dedalo, n° 15 - Sett-Ott 2009 quinto bimestre, rivista bimestrale di

   Assimpredil Ance, Milano, pag. 008.

[12] G. Lorenzi, Viabilità Pedemontana, in Dedalo, n° 15 - Sett-Ott 2009 quinto bimestre, rivista bimestrale di Assimpredil

   Ance, Milano, pag. 013.

[13] A. Meomartini, Relazione del Presidente, in Assemblea Assolombarda  2010, Milano, 14 Giugno 2010.

[14] Per il concetto di fabbrica moderna e l’applicazione dell’automazione agli impianti industriali si consulti il volume  Albera C., Manara R., Pagliano F., Testi F., Flego M. (1994), La fabbrica intelligente. Funzioni, definizioni, esempi, Franco Angeli, Milano.

[15] Su questo tema si veda: Bonaccorsi A., Nesci F. (2006), Bacini di Competenze e processi di agglomerazione. I distretti tecnologici in Europa, Milano, Franco Angeli; Corti  E. (2001), “Il ruolo dei parchi tecnologici per lo sviluppo dei sistemi locali”, sta in Fontana F. (a cura di), l’innovazione tecnologica nelle medie e piccole imprese, Luiss, Roma.

[16] A titolo d’esempio si può citare la legge 488/92 a cui le attività che vengono svolte all’interno dei parchi Industriali possono essere ammesse e che da modo al Ministero dell'Industria di erogare contributi a fondo perduto, a fronte di investimenti realizzati dalle imprese.

[17] Reverse logistics: logistica di ritorno o logistica inversa è il processo di pianificazione, implementazione e controllo dell’efficienza delle materie prime dei semilavorati, dei prodotti finiti e dei correlati flussi informativi dal punto di recupero (o consumo) al punto di origine con lo scopo di riguadagnare valore da prodotti che hanno esaurito il loro ciclo di vita.

Oliviero Tronconi

Oliviero Tronconi

Dello stesso autore
Come il mercato del Real Estate cambia e perché non cresce in Italia

In questa fase storica assistiamo ad un aumento degli investimenti immobiliari in tutto il mondo ed anche in Europa. Un fatto però fondamentale è che i capitali investiti nel vecchio continente n...

La trasformazione del mercato immobiliare: operatori, servizi finanziari e settore delle costruzioni-impianti

Cambia la figura dell’investitore immobiliare e si trasforma il mercato immobiliare creando un forte impatto su impiantistica, progettazione e realizzazione

L’innovazione nelle costruzioni

Nel settore delle costruzioni le innovazioni tecnologiche rischiano di disperdere il know-how tradizionale. La soluzione: un dialogo tra presente e futuro

Il progetto di valorizzazione: viale Fulvio Testi 136 a Milano

Un concorso di progettazione per la riqualificazione architettonica integrale, inclusi gli impianti tecnologici, dell’edificio di Viale Fulvio Testi 136 Milano

Il progetto di valorizzazione del Bassi Business Park a Milano

La riqualificazione dell’area, adiacente al quartiere Porta Nuova, è finalizzata alla nascita di un nuovo centro finanziario-amministrativo in cui insediare importanti società di elevato standi...

Il Facility Management: una nuova Scienza aziendale

Il Facility Management è un sistema ormai evoluto e scientificamente strutturato che per consentire di ottenere buoni risultati comporta necessariamente un approccio formalizzato e sofisticato

×